Ora è in Nigeria, pronto per partire per Rio e seguire la nazionale di tennistavolo alle Olimpiadi. Ma la sua famiglia è a Cagliari, dove vive da quasi 10 anni. Michael Oyebode da atleta professionista è stato in tanti posti, ma ha fatto della Sardegna la sua nuova casa. «Qui sono stato accolto da bravissime persone, per questo ho deciso di restare».
Michael con la figlia Elisabeth
Quando è arrivato in Italia aveva 25 anni. Era il 1994 e fu ingaggiato dal Siracusa per giocare in Serie A di tennistavolo. Al tempo nel Cus Cagliari c’era un suo connazionale, Moses Toriola. Due anni più tardi si sfidarono in campionato e dopo l’incontro arrivò la proposta che gli cambiò la vita. «Mi chiesero di venire a Cagliari, così mi sarei allenato con Moses, e ho accettato subito».
Nel ’97 sbarcò in città. «Mi sono subito trovato benissimo, la società mi aveva accolto con molto affetto, soprattutto il presidente. Le persone che ho incontrato sono state fantastiche. La Sardegna mi è piaciuta subito: mi ricordava l’Africa».
Tempo due anni ed è arrivata anche la moglie. «Ci siamo sposati nel ’99 in Nigeria e qualche mese dopo siamo venuti insieme a Cagliari. Lei giocava nella squadra femminile». Presto hanno messo su famiglia. «I nostri figli, Elisabeth e Johnny, che oggi hanno 16 e 14 anni, sono nati negli Stati Uniti ma hanno passaporto italiano e vivono in Sardegna da sempre». E sono anche loro atleti. «Johnny gioca nella Marcozzi e in nazionale di tennistavolo, sta andando molto bene, ora si è trasferito al centro federale per allenarsi al meglio. Elisabeth invece è al liceo scientifico, studia tanto ma è anche molto brava a basket, gioca nella squadra Spirito sportivo Cagliari».
La squadra femminile Cortemaggiore e lo scudetto 2015
Oggi Michael è un allenatore molto richiesto. Da due anni segue la squadra femminile di Cortemaggiore a Piacenza, con la quale ha vinto uno scudetto e un secondo posto quest’anno. «Torno sempre a Cagliari, qui è la mia famiglia, non riesco a star lontano da loro. Mia moglie lavora da otto anni in una farmacia».
Una storia di accoglienza straordinaria. «Quando siamo arrivati non abbiamo mai percepito razzismo nei nostri confronti. Forse perché avevamo un mestiere che non rubava lavoro a nessuno. Quando sei bravo a fare qualcosa sarai sempre simpatico a tutti, basta saper stare con la gente. Io, ma anche Moses e la mia famiglia, ci siamo impegnati nel nostro lavoro, poi io sono diventato anche insegnante di tennistavolo, non ho mai dato fastidio a nessuno, non c’era motivo di avercela con me».
Michael con il figlio Johnny
Eppure un po’ di nostalgia dell’Africa gli è rimasta. «I miei figli me lo dicono sempre: quando parliamo della Nigeria mi brillano gli occhi. Lagos è bellissima, quando ci torno mi sento nuovamente a casa. Mi piacerebbe tornare un giorno, ma non adesso. La mia famiglia è in Sardegna e io voglio stare con loro».
Guai a parlar male del suo paese. «Si leggono sempre cose brutte sulla Nigeria ma non è vero niente. Sì, ci sono problemi, ma come dappertutto. I giornali esagerano, per capirlo bisognerebbe andarci di persona. A Lagos mi sento più tranquillo che in giro per Roma. E noi nigeriani siamo un popolo tranquillo, non ci preoccupiamo mai troppo».
Ora si prepara a chiudere le valige per Rio. «Mi sento fortunato a lavorare anche per la federazione di tennistavolo nigeriana, adesso sono nello staff degli allenatori della squadra nazionale. E mi fa sorridere il pensiero che alleno Moses Toriola, uno dei più forti giocatori africani di sempre. Speriamo in un buon risultato alle Olimpiadi».
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