Al via a Cagliari la raccolta differenziata porta a porta: ecco tutto quello che c’è da sapere
I contenitori sono stati consegnati a dicembre e i cagliaritani si preparano a una svolta storica nella raccolta differenziata. Presto partirà infatti la raccolta porta a porta. Il Comune di Cagliari ha organizzato degli incontri per spiegare ai cittadini come si svolgerà la raccolta nella nuova modalità.
La raccolta differenziata si svolgerà con cadenza giornaliera e le zone di residenza saranno divise in gruppi. Nelle prossime settimane sarà distribuito anche il calendario che spiegherà quali rifiuti saranno prelevati ogni giorno. I contenitori saranno blu per la plastica, verde per vetro latta e lattine, giallo per carta e cartone, marrone per l’ umido organico e bianco per il secco indifferenziato.
È disponibile sul sito del comune di Cagliari la guida al corretto conferimento dei rifiuti.
L'”ecobolario”, una sorta di guida alla raccolta differenziata realizzata dal Comune, spiega passo per passo quali sono i giusti accorgimenti per la buona riuscita della raccolta differenziata: basterà cercare il nome del rifiuto da conferire e accanto si troverà il simbolo descrittivo (umido organico, carta, plastica, vetro e metalli, secco indifferenziato) e quindi il contenitore da utilizzare.
Per quanto riguarda il servizio di ritiro di oggetti ingombranti è attivo il numero verde gratuito (800.533.122) tramite il quale è possibile prenotare un appuntamento.
Sono state inoltre attivate tre isole ecologiche mobili (via Newton, parcheggi via Puglia, parcheggio Cuore), e un nuovo servizio online con sito internet e annessa app, per essere sempre aggiornati in tempo reale sul servizio.
I contenitori sono muniti di chiusura anti-randagismo, codici in BRAILLE per non vedenti e un chip di riconoscimento che servirà come sistema elettronico di identificazione. Il microchip in un futuro servirà all’attivazione del nuovo meccanismo di pagamento della Tari, non più in base al numero dei componenti del nucleo familiare che abitano nell’abitazione o i metri quadrati, ma in base consumo effettivo di rifiuti.
Lo sapevate? Un tempo le mamme per punire i propri figli usavano sa zirogna
Un tempo, nelle case sarde, le mamme avevano un metodo educativo che oggi farebbe accapponare la pelle ai pedagoghi moderni: sa zirogna.
Lo sapevate? Un tempo le mamme per punire i propri figli usavano sa zirogna.
Un tempo, nelle case sarde, le mamme avevano un metodo educativo che oggi farebbe accapponare la pelle ai pedagoghi moderni: sa zirogna.
Non stiamo parlando di un sofisticato strumento di disciplina psicologica, ma del nerbo del bue essiccato, un oggetto tanto semplice quanto efficace, che troneggiava appeso dietro la porta della cucina, sempre pronto all’uso. Sa zirogna era il perfetto alleato delle mamme di una volta, quelle che non conoscevano S.O.S. Tata ma erano campionesse indiscusse di S.O.S. Zirogna. Bastava una frase, pronunciata con tono solenne e minaccioso: “La chi pigu sa zirogna”. A quel punto, anche il figlio più ribelle sbiancava e tornava improvvisamente il ritratto dell’ubbidienza.
Ma non pensate che tutti i figli temessero sa zirogna allo stesso modo. Certi ragazzi, abituati alle famigerate “susse”, avevano ormai sviluppato una resistenza naturale. Per loro, la minaccia era solo il preludio a una punizione più concreta, che si traduceva nella temutissima “passara ‘e corpusu”. E qui entra in gioco l’efficacia fisica di sa zirogna: il nerbo del bue, se usato con decisione, garantiva un’esperienza educativa tanto breve quanto memorabile. Le mamme lo sapevano bene e non si facevano pregare, dispensando la loro pedagogia con generosità e precisione, accompagnata da un immancabile “surrixeddasa!”.
Ovviamente, sa zirogna non era solo uno strumento di punizione, ma anche un monito silenzioso, un oggetto carico di autorità che parlava senza bisogno di parole. Oggi, nelle case moderne, sa zirogna è sparita, sostituita da metodi più morbidi e meno traumatici. Eppure, per chi ha superato le cinquanta primavere, quel semplice nome evoca ricordi intensi e forse un po’ di pelle d’oca. Perché sa zirogna non era solo un oggetto, ma un simbolo di un tempo in cui l’educazione passava anche attraverso il timore reverenziale verso un nerbo di bue appeso alla parete.
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