Lo chef Pietro Vardeu, piatti e vini sardi a Miami: sole e mare come nell’Isola
Oltre 40 anni di esperienza fra le cucine degli States, oggi Pietro Vardeu è uno dei tanti isolani che portano lustro alla nostra terra in giro per il mondo. A Miami, "Sardinia" : le prelibatezze e vini di Sardegna fra il sole e il mare della Florida, tanto simili ai nostri.
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Quasi si sente americano doc, sebbene non abbia dimenticato le sue origini del Golfo. Inglese fluente, ovviamente, ma la cadenza è quella sarda e i suoi piatti sono figli dell’Isola. Lo chef Pietro Vardeu è una delle tante eccellenze che oltremare, o per meglio dire oltreoceano, danno lustro alla nostra terra. Negli Stati Uniti quarant’anni di cucina sarda, un’avventura iniziata per amore e ancora oggi a Miami delizia i fini palati americani.
Per il ristorante un nome semplice e per chiunque un’efficace garanzia. Dal 2006, “Sardinia” è una realtà tra il sole e il mare della Florida, terra di esplorazioni ed avventure. Ma per Pietro l’esperienza sotto i cieli americani è iniziata già all’alba degli anni ’80.
Oggi Vardeu ha poco più di 60 anni e sulle spalle decenni di lavoro e manicaretti, fatti conoscere per gli States. Poi, l’avventura di Miami, circondati da isolette e casette eleganti, principale bacino di clienti per chi, come “Sardinia”, non può vivere solo di clienti. E le soddisfazioni sono tantissime “Ho iniziato con questo ristorante ed enoteca, ora abbiamo anche dei caffè sul mare, “Sardinia Beach Caffè”, due dei quali sono tra i migliori sulla costa, con servizio di spiaggia, hotel e ristorazione e molto altro”.
Il sardo piace agli americani? Eccome. Dall’acqua ai cesti di pane carasau e guttiau, con olio e rosmarino, alla crema di pecorino. E poi la fregula, i malloreddus, i formaggi, il miele. Poi la cucina al forno a legna, con un menù di pesce da leccarsi i baffi. E ovviamente tutto innaffiato da ottimo vino, come Vermentino, Turriga, Cannonau, e tanto altro di Sardegna.Tra i tavoli di “Sardinia” l’idea di stare sull’Isola c’è tutta.
Nostalgia di casa per Pietro? “Io qui ci sono da una vita. In Sardegna ci ritorno periodicamente, d’estate, ma il mio lavoro è qui”. Eppure, nella terra della Florida c’è qualcosa che allo chef Vardeu ricorda la sua Isola. “Noi siamo di fronte a uno dei porticcioli turistici più belli di Miami. L’acqua e il sole sono bellissimi e ricordano quelli di Sardegna, così come il clima. Anche qui come da voi, mentre da altre parti fa freddo e nevica, c’è tanto sole e caldo. L’inverno non lo conosciamo”.
E fra i tavoli e i fornelli di “Sardinia” tanti ospiti importanti, sia dall’Isola che dal resto del mondo. “Ci siamo fatti una cucina di tonno insieme a Luigi Pomata, ad esempio. Ho conosciuto Cracco e qui poi ho avuto come ospite, tra i vari, Joe Bastianich, quando ancora non era così famoso”.
Chilometri infiniti di distanza, 40 anni di lontananza e una carriera ormai più che navigata. Eppure, Pietro Vardeu non esclude un possibile ritorno in Sardegna. “Non per lavoro, certo. Nell’Isola ci faccio l’estate. Ma piano piano posso pensare, in futuro, a un ritorno alle origini”.
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Mistero in Toscana: la scomparsa di Piera Pinna e l’appello della famiglia

La scomparsa di Piera Pinna, originaria di Bosa ma residente a San Miniato, ha scosso profondamente la comunità locale e suscitato l’attenzione dei media.
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Mistero in Toscana: la scomparsa di Piera Pinna e l’appello della famiglia.
La scomparsa di Piera Pinna, originaria di Bosa ma residente a San Miniato, ha scosso profondamente la comunità locale e suscitato l’attenzione dei media.
La donna è svanita nel nulla il 21 settembre, mentre si trovava in cerca di funghi con il marito nei boschi intorno a Medicina di Pescia, nel Pistoiese.
Il suo destino rimane avvolto nel mistero, e la sua famiglia, che si trova a migliaia di chilometri di distanza in Sardegna, ha lanciato un accorato appello: «Chiediamo risposte».
Da quando Piera è scomparsa, le ricerche ufficiali non hanno portato a risultati concreti. Sono stati mobilitati droni dotati di termoscanner e cani molecolari, ma senza alcuna traccia della donna. Nel tentativo di mantenere viva l’attenzione sulla questione, gruppi di volontari e membri della protezione civile hanno continuato a battere il territorio, tuttavia i risultati sono stati deludenti. L’associazione Penelope Toscana, attivamente coinvolta nelle operazioni di ricerca, ha descritto la zona come particolarmente impegnativa a causa dei suoi ripidi strapiombi e dei terreni resi insidiosi dalle prime piogge autunnali. Tuttavia, la famiglia di Piera sostiene con fermezza che se fosse realmente caduta, il corpo sarebbe stato rinvenuto.
Un ulteriore elemento di preoccupazione emerge dalle incongruenze relative alla scomparsa. Nella denuncia presentata dal marito e dal figlio, assente quel giorno, si menziona un luogo diverso da quello in cui è stata effettivamente parcheggiata l’auto. Inoltre, un furgone utilizzato regolarmente da Piera per recarsi al suo chiosco di Empoli, dove vendeva frutta e verdura tre volte a settimana, è stato trovato bloccato all’interno del cancello, lasciando aperte domande sul suo ritorno a casa quella sera. Da San Miniato, conoscenti e amici di Piera affermano con certezza che lei conosceva bene quei boschi, soprannominati “Valle dell’Inferno” per la loro difficile accessibilità, e che difficilmente avrebbe potuto perdersi.
A due mesi dalla scomparsa, la frustrazione cresce. La famiglia ha deciso di chiedere aiuto a una criminologa lucchese per indagare ulteriormente sulla situazione. Con l’obiettivo di ottenere chiarezza su questa vicenda che ha assunto i contorni di un giallo, l’appello della famiglia risuona forte: la speranza di trovare risposte è più intensa che mai. In un contesto tanto oscuro, la luce della verità rimane l’unica meta per chi aspetta di sapere cosa sia realmente successo a Piera Pinna.
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