Ad attirare i turisti, girovaghi per le vie di Castello, non c’è solo l’intramontabile gioiello della Cattedrale. A fianco, tra la via Fossario e via Duomo, c’è la casa dei cristiani ortodossi. È la chiesa di Nostra Signora di Speranza, la cappella gentilizia della famiglia Aymerich diventata oggi il luogo di culto di uno dei tre rami del Cristianesimo, a Cagliari.

All’ingresso, lo stemma dell’aquila bicipite, simbolo inconfondibile dei marchesi di Laconi. Oggi, i turisti vi si affacciano, rapiti da tanta e profonda devozione all’interno della piccola cappella. Dal 2011 la chiesa è la casa di culto di tanti ortodossi, in larga parte provenienti dall’est Europa, radicati a Cagliari. No, non sono praticanti di un’altra religione. La loro è la stessa fede nostra in Gesù Cristo, sebbene in una forma diversa.

Dal 2015 padre Nikolay Volskyy, 35 anni, è il sacerdote, guida spirituale e morale, di questi nuovi cagliaritani. Moltissimi arrivano dall’Ucraina, come Nikolay, ma anche da Russia, Romania e dai Balcani. Persone spesso sole e lontane dalle proprie famiglie, che però, nella loro parrocchia di San Saba Santificato, hanno trovato un modo per stare vicini e ricostruire il nido familiare.

La chiesa ortodossa di Castello. Si ringrazia la parrocchia di San Saba per la concessione della foto.

E così, dopo una visita alla Cattedrale, molti si avvicinano alla chiesa della Speranza, chiedendosi, a volte, se sia proprio russo o un’altra lingua slava quella parlata dal giovane sacerdote poliglotta, capace di unire tanti popoli diversi da loro.  E in Sardegna sono celeberrimi i riti legati alle tradizioni di Pasqua e Natale.

Lo spazio è molto piccolo, certo, quasi a dire microscopico, se paragonato alle dimensioni mastodontiche della Cattedrale. Ma concedersi una visita, possibilmente dopo le funzioni, è qualcosa che rende più ricca la gita nel rione di Castello.

Una notte di tensione e violenza ha scosso il Centro di Accoglienza Straordinaria di Monastir, teatro di una maxi rissa esplosa nelle ore notturne. Lo scontro, particolarmente violento, ha coinvolto tra le trenta e le quaranta persone, appartenenti a diverse nazionalità tra cui gruppi di nordafricani, afghani e pakistani.

Secondo le ricostruzioni, la situazione è rapidamente degenerata in un vero e proprio combattimento all’interno della struttura. I partecipanti non si sono limitati a colpirsi a mani nude: sono stati infatti utilizzati numerosi oggetti contundenti di fortuna, tra cui sedie, tavoli, bottiglie rotte e pezzi di legno divelti dagli infissi della struttura. Le urla e il caos hanno richiesto un intervento immediato.

Per ristabilire l’ordine, è stato necessario un imponente dispiegamento di forze dell’ordine: tredici pattuglie tra Carabinieri e Polizia di Stato sono arrivate sul posto per sedare gli scontri e riportare la situazione sotto controllo.

Il bilancio finale parla di sei feriti, tutti giovani di origine algerina. Cinque di loro sono stati trasportati in codice giallo all’ospedale Brotzu di Cagliari, dove sono stati trattati per ferite lacero-contuse e lesioni superficiali; un sesto è stato medicato direttamente all’interno del centro. Le autorità confermano che nessuno dei coinvolti versa in condizioni gravi. Sono ora in corso accertamenti per chiarire le cause della violenta sommossa e individuare eventuali responsabilità individuali.