Stephane Masala, l’allenatore d’origine sarda che ha stregato la Francia del calcio
Stephane Masala è nato a Nantes ma ha origini sarde essendo stato il padre di Anela. Qualche giorno fa ha portato la formazione del Les Herbiers in finale di Coppa di Francia. Una favola che nasce da un fallimento e che a poco a poco si è trasformato in un avvincente successo.
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La formazione francese Les Herbiers ha raggiunto qualche giorno fa la finale di Coppa di Francia, si troverà davanti i mostri del Paris St. Germain. La loro è la favola del 2018 per due ragioni: la prima è che si tratta di una squadra di terza divisione che naviga a metà classifica con appena tre punti di vantaggio sulla zona retrocessione; la seconda è che l’allenatore si chiama Stephane Masala, il cognome non tradisce dato che ha profonde origini sarde – il padre era di Anela, paesino del sassarese.
Una favola impensabile fino a quattro mesi fa quando la mattina del 16 gennaio il club Herbarium decide di esonerare il tecnico Frédéric Reculeau a seguito dell’ultimo posto in classifica del club. Al suo posto decidono di affidarsi al suo vice, Stephane Masala, traghettatore utile per due domeniche in attesa di trovare un titolare del posto. Non ha esperienza ma non ha neanche scelta, dividersi da Reculeau fa male dopo dieci anni di esperienze assieme, ma certi treni passano solo una volta. A quel punto il Les Herbiers inizia a vincere ogni settimana con convinzione, come mai aveva fatto in precedenza. Si sommano undici vittorie ed una sola sconfitta in campionato – e guarda caso l’unico stop è stato ricevuto dal Chambly, la formazione sconfitta in semifinale di Coppa. Impossibile mandarlo via, tanto che la società decide di pagare una multa pur di affidarsi ad un tecnico vincente ma senza patentino.
« Queste gioie derivano da un fallimento » racconta con un pizzico di malinconia, « avrei voluto raggiungere queste vittorie con Frederic Reculeau, abbiamo iniziato assieme e sarebbe stato bello festeggiare assieme ». Ha dovuto imparare in fretta, con meticolosità e affidandosi al calcio italiano più che a quello francese. Lavora molto sulla tattica, gestendo la squadra con un concetto di gioco corale e non individuale. Ha stabilito coi suoi ragazzi un rapporto di fiducia tale che i successi sono arrivati come naturale conseguenza. Il suo modello è la squadra di cui è appassionato, la Juventus, e Gigi Buffon il suo preferito. Con l’Italia e la Sardegna ha mantenuto un rapporto stretto grazie alla nonna paterna, dalla quale ha avuto nozioni di italiano e sardo. Il padre invece non ha mai parlato con lui altra lingua se non il francese, ma gli ha consegnato la passione per il calcio nostrano registrando le partite della Nazionale e di alcune formazioni della nostra Serie A.
Nel territorio della Vandea l’entusiasmo è incontenibile. I tifosi hanno creato delle canzoni e dei dolci in onore di questo risultato, i negozi sono bardati dei colori sociali della squadra e il sindaco di Les Herbiers ha disposto il noleggio di diversi autobus per consentire di vedere la finale. L’Equipe ha dedicato loro la prima pagina del proprio giornale, ma in genere non dovrebbe essersi partita: « I favoriti siamo noi » afferma Masala, tradendo un sorriso ironico. I suoi estimatori si stanno moltiplicando, persino nella Ligue 1: il St. Etienne e il Troyes sembrano avere tutta l’intenzione di contattarlo al termine della stagione. Lui chiaramente non ci pensa, ed anzi il suo obiettivo è quello di essere confermato alla guida del club attuale e di conseguire il tanto agognato patentino.
L’ 8 maggio vivrà un ulteriore sogno con la finale al St Denis di Parigi. Col Psg lo dividono 538 milioni di budget, ma i francesi rivedono nel Les Herbiers la cavalcata del Calais che arrivò in finale del 2000 al cospetto del Nantes. Guarda caso lo stadio della Beaujoire che settimanalmente accende il tifo per la formazione guidata da Claudio Ranieri, martedì è stato teatro della grande impresa compiuta da Masala. Ora c’è un altro passaggio da compiere, e anche se dovesse arrivare una sconfitta, gli applausi saranno più che meritati.
Le retour des héros de la soirée au Stade Massabielle des Herbiers !
Posted by Ouest-France Les Herbiers on Tuesday, 17 April 2018
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Sa Domu Beccia: 200 anni fa, uno dei nuraghi più grandi e imponenti della Sardegna veniva completamente demolito

Sapete per cosa vennero frantumati e utilizzati i suoi blocchi ciclopici di basalto? Come selciato per la costruzione di una strada, che tutti i sardi conoscono bene...
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Esattamente 200 anni fa, uno dei nuraghi più grandi e imponenti della Sardegna veniva completamente demolito. Si tratta del nuraghe Sa Domu Beccia di Uras, in provincia di Oristano. Secondo il celebre archeologo sardo Giovanni Lilliu, Sa Domu Beccia era la reggia di una piccola capitale, paragonabile a Nuraxi di Barumini e al nuraghe Losa di Abbasanta. Prima di lui, Angius e Spano ne avevano già esaltato l’architettura, accostandolo per maestosità a giganti come il Santu Antine di Torralba.
Le testimonianze storiche dell’Ottocento descrivono un monumento straordinario. Lo scrittore, poeta e politico Vittorio Angius rimase colpito dalla torre principale, dotata di più ambienti interni e di un piano di calpestio notevolmente più basso rispetto al resto della struttura.
Un unicum nell’Isola era rappresentato dalle tre scale interne – una nel corridoio d’ingresso e due all’interno di nicchie – che conducevano alle camere superiori. Di grande rilievo anche le dimensioni dell’antemurale e delle torri secondarie, che testimoniano la potenza e l’arte ingegneristica dei costruttori nuragici.
Purtroppo, tra il 1822 e il 1825, il nuraghe fu completamente distrutto. I blocchi ciclopici di basalto furono frantumati e utilizzati come selciato per la costruzione della strada Carlo Felice, un’opera denunciata come vero e proprio scempio dal Generale Alberto La Marmora. Si stima che dai massi del nuraghe siano stati ricavati circa 15 chilometri di strada.
Oggi rimangono solo i ruderi, ma grazie agli scavi archeologici effettuati tra il 1988 e il 2014 è stato possibile ricostruire parte della sua antica imponenza: un pozzo profondo 11 metri e un esteso villaggio circostante restituiscono l’immagine di un complesso abitativo e difensivo articolato e sofisticato.
Il nuraghe Sa Domu Beccia, il cui nome in campidanese significa “casa vecchia”, rappresenta un unicum nell’Isola per la singolare articolazione di torri e cinte fortificate. I suoi resti ancora oggi continuano a stupire e a raccontare la vita e l’ingegno dei sardi del Bronzo medio e finale (XV-XI secolo a.C.). Un gigante depredato, ma che conserva tutto il fascino della sua storia.
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