Racconti cagliaritani. Alla Marina la storia della strega spiona: la gatta che “bugava” i segreti delle comari
Una storiella cagliaritana, forse di quelle che non si sentono più, raccolta dagli appassionati delle memorie del capoluogo. È il racconto della strega spiona, contenuto in Contus Casteddaius di Domenico Garbati, che con simpatia ci dipinge, fra realtà e fantasia, uno spaccato di quotidianità popolare nel rione Marina.
Nella via del Fortino, nome antico della parte alta dell’attuale via Vittorio Porcile, si riunivano le donne del quartiere nel sottano di comare Bonarina. Erano tutte ragazze abbastanze giovani, sposate poco più che ragazzine, con tanti figli e sulle spalle le fatiche della vita domestica. Lavare, spazzare, cucinare, accudire la casa, marito e figli: sette giorni su sette, senza sosta o feste. L’unico svago era allora quello di riunirsi, alla sera, nel basciu di Bonarina.
Si conoscevano tutte, le vicine del quartiere Marina. Molte di loro infatti erano comari, dato che l’una aveva tenuto a battesimo il figlio dell’altra. In tarda sera, finite tutte le faccende domestiche, si recavano a casa di Bonarina, nella via del Fortino, e attorno al fuoco del braciere iniziavano a scambiarsi i segreti e le astuzie della vita coniugale, dandosi reciprocamente questo e quel consiglio. Ma non solo.
Già, perché nel sottano erano anche altre le storie che, al calare delle tenebre, si raccontavano le comari, riscaldate dal braciere e dal piacere di stare insieme. Racconti e pettegolezzi di un intero quartiere, di cui non solo si diceva il peccato, ma si facevano pure i nomi dei peccatori: quello che era indebitato sino al collo, l’altro che aveva le corna, chi invece riceveva uomini in casa, quei due che amoreggiavano di nascosto, etc.
E ridevano, tanto. Ridevano alle lacrime, le comari, al racconto dei “crastuli”, alle rivelazioni che riguardavano spesso persone tra le più insospettabili. E con loro, sembrava ridesse e partecipasse anche una gatta, vecchia e spelacchiata, che dalla strada entrava nel sottano per godere del calduccio e della compagnia. Ma tra le donne, prese dalle risate, si stabilì un accordo: quei segreti non dovevano uscire dal salotto di comare Bonarina.
Eppure qualcosa andò storto. L’indomani, infatti, gli stessi pettegolezzi erano sulla bocca di tutti nel rione Marina. Era chiaro: qualcuno aveva “scoviato”. Ma chi poteva essere la spiona fra le comari, così amiche e così intime? Nessuno riusciva a capirlo. Sta di fatto che per un po’ di tempo le donne smisero di raccontarsi le storie e continuarono, sì, a frequentare il sottano di Bonarina, ma stando in silenzio, sbadigliando e mangiucchiando.
Dopo un po’ di tempo ripresero. Storie segrete, peccati proibiti, amoreggiamenti nascosti animavano nuovamente il basciu della Marina e le risate tornarono a echeggiare nella via del Fortino. E la gatta? Era sempre lì, vecchia e spelacchiata, ma quasi avida di ascoltare.
I racconti finirono nuovamente sulla bocca di tutto il quartiere e fra le comari tornò a insinuarsi il tarlo del dubbio. Chi poteva essere stata la “bugona”?. Accadde, però, che una sera le donne si riunirono nel basciu di Bonarina, serie, taciturne e sospettose. Con loro c’era sempre la gatta, al caldo del braciere. Ma quel giorno non c’erano racconti e Bonarina, presa un poco dalla noia, iniziò ad abbrustolire ceci sul fuoco. La gatta si avvicinò e Bonarina prese a offrirgliene un poco, ma la felina, con vocina stridula, rispose di non avere dentini. Inevitabilmente si tradì. Era, infatti, una strega.
Subito le comari capirono chi fosse la spia. Chiusero la porta, circondarono la gatta e furono botte da orbi sulla bestia. Poi, la buttarono fuori casa a calci. L’indomani mattina nessuno sapeva spiegarsi come mai una vecchietta del quartiere, che viveva sola e non parlava con nessuno, girasse per strada, aiutata dal suo bastone, coperta di lividi, ferite e incerottata. Bestemmiava fra sé, lanciava “frastimi” alle comari e diceva che sarebbe ritornata al suo paese, sconosciuto da tutti.
Da allora, però, i segreti delle comari rimasero sempre all’interno del sottano di Bonarina.
Fonte del racconto: Domenico Garbati, Contus Casteddaius-Racconti Cagliaritani, Condaghes, 1995.
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