Rifiuti e furti di sabbia: nelle spiagge sarde arrivano gli educatori

Progetto Effetto farfalla: 100 educatori ambientali nelle spiagge sarde. Azione di sensibilizzazione contro l'inquinamento della plastica, l'abbandono dei rifiuti e i furti di sabbia.
Progetto Effetto farfalla: 100 educatori ambientali nelle spiagge sarde. Azione di sensibilizzazione contro l’inquinamento della plastica, l’abbandono dei rifiuti e i furti di sabbia.
Oltre cento educatori ambientali durante la stagione estiva coinvolgeranno attivamente i frequentatori delle coste sarde con l’obiettivo di far rispettare l’ambiente naturale. I professionisti ambientali dei CEAS incontreranno bambini, bambine, ragazzi, ragazze, genitori, cittadini, turisti direttamente in spiaggia dove si farà informazione, divulgazione, sensibilizzazione sulla fragilità dell’ecosistema marino e su quello che ciascuno di noi può fare per la salute del nostro pianeta.
“Piccoli gesti per grandi cambiamenti” è lo slogan che esprime la finalità del progetto Effetto farfalla – che unisce tutti i CEAS della Sardegna – coordinati dal CEAS Porto Conte di Alghero, capofila del progetto promosso e finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna, Servizio SASI dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente.
Il nome del progetto si ispira alla teoria scientifica di Edward Lorenz basata sul concetto che piccole variazioni nelle condizioni iniziali possono produrre grandi variazioni nel comportamenti a lungo termine.
Tante le azioni che realizzeranno i CEAS nei propri territori di appartenenza: giornate di sensibilizzazione in spiaggia ed incontri tematici dove si affronteranno le questioni centrali per la salute del nostro pianeta.
Sono previste anche attività di educazione ambientale nelle scuole con particolare attenzione ai problemi dei litorali sardi: abbandono della plastica e dei rifiuti, furto di sabbia, danni ai monumenti naturali, scarso rispetto verso la flora e la fauna.
Il progetto prevede la produzione di materiale informativo tematico che sarà distribuito in migliaia di copie nelle località interessate. L’immagine principale della campagna di comunicazione è rappresentata da un pesce ottenuto con rifiuti di plastica per evidenziare gli effetti dannosi e mortali della plastica e delle micro-plastiche sulla fauna marina e indirettamente sull’uomo.
Il progetto e la campagna di comunicazione sono stati presentati oggi nella sala Saint–Exupéry all’aeroporto di Alghero, una delle sedi di contatto con i turisti, dal Direttore del Parco Mariano Mariani e dai rappresentanti della Regione Autonoma della Sardegna, Servizio SASI dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente alla presenza delle associazioni ambientaliste.
Durante la conferenza il direttore ha annunciato un Parco plastic free ovvero è stato adottato un provvedimento: “Per ridurre, fino alla completa eliminazione nell’arco d 12 mesi, l’uso della plastica, sostituendola con vetro, alluminio o prodotti biodegradabili in tutti gli uffici dell’Ente Parco e nelle diverse pertinenze”. Infine il direttore ha invitato al primo piccolo gesto delprogetto Effetto Farfalla: “Firmare la petizione #stopplasticpollution del WWF”.

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Meglio tardi che mai: sabbia dell’Isola come souvenir, romano la riporta dopo quarant’anni

Quarant’anni fa, mentre era in vacanza in Sardegna, un romano ha riempito un sacchetto di sabbia e lo ha portato a Roma, come souvenir. Oggi, pentito, ha deciso di riportare i sassolini di quarzo bianco nella spiaggia di Is Arutas, Oristanese.
Quarant’anni fa, mentre era in vacanza in Sardegna, un romano ha riempito un sacchetto di sabbia e lo ha portato a Roma, come souvenir. Oggi, pentito, ha deciso di riportare i sassolini di quarzo bianco nella spiaggia di Is Arutas, Oristano. A raccontare la vicenda a lieto fine, La Nuova.
Pare che l’uomo si sia deciso perché convinto dalla campagna di informazione fatta dai volontari contro i furti di sabbia.
«Stavamo completando un trasloco quando nella soffitta dei miei genitori ho trovato un sacchetto pieno di sabbia» ha dichiarato Lorenzo Guredda, romano figlio di emigrati sardi «non è molta, non credo che arrivi a superare i 500 grammi, ma quando l’ho vista ho subito capito da dove arrivasse e ho deciso di riportarla a casa. Credo che sia una pratica davvero pericolosa per gli ecosistemi marini. Quarant’anni fa non avevamo pensato a questo aspetto e abbiamo sicuramente commesso una leggerezza».

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