Moby Prince : molte delle vittime si potevano salvare, la rabbia dei parenti
Moby Prince : molte delle vittime si potevano salvare, la rabbia dei parenti. Dopo 27 anni non si arrendono i familiari delle 140 vittime, di cui 30 sarde. Parla Patrizia Campus la vedova di Alessandro Vacca un medico cagliaritano morto a
Moby Prince : molte delle vittime si potevano salvare, la rabbia dei parenti.
Dopo 27 anni non si arrendono i familiari delle 140 vittime, di cui 30 sarde. Parla Patrizia Campus la vedova di Alessandro Vacca un medico cagliaritano morto a 37 anni mentre probabilmente stava soccorrendo altre vittime :«Le istituzioni ci hanno raccontato una montagna di bugie e poi ci hanno abbandonato, mio marito e gli altri si potevano salvare».
Ieri nell’aula consigliare del comune di Assemini si è tenuto un dibattito organizzato da LiberAssemini e l’associazione dei familiari delle vittime “10 Aprile” sulle conclusioni a cui è giunta la commissione parlamentare d’inchiesta istituita per ricostruire la verità. Dopo due anni di lavori la commissione ha sovvertito la ricostruzione degli eventi della tragica notte del 10 aprile del 1991, confutando una verità che per 27 anni è stata fatta credere all’intera opinione pubblica e in particolare ai parenti delle vittime. Nel 2010 l’ultimo processo si chiude con l’archiviazione senza colpevoli, in quanto tutte le responsabilità del più grave incidente della storia della marina civile italiana vengono attribuite al comando della Moby Prince. I familiari delle 140 vittime riuniti nell’associazione 10 aprile presieduta da Luchino Chessa figlio del capitano della nave Ugo Chessa , non si sono mai arresi e hanno combattuto per anni affinché si costituisse una commissione parlamentare di inchiesta. Nel 2015 ci riescono e dopo due anni di indagini per i familiari delle persone morte in modo atroce sulla nave, emerge una verità inaccettabile, quella sui mancati soccorsi. La commissione ha infatti dimostrato in maniera inconfutabile che la maggior parte delle vittime non sono morte nei primi 30 minuti dall’incidente, come sempre affermato da chi avrebbe dovuto coordinare i soccorsi, ma alcuni passeggeri sopravvissero per oltre 8 ore. Patrizia Campus è la vedova di Alessandro Vacca un medico 37enne cagliaritano che stava tornando da un viaggio di lavoro.
Lei all’epoca aveva 32 anni e con Alessandro avevano un bambino di 7 anni. «Io fui avvisata solo la mattina dopo la tragedia» racconta la donna, «infatti dopo aver accompagnato il bambino a scuola sono andata come sempre a lavoro e lì mi ha raggiunto la protezione civile per comunicarmi dell’accaduto». Patrizia fa fatica a contenere la rabbia perché il pensiero che suo marito e gli altri potevano essere salvati, e la consapevolezza che nessuno sta pagando per questo, e un boccone troppo amaro da mandar giù. «Mio marito è stato trovato in una zona diversa da quella in cui stava la maggior parte dei passeggeri», ricorda Patrizia, «probabilmente si era spostato per soccorrere qualcuno, visto che era medico. Non posso sapere con certezza quanto sia potuto sopravvivere, ma so che ha trovato una morte orrenda. Ho potuto riconoscerlo solo dai denti e pensare che nessuno ha voluto tentare di soccorrerlo, e che per 27 anni mi hanno fatto credere che fosse morto subito, mi riempie di rabbia». Che i passeggeri e l’equipaggio non possono essere morti tutti in appena trenta minuti, non solo è dimostrato da moltissimi elementi, frutto di studi operati dai maggiori esperti italiani, ma ci sono due fatti che sono stati scandalosamente ignorati per tutto questo tempo. La testimonianza dell’unico sopravvissuto, il mozzo Alessio Bertrand che nel momento del salvataggio implorava di mandare i soccorsi sulla nave perché c’erano persone ancora vive e il video girato la mattina dopo l’incidente da un elicottero dei Vigili del Fuoco che inquadra una persona che esce sul ponte per chiedere aiuto e dopo pochi secondi perde i sensi per le temperature eccessive. Verrà trovata completamente carbonizzata. Luciano Uras vice presidente della commissione ha spiegato che proprio i mancati soccorsi sono stati il punto di partenza dell’indagine, erano palesi le prove a sostegno delle gravi inadempienze. Ora i parenti delle vittime guidati da Luchino Chessa chiedono che si apra un nuovo processo sulla base dei risultati della commissione che ha inviato la relazione alla magistratura. Patrizia ha raccontato che dopo qualche anno dalla scomparsa del marito, ha perso il lavoro, il marito era troppo giovane per aver maturato una pensione di reversibilità e le istituzioni l’hanno lasciata sola. «Certo la maggior parte dei reati che sono stati commessi ormai sono prescritti», conclude la vedova di Alessandro Vacca, «ma non ci arrendiamo, lo dobbiamo ai nostri familiari per rendere loro giustizia, e io lo devo a mio figlio che ha problemi di salute e devo garantirgli un futuro, ha diritto a un risarcimento degno di questo nome». Rimane non prescritto il reato di strage e se è vero che devono essere i magistrati a stabilire se sia stato commesso o meno, guardando il bellissimo documentario di Paolo Mastino “Buonasera Moby Prince” trasmesso ieri sera prima del dibattito, non sembrano esserci molti dubbi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA