28 anni per il Kirghizistan, un popolo in festa. A Cagliari le storie di chi dall’Asia è arrivato qui

A Cagliari la festa del popolo del Kirghizistan per i 28 anni dalla sua indipendenza. E in tanti raccontano le loro storie.
A Cagliari l’Associazione Kirghizistan Unito in Sardegna bissa la manifestazione dello scorso anno e festeggia i 28 anni dall’indipendenza del paese dall’Unione Sovietica. Un corteo più semplice, quello di quest’anno. Non più la lunga marcia per le vie del centro, solamente una breve “vasca” lungo la banchina del porto. Ma il popolo e la nutrita comunità chirghisa di Cagliari non sono mancati all’appello. Presenti autorità locali, come il vicesindaco Giorgio Angius, e asiatiche, come Alymov Janarbek, deputato parlamentare chirghiso e il ministro degli esteri, insieme allo scrittore Kurbanov Raimjan.
Sono tanti i chirghisi che lavorano da anni, quasi sempre come badanti e assistenti geriatrici, in Italia e Sardegna. Ma spesso i nostri connazionali ignorano ancora oggi la loro esatta origine: «Prima di conoscerli non avevamo la più pallida idea di dove fosse il Kirghizistan. Pensavamo addirittura fossero ortodossi e non musulmani».
«Il Kirghizistan è un piccolo paese che si trova sotto la Russia» spiega la 19enne Munira Askarbekova «confiniamo con tante nazioni, come Kazakistan, Uzbekistan e Tagykistan. Ma anche con la Cina».
Sono tante le storie di chi, armato di coraggio, dal paesino asiatico è arrivato sino a qui per cercare di costruirsi un futuro o rifarsi la vita. E in tanti, nel loro bagaglio di speranze mettono insieme anche ricordi dolorosi. Gulzat Abylova da 14 anni è in Italia, con un passato da studentessa in Economia e Commercio. «Volevo fare la commercialista, studiavo e lavoravo. Poi ho subito un grave lutto in famiglia e per necessità economiche sono dovuta partire. In Kirghizistan esistono forme di aiuto per i più bisognosi, ma in tanti vivono grazie ai soldi mandati da coloro che lavorano qui».
Si emigra per bisogno, insomma. Il viaggio dall’Asia all’Europa è lungo e i costi sono tanti. Ma la voglia di un futuro migliore è ancora di più per i chirghisi, che spesso arrivano in Italia con ottime competenze professionali. La 38enne Samara Zhumadilova, ad esempio, è un’ex docente di matematica e fisica: «Nel mio paese un professionista guadagna poco, anche 150 euro al mese. Ho lasciato la mia famiglia e qui faccio la badante. Ora posso permettermi un affitto e una vita normale». E di storie simili a quella di Samara ce ne sono diverse. Elmira Turganbaeva, 55 anni, ha un passato da pediatra e un presente da assistente geriatrica: «A Bishkek prendevo 300 euro al mese» . E ancora, Giulia Sultanova, 45 anni, è un’ex commessa di un market, la quale ha deciso di fare le valigie e cercare fortuna in Europa.
Tra musica e balli tradizionali, la festa del Kirghizistan unito va avanti fino a pranzo. E qua e là si intravede anche sardi che per curiosità o solidarietà assistono con interesse. Sono tanti infatti quelli che hanno avuto modo di familiarizzare con i chirghisi, per le più svariate ragioni. E il giudizio è oltremodo positivo. Bruno Puddu, cagliaritano, non ha dubbi: «Sono persone splendide. Qualcuno di loro ha lavorato in casa nostra, come assistente geriatrico e di sostegno per diversamente abili. Sono diventati subito di famiglia».
Ad animare il porto ci pensano anche tantissimi giovani, che hanno scelta la via italiana per costruirsi la vita, ma spesso hanno un obiettivo comune: «A Bishkek studiavo giurisprudenza – racconta la 19enne Munira Askarberkova – ora in Sardegna lavoro, ma cerco di mettermi da parte qualcosa per ritornare in Kirghizistan. Il mio futuro, forse, è proprio lì».

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