È bella e piace. I follower sui suoi canali social sono in continuo aumento. Martina Smeraldi si fa attendere, ma quando arriva gli sguardi sono tutti per lei. Classe ’99, da qualche anno è la star cagliaritana del mondo dell’hard e sulle spalle ha un successo da pornoattrice costruito con dedizione.

Una passione, quella per l’eros e il mondo a luci rosse, che le ha fatto raggiungere la fama nel settore.  «Sicuramente è una bella soddisfazione, considerando che questo lavoro comporta anche sacrifici nella vita personale e privata. Ma per me non è stato uno sforzo, io sono felice e le persone mi danno molto supporto» ci racconta l’attrice cagliaritana, seduta in una delle eleganti poltrone scure del locale “Belle e monelle” di Sanluri.

A due anni dall’esordio nel film a luci rosse, oggi la giovane cagliaritana raccoglie le sue soddisfazioni dopo tanto impegno e cerca di conciliare gli impegni lavorativi con la quotidianità e la vita privata. Già, perché nella vita di una ragazza di 21 anni non ci può essere ovviamente solo il lavoro. Infatti, per Martina, importantissime sono le amicizie, per lei sempre presenti e rispettose delle sue passioni. «I miei amici sono sereni, anche se la mia professione è certamente particolare. Chi mi conosce bene e da tanto tempo, infatti, è consapevole del fatto che questo lavoro è molto in linea con quella che è sempre stata la mia personalità».

Sorride, Martina, ed educatamente risponde alle nostre domande che indagano la sua dimensione più semplice, legata al quotidiano. Sì, perché anche se sei la famosa Martina Smeraldi, a volte si ha bisogno di staccare da tutto e di dedicarsi all’ascolto di sé stessi: «Sicuramente mi piace molto viaggiare, al di là degli impegni sul set, per piacere mio personale. E poi mi piacciono le escursioni nel territorio, che mi aiutano a staccare. In Sardegna? Anche, ci sono un sacco di posti bellissimi e sono molto legata alla mia terra».

Lavoro, hobby e passioni. Ecco che in mezzo a questi tre elementi c’è quello legato all’amore. Il lavoro nel porno può essere un ostacolo alle relazioni nel 2021? Per Martina forse sì. «Se dicessi il contrario, sarei ipocrita. Una donna come me può spaventare, ancora oggi, gli uomini, per i quali non è facile accettare che la propria compagna svolga un lavoro come il mio. Ma sono sicura che l’uomo che mi amerà, un giorno, lo farà per quello che sono e non baderà a quello che faccio».

Per la Smeraldi, forte dei suoi 21 anni, anche le paure sono poche e  relative. «Sono abbastanza positiva, non ho timori particolari. Si può avere paura di sbagliare, magari, ma quelle sono cose che facciamo e capitano a tutti. Vivo il momento, coltivando i sogni e puntando alle ambizioni. La mia aspirazione più grande, in questo momento, è andare in America e fare il meglio nel mio lavoro».

Sguardo entusiasta anche al futuro. «Come mi vedo tra alcuni anni? Spero di essere sempre una donna di successo, con una sicurezza economica e delle persone che mi vogliano bene al mio fianco. Amare e essere amati è la cosa più importante».

È morto a 77 anni Sergio Frau, giornalista e scrittore nato a Roma da famiglia di origini sarde, tra le firme più note della cultura italiana. Figura eclettica, capace di unire rigore giornalistico e passione per il mito, è ricordato soprattutto per aver rilanciato, con i suoi studi, l’ipotesi che la leggendaria Atlantide fosse in realtà la Sardegna.

Nel 2002 pubblicò il saggio Le Colonne d’Ercole – Un’inchiesta, in cui propose di rileggere i testi di Platone alla luce di un’interpretazione innovativa: le mitiche Colonne non andrebbero collocate solo nello Stretto di Gibilterra, come comunemente si ritiene, ma anche nel Canale di Sicilia. In questo scenario, l’isola di Atlante dei dialoghi platonici Timeo e Crizia coinciderebbe con la Sardegna, portando la civiltà nuragica al centro di una nuova visione storica e archeologica.

Secondo un’altra teoria di Frau, inoltre,  sarebbe stato un catastrofico tsunami a colpire e indebolire la civiltà nuragica, cancellando in parte la sua grandezza e alimentando così il mito dell’isola perduta di Atlantide.

La sua ricerca sull’Atlantide sarda non rimase confinata ai libri: nell’aprile 2005 un simposio dedicato al suo saggio si tenne nella sede dell’UNESCO a Parigi, accompagnato dalla mostra Atlantika: Sardaigne, Ile Mythe. Un anno più tardi, nell’ottobre 2006, anche l’Accademia Nazionale dei Lincei ospitò un convegno sui suoi studi, inaugurando la mostra Atlantikà.

Il 24 settembre 2010 Frau fu insignito a Roma della prima edizione del Premio di giornalismo L’isola che c’è.

Con la sua opera, Sergio Frau ha lasciato un segno profondo nel giornalismo culturale e nella riflessione sul rapporto tra mito, storia e identità mediterranea. La Sardegna, che fu al centro delle sue ricerche e delle sue passioni, oggi lo ricorda come il narratore che tentò di restituirle il posto che, a suo avviso, le spettava nel cuore della storia antica.