Lo sapevate? L’Italia è il Paese con più vitigni autoctoni. Sono quasi la metà quelli presenti in tutto il mondo

Il Belpaese detiene un record mondiale in fatto di vini: quasi la metà dei vitigni esistenti oggi nel globo sono italiani. Su un totale di oltre 1300, sono più di 600 quelli ottenuti all'interno dei confini italiani.
“Vorrei un calice di vino”: quando ci troviamo al bar, in enoteca o in ristorante capita spesso di sentire questa richiesta ai camerieri. Ma che significa “un calice di vino”? La risposta al quesito varia molto a seconda del Paese in cui ci troviamo. Questo perché i vini sono tantissimi e in alcune nazioni le tipologie sono innumerevoli.
Per capire l’importanza dei vitigni autoctoni nella produzione vitivinicola italiana ci siamo fatti aiutare dall’esperto e produttore di vini Jean-Paul Tréguer, che insieme alla moglie Isabelle si è trasferito dalla Francia in Italia (a Villasimius, Sardegna) per produrre il suo vino rosato fermo.
Ma cosa significa “vitigno autoctono”? La parola autoctono deriva dal greco e significa “della sua stessa terra”. Ciò vuol dire che un vitigno autoctono possiede uno stretto legame con la sua terra di origine e viene utilizzato per produrre vino nella zona geografica di cui è originario. Quindi il vitigno del Cannonau e del Bovale, per esempio, sono originari della Sardegna e più nello specifico di alcune aree dell’Isola. Sono più di 20 i vitigni sardi autoctoni registrati. Questi i più celebri: Cannonau, Vermentino, Carignano, Monica, Cagnulari, Torbato, Semidano, Malvasia, Nasco, Moscato, Vernaccia, Muristellu, Bovale, Caricagiola, Nuragus.
Più in generale, se ci troviamo in Italia, il ventaglio di possibili calici da degustare sarà enorme. Il Belpaese detiene infatti un record mondiale in fatto di vini: quasi la metà dei vitigni esistenti oggi nel globo sono italiani. Su un totale di oltre 1300, sono più di 600 quelli ottenuti all’interno dei confini italiani. La Francia – che pur conserva una grande varietà di coltivazione – annovera “solo” 210 vitigni autoctoni.
Questo è stato possibile grazie alla biodiversità di cui si è fatto portatore il Paese del Tricolore. Nella classifica redatta dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino sulla biodiversità dei vitigni coltivati l’Italia stacca nettamente i due principali competitor. Per intenderci mentre in Francia e in Spagna 10-15 vitigni coprono il 75% della produzione nazionale, in Italia questa percentuale è assicurata da ben 80 tipologie di vitigno. Questo dato fa capire la grande cura e l’attenzione per la conservazione delle piccole varietà di vite di cui si è resa protagonista l’Italia.
Se andiamo a vedere i vitigni italiani con maggiore diffusione ci troviamo davanti a una situazione comunque molto equilibrata: il Sangiovese, diffuso in quasi tutta l’Italia centrale, rappresenta l’8% della produzione nazionale, le altre tipologie più note tra cui Montepulciano e Pinot Grigio non superano il 4%. In Francia i vitigni più coltivati sono decisamente più presenti con il Merlot al 15% e Grenache e Ugni Blanc al 10%. In Spagna troviamo una situazione di vitigni super-dominanti: le varietà Airen e Tempranillo sono rispettivamente al 22% e 21%.
Non è un caso che tra i vitigni più diffusi al mondo non ci siano quelli italiani, orientati più a una produzione di qualità che a una di quantità. La varietà con maggiore estensione è la “Kyoho”, uva da tavola che occupa 365.000 ettari nel mondo, Cina soprattutto. Il Cabernet-Sauvignon è il vitigno da vino numero uno del pianeta: 340.000 ettari totali.
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