Articolo di Maria Lidia Contu

Abbellire e mantenere bello il proprio paese è espressione di cultura e di civiltà, ma per renderlo più vivibile ed esteticamente migliore occorre la collaborazione di tutti.

Per questo motivo a Jerzu è stato creato il Comitato di valorizzazione del centro storico di Jerzu, un’associazione spontanea che vuole suscitare la formazione di una sensibilità per il decoro urbano ed entrare nell’ottica di una collaborazione reciproca con il Comune di cui sono referenti Anna Maria Cerina e Gisella Contu.

Il primo passo in tal senso è stato compiuto con il concorso “Arte e decoro urbano – Lo scorcio più bello”,  un’iniziativa che ha preso avvio lo scorso mese di marzo e, dopo mesi di intenso lavoro attraverso le vie storiche del paese, ha visto la premiazione delle sue opere migliori. Il concorso è stato diviso in tre sezioni, tenendo