G7 trasporti: auto elettriche e mobilità sostenibile, le nuove frontiere dei trasporti in Sardegna
L’innovazione tecnologica e le buone pratiche nell’ambito dei trasporti e della mobilità urbana ed extraurbana: questo è stato il tema su cui è incentrato l’evento “Nice to meet you G7”, che apre i lavori del vertice dei ministri dei trasporti dei
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L’innovazione tecnologica e le buone pratiche nell’ambito dei trasporti e della mobilità urbana ed extraurbana: questo è stato il tema su cui è incentrato l’evento “Nice to meet you G7”, che apre i lavori del vertice dei ministri dei trasporti dei sette paesi più industrializzati che si svolgerà il 21 e il 22 giugno all’ex Manifattura Tabacchi di Cagliari.
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Come si chiama il “Natale” in sardo?

Il Natale in quasi tutti i paesi del Mondo, soprattutto quelli con tradizione religiosa cristiana è sempre stato un momento unico, da celebrare in famiglia, con i regali e grandi cene e pranzi rituali. Ma sapete come si dice Natale in sardo campidanese?
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Come si chiama il “Natale” in sardo?
Il Natale in quasi tutti i paesi del Mondo, soprattutto quelli con tradizione religiosa cristiana è sempre stato un momento unico, da celebrare in famiglia, con i regali e grandi cene e pranzi rituali. Ma sapete come si dice Natale in sardo campidanese?
Il Natale, in quasi tutti i paesi del Mondo, soprattutto quelli con una profonda tradizione religiosa cristiana, è sempre stato un momento unico, da celebrare in famiglia, con lo scambio di regali e grandi cene e pranzi rituali. Questo periodo magico risveglia in ognuno di noi ricordi d’infanzia, profumi di dolci fatti in casa e il calore degli affetti familiari. Ma, al di là del sentire universale della festa, avete mai pensato a come questa celebrazione possa assumere sfumature linguistiche uniche in diversi angoli del pianeta? Ebbene, la Sardegna, isola custode di antiche tradizioni e lingue millenarie, riserva una sorpresa linguistica che, per i non isolani, è destinata a sollevare più di un sopracciglio: sapere come si dice Natale in sardo campidanese è, infatti, una vera e propria immersione nella cultura isolana.
Immaginate di trovarvi in un pittoresco paesino del Campidano, la vasta e fertile pianura del sud Sardegna, proprio nel bel mezzo del periodo natalizio. Mentre ci si aspetterebbe di sentire auguri che suonano in modo familiare, ecco che un anziano signore dal viso segnato dal sole vi sorprende con un caloroso Bona pasca!. A quel punto la domanda sorge spontanea: pasca? Ma non siamo a Natale? Ebbene sì, perché in sardo campidanese, il dialetto parlato in questa zona dell’isola, la parola pasca non si riferisce solo alla Pasqua di Resurrezione come si potrebbe pensare, ma viene utilizzata come termine jolly per indicare diverse festività importanti, Natale compreso. È come se i sardi avessero creato una sorta di parola passe-partout che apre le porte alla gioia festiva in ogni stagione per tutte le grandi celebrazioni religiose. Così, il Natale diventa Pasca de Natali o, in una versione ancora più tenera e familiare che esprime quasi l’affetto e il calore della lingua stessa, Paschixedda.
Questa peculiarità linguistica non si limita soltanto al nome del Natale. L’Epifania, il giorno in cui la tradizione vuole che i Re Magi visitino Gesù bambino, diventa Pasca de is tres Res, letteralmente Pasqua dei tre Re. La Pasqua di Resurrezione, per non creare confusione, si distingue come Pasca Manna, la Pasqua Grande, mentre la Pentecoste si trasforma in Pasca de Spiritu Santu. È come se il calendario festivo sardo fosse un grande albero, con diverse pasche appese come palline colorate, ognuna con il suo significato speciale. Questa sovrapposizione influenza anche i modi di dire e le espressioni quotidiane: per augurare buone feste a qualcuno, sia che sia Natale o Pasqua, Donai bonas pascas è la frase che fa per voi. E persino dicembre, il mese natalizio per eccellenza, ecco che diventa su mesi ‘e Paschixedda, il mese della piccola Pasqua, come se Natale fosse un fratellino minore della Pasqua, non meno importante ma forse un po’ più coccolato e intimo.
Questa fusione di concetti nelle parole pasca e paschixedda non è una semplice curiosità filologica, ma ci offre uno spaccato affascinante sulla mentalità e la cultura dell’Isola, riflettendo forse un’antica visione ciclica del tempo, dove le grandi feste religiose erano viste come momenti di rinascita e rinnovamento, indipendentemente dalla stagione in cui cadevano. O forse è un retaggio di tempi in cui la Pasqua, celebrazione della resurrezione, era considerata la festa più importante del calendario cristiano, tanto da prestare il suo nome alle altre celebrazioni. Qualunque sia l’origine, questa particolarità linguistica aggiunge un tocco di magia e unicità al già ricchissimo panorama culturale sardo. Immaginate la scena: le strade illuminate dalle decorazioni natalizie, l’odore di mandarini e torroni che riempie l’aria, e ovunque l’eco di auguri di Bona pasca!. È come se la Sardegna avesse trovato un modo tutto suo per fondere la gioia primaverile della Pasqua con il calore invernale del Natale, creando una celebrazione linguistica che abbraccia tutte le stagioni e ci ricorda quanto le lingue possano essere finestre aperte sulle culture, rivelando modi unici di vedere e interpretare il mondo. Nel caso del sardo campidanese, ci mostra una visione delle feste dove la gioia e la celebrazione trascendono le definizioni rigide del calendario, creando un continuum festivo che lega insieme i momenti più significativi dell’anno. La prossima volta che vi troverete in Sardegna durante il periodo natalizio, dunque, non siate sorpresi se vi ritroverete a scambiare auguri di pasca: entrate nello spirito dell’Isola e lasciatevi avvolgere da questa lingua antica e ricca di sfumature, perché in fondo, che sia Natale o Pasqua, l’importante è celebrare insieme, con il calore e la generosità che solo le feste sanno portare.
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