Cagliari prima in Italia per qualità della vita degli anziani nella classifica del Sole 24 Ore
La Città Metropolitana di Cagliari è prima in Italia per qualità della vita degli anziani nella classifica del Sole 24 Ore che misura il benessere per fasce d’età.
La Città Metropolitana di Cagliari è prima in Italia per qualità della vita degli anziani nella classifica del Sole 24 Ore che misura il benessere per fasce d’età.
Cagliari conquista il primato di città metropolitana in cui gli over 65 vivono meglio sulla base di 12 indicatori, ed è leader per speranza di vita a 65 anni (21,7 anni), prima per numero di medici specialisti, seconda per infermieri e ottava per spesa pubblica in assistenza domiciliare. Entra nella top ten anche per quanto riguarda il parametro del consumo di farmaci per malattie croniche e nel trasporto di anziani e disabili. E’ inoltre l’unica città metropolitana a posizionarsi sul podio delle tre classifiche, che vedono Aosta sul primo gradino per quanto riguarda il benessere dei bambini e Piacenza in testa per i giovani.
“Cagliari oggi è una città in cui si vive bene e si invecchia meglio, e il risultato di questo studio conferma il grande lavoro portato avanti dalla Città Metropolitana per costruire un sistema di rete efficiente con le amministrazioni del territorio”, commenta il sindaco metropolitano Paolo Truzzu. “Sulla fascia dei bambini, nella quale lo scorso anno eravamo primi, la perdita di posizioni è determinata anche dal fatto che sono stati eliminati alcuni indicatori, in particolare il costo delle rette degli asili”, sottolinea Truzzu. “Per quanto riguarda i giovani, bisogna dire che alcuni risultati sono determinati da parametri su cui l’amministrazione può fare poco, come nuzialità e natalità, ma stiamo lavorando per favorire politiche a vantaggio di tutte le fasce d’età e di tutto il territorio”, annuncia il sindaco.
Oltre ad alcuni progetti già avviati che vanno dalla costruzione di un nuovo asilo nido nel capoluogo alla realizzazione di nuove strutture sportive e potenziamento di quelle esistenti in diversi comuni dell’area, sono in arrivo nell’ambito del Pon Metro 2021-2027 11 milioni di euro da destinare agli asili nido, 4 milioni per la pratica dell’attività sportiva dei bambini, 6 milioni per favorire l’inserimento lavorativo e l’inclusione sociale dei giovani e 2 milioni per l’invecchiamento attivo.
Lo sapevate? Perché In Sardegna e soprattutto nella zona di Cagliari è meglio non pronunciare la parola “cavallo”?
Ormai lo sanno in tanti ma qualche continentale e qualche straniero che lo utilizza così, sfrontatamente e inconsapevolmente, c'è sempre. Mettiamo in guardia loro perché noi sardi sappiamo benissimo perché non si può pronunciare la parola "cavallo"..
Lo sapevate? Perché In Sardegna e soprattutto nella zona di Cagliari è meglio non pronunciare la parola “cavallo”?
Ormai lo sanno in tanti ma qualche continentale e qualche straniero che lo utilizza così, sfrontatamente e inconsapevolmente, c’è sempre. Mettiamo in guardia loro perché noi sardi sappiamo benissimo perché non si può pronunciare la parola “cavallo”..
La Sardegna! Terra di misteri, tradizioni ancestrali e… peculiari tabù linguistici. Oggi, cari amici, ci addentreremo in uno degli aspetti più curiosi e divertenti della cultura sarda, un vero e proprio campo minato verbale che ha fatto sudare freddo più di un turista ignaro e ha causato innumerevoli momenti di imbarazzo e ilarità. Stiamo parlando, ovviamente, del divieto non scritto ma ferreamente rispettato di pronunciare la parola “cavallo” a Cagliari e nel sud della Sardegna.
Immaginate la scena: siete appena arrivati nell’Isola, magari per una vacanza, e state tranquillamente chiacchierando con alcuni locali in un bar di Cagliari. Improvvisamente, nel mezzo di una frase innocente sul vostro amore per l’equitazione, pronunciate la fatidica parola. Il silenzio cala improvvisamente, seguito da sguardi divertiti e qualche risatina soppressa. Poi, inevitabilmente, arriva la domanda: “Hai detto c……?”. E prima che possiate rendervene conto, vi ritrovate bersaglio di un corale “Ti c……!”, che in italiano suonerebbe più o meno come “Che quell’animale a quattro zampe ti possieda ardentemente!”.
