Finisce dopo 15 anni e 181 partite l’esperienza di Oscar Washington Tabarez alla guida della Nazionale Uruguayana, dove militano ben 4 calciatori rossoblù: Pereiro, Nandez, Caceres e soprattutto Godin, il capitano.

Ed è proprio il centrale difensivo a dedicare una lunga lettera al tecnico che ha allenato anche il Cagliari negli anni ’90. Un bellissimo modo per ringraziare il ct di una Nazionale maschile più longevo della storia del calcio.

Ecco il testo:

«In questa foto potrei riassumere tutto quello che sento. Mi è difficile trovare le parole giuste e riassumere in un testo tante esperienze, emozioni, partite e tante cose imparate sul campo, ma soprattutto fuori.

Ora parlerò a lei maestro, a “lei”, perché l’ho trattata sempre così con rispetto e ammirazione. È riuscito a generare quel rispetto tra noi e con e per le persone. Ed era quello che veniva sempre trasmesso dall’interno verso l’esterno, verso tutti. Voglio ringraziarla per tutto ciò che mi ha insegnato e per tutto ciò in cui mi ha aiutato nella mia vita e nella mia carriera professionale. Anche per avermi scelto per essere prima un calciatore della Nazionale uruguaiana, che è il sogno più grande che potessi avere da bambino e che ogni ragazzo o ragazza del nostro paese possa avere, e poi per avermi dato la responsabilità di indossare la fascia da capitano con tutto ciò che comporta nel nostro Paese!

Mi sono sempre dato anima e corpo per La Celeste, come ognuno dei miei compagni di squadra e anche lei è riuscito a trasmetterci i valori di identità, responsabilità e amore per la Nazionale. Perché ha fatto sentire la squadra per quello che è e lo dice sempre “la più importante delle cose meno importanti”.

Ha reso la nazionale parte della nostra vita e ha fatto in modo che il senso di appartenenza e l’orgoglio nella selezione di oltre 3 milioni di uruguaiani si possano sentire e rivedere in ogni angolo del mondo.

Come uruguaiano, semplicemente GRAZIE Maestro!! E ovviamente tutte queste parole sono anche per Celso e Mario! (gli assistenti, ndr)».

A vederlo così, riesce molto difficile pensare alla sua importante funzione nell’antichità e ancora oggi tale per la natura dell’uomo. Eppure, secoli fa, i bisogni fisiologici si soddisfavano seduti sull’alto “trono” de su comudu, il termine tradizionalmente indicante il bagno in lingua sarda.

Oggi, nel 2021, e in generale nel millennio della massima efficienza igienico-sanitaria, si trova ancora nelle case del centro storico di Cagliari, tra i rioni di Castello e Stampace, il gabinetto di comodo, con un alto sedile, in materiale spesso marmoreo, e un tappo.

Se infatti nelle case popolari i servizi igienici erano affidati a pozzi o a is bassinus, i vasi da notte spesso svuotati del loro lercio contenuto dalle finestre, nelle abitazioni signorili trovava invece spazio questo alto gabinetto. Il cagliaritano lo riconosce subito come “su comudu”, benché chiunque lo abbia provato, anche in tempi moderni, confermi che la postura assunta sul quel sedile sia tutt’altro che funzionale al ruolo che esso deve svolgere.