Accadde oggi. 4 dicembre 1890: nasce ad Armungia Emilio Lussu, partigiano e antifascista
Eletto deputato nel 1921 e nel 1924, dopo il delitto Matteotti fu tra i più fermi accusatori di Mussolini, tanto che il 31 ottobre del 1926 gli squadristi assaltarono in forze la sua casa di Cagliari.
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Emilio Lussu nacque ad Armungia (Cagliari) il 4 dicembre 1890 e morì a Roma il 5 marzo 1975, laureato in Legge e grande scrittore, fu tra i fondatori di “Giustizia e libertà“. Dopo aver partecipato, valorosamente, alla prima Guerra mondiale come ufficiale di complemento, tornato in Sardegna Lussu è animatore del movimento che nel 1919, a Cagliari, portò alla nascita del Partito Sardo d’Azione. Eletto deputato nel 1921 e nel 1924, dopo il delitto Matteotti fu tra i più fermi accusatori di Mussolini, tanto che il 31 ottobre del 1926 gli squadristi assaltarono in forze la sua casa di Cagliari.
Lussu si barricò e si difese, respingendo l’assalto a colpi di pistola. Un fascista fu ucciso e Lussu, arrestato, restò in carcere per tredici mesi. Assolto in istruttoria per legittima difesa, per volere di Mussolini fu confinato per 5 anni a Lipari. Ma Lussu, il 27 luglio 1929, riuscì ad evadere dal confino con Carlo Rosselli e Fausto Nitti e a rifugiarsi a Parigi. Qui, con altri rifugiati politici italiani, dà vita a “Giustizia e Libertà”. Dopo un periodo in Svizzera (per curare i postumi delle numerose ferite di guerra e dei disagi del carcere e del confino), Lussu nel 1937 sostituisce Rosselli (assassinato dai fascisti) alla guida di GL. È alla testa di “Giustizia e Libertà” anche quando i tedeschi invadono la Francia. Nell’agosto del 1943 riesce a rientrare in Italia e nel mese di settembre è a Firenze, alla prima riunione nazionale del Partito d’Azione.
Dopo l’armistizio è uno dei capi della Resistenza romana e, finita la guerra, entra a far parte, nel 1945, del governo Parri e del successivo primo governo De Gasperi. Nel 1946 è deputato all’Assemblea Costituente. Con lo scioglimento del Partito d’Azione aderisce, nel 1947, al PSI per essere poi, nel 1964, tra i fondatori del Partito Socialista di Unità Proletaria. Deputato, senatore, dirigente nazionale dell’ANPI, di Emilio Lussu, oltre che dell’impegno politico è bene accennare a quello di scrittore, ricordando almeno il suo Teoria dell’insurrezione, edito in Francia nel 1936, il saggio Marcia su Roma e dintorni e quello che è unanimemente considerato un capolavoro letterario, ma che di fatto rimane il suo manifesto politico: Un anno sull’altipiano. Questo libro sulla Prima guerra mondiale è stato ristampato nel 2008 da l’Unità, con un’introduzione che Mario Rigoni Stern aveva scritto nel 2000. Ad Emilio Lussu sono intitolati, oltre che un Centro Studi, scuole, strade, biblioteche e circoli culturali.
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Quando nel 1912 a Cagliari la porta di San Pancrazio fu sacrificata al passaggio del tram

La Cagliari che non c’è più emerge dalle pieghe del tempo come un ricordo sospeso tra storia e trasformazione urbana, e uno degli episodi più emblematici riguarda la demolizione della porta di San Pancrazio nella salita de S’Avanzada, abbattuta nel 1912 per consentire il passaggio del tram.
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Quando nel 1912 a Cagliari la porta di San Pancrazio fu sacrificata al passaggio del tram.
La Cagliari che non c’è più emerge dalle pieghe del tempo come un ricordo sospeso tra storia e trasformazione urbana, e uno degli episodi più emblematici riguarda la demolizione della porta di San Pancrazio nella salita de S’Avanzada, abbattuta nel 1912 per consentire il passaggio del tram.
Oggi di quella porta, in realtà una falsa porta di accesso al quartiere allora più importante della città, restano soltanto le immagini scattate nel 1854 dal fotografo Edouard Delessert, testimonianze preziose di ciò che si trovava nell’attuale via Badas, lungo quel percorso che trae il proprio nome dal toponimo seicentesco estrata Avancada, collegamento strategico tra il Castello e il borgo di Villanova. La storia della porta affonda le radici negli interventi militari voluti dai Savoia: nel 1727 Felice De Vincenti, ufficiale ingegnere del Regio Esercito di Sardegna, rafforzò il sistema difensivo del versante nord del Castello e progettò la costruzione della Porta di San Pancrazio, parte integrante della riorganizzazione fortificata della città. Sopra l’arco campeggiava una lapide del 1728, un omaggio all’opera piemontese commissionata da Vittorio Amedeo II, da poco nominato re di Sardegna dopo il rapido passaggio dell’isola dagli Spagnoli agli Asburgo e infine ai Savoia.
L’iscrizione celebrativa sopravvive ancora oggi, incassata nella parete rocciosa a destra dell’attuale ingresso in piazza Arsenale, una presenza silenziosa che ricorda l’antico assetto urbano. La porta invece non esiste più, spazzata via da un’idea di modernità che impose nuovi tracciati e nuovi mezzi di trasporto. Paradossalmente anche quel tram, per il quale la struttura venne sacrificata, è stato successivamente eliminato da Cagliari, lasciando la città priva sia della sua testimonianza storica sia dell’innovazione che ne aveva motivato la distruzione. Così, come molte altre porte medievali e tardo medievali scomparse nel corso del Novecento, anche la porta di San Pancrazio è diventata un frammento perduto della memoria urbana cagliaritana, un simbolo di ciò che è stato cancellato dal tempo e dalla necessità, reale o presunta, di guardare a un futuro che oggi possiamo osservare solo attraverso le immagini sbiadite del passato.
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