Benvenuti nel meraviglioso mondo del “ti c……” (nella sua versione compressa “tigò”), un’usanza così radicata nella cultura del sud della Sardegna da essere diventata quasi un riflesso pavloviano. Ma da dove viene questa curiosa tradizione?
La storia affonda le sue radici in tempi remoti, quando i nostri antenati sardi, osservatori attenti della natura, notarono alcune “peculiarità anatomiche” del fiero destriero che lo trasformavano, per usare un eufemismo, in un “inquietante pentapede con un’unica idea in testa” (naturalmente mutuata dall’uomo). Aggiungete a questo il disinibito comportamento sessuale di questi animali e la loro totale mancanza di pudore (del tutto giustificata, essendo rispettabilissime bestie), ed ecco che avete tutti gli ingredienti per trasformare il nobile equino in un simbolo di prodigiosa sessualità nell’immaginario popolare.
Ma non pensiate che questa usanza sia limitata ai bar o alle chiacchiere tra amici. Oh no! Ha permeato così profondamente la società sarda che persino stimati professionisti e anziani irreprensibili non possono trattenere un sorriso (e spesso la fatidica risposta) quando sentono la parola proibita. È diventata una sorta di gioco linguistico, un modo per rompere il ghiaccio, un test per distinguere i locali dai “continentali” o dagli stranieri.
La situazione è diventata così estrema che i sardi hanno sviluppato un intero vocabolario alternativo per evitare di pronunciare la parola incriminata. “Signora”, “nascondilo” (dal sardo campidanese “cuaddu”, che significa sia cavallo che “nascondilo”, imperativo del verbo “cuai”, nascondere), sono solo alcuni dei vocaboli utilizzati. E non pensate di cavarvela (ops, scusate il gioco di parole!) usando sinonimi come equino, asino, asinello o pony. Ormai il tabù si è esteso a coprire praticamente tutti i mammiferi a quattro zampe o quasi..
Ma attenzione: il vero pericolo si nasconde nelle domande a trabocchetto. Come chiamereste l’altezza della vita dei pantaloni? E quella succulenta bistecca con aglio e prezzemolo che avete appena ordinato? E che dire del ritornello della famosa canzone “Samarcanda” di Roberto Vecchioni? Per non parlare dei proverbi: “L’animale in questione campa e l’erba cresce…”. Ogni conversazione diventa un campo minato, ogni frase un potenziale innesco per il famigerato “ti c……”.
Questa peculiare usanza linguistica ci offre uno spaccato affascinante della cultura sarda, un mix di umorismo irriverente, tradizione ancestrale e gioco sociale. È un esempio perfetto di come una semplice parola possa assumere significati e connotazioni completamente nuovi all’interno di una comunità, trasformandosi in un codice condiviso, un segno di appartenenza, un modo per distinguere chi è “dentro” da chi è “fuori”.
Per i visitatori, questa particolarità linguistica può sembrare inizialmente sconcertante, ma una volta compreso il gioco, diventa spesso una fonte di divertimento e un modo per integrarsi più rapidamente con i locali. Dopotutto, cosa c’è di meglio di una buona risata condivisa per rompere il ghiaccio?
Tuttavia, è importante ricordare che, come ogni aspetto culturale, anche questo va trattato con rispetto. Ciò che può sembrare divertente in un contesto informale potrebbe non essere appropriato in situazioni più formali o professionali. La chiave, come sempre quando si viaggia, è l’osservazione e l’adattamento.
In conclusione, la prossima volta che vi troverete in Sardegna, e in particolare a Cagliari o nel sud dell’Isola, ricordate di stare sempre sul chi vive. Evitate di pronunciare la parola proibita, a meno che non siate pronti a scatenare una tempesta di risate e battute. E se proprio non potete farne a meno, almeno assicuratevi di conoscere la risposta appropriata. Chi sa, potreste scoprire che padroneggiare questo curioso aspetto della cultura sarda vi aprirà porte inaspettate, trasformandovi da semplici turisti in ospiti privilegiati di questa meravigliosa isola e della sua gente calorosa e spiritosa.
E ricordate: in Sardegna, a volte, il silenzio è d’oro… soprattutto quando si parla di certi quadrupedi! Ah, dimenticavo, naturalmente vale anche al plurale..
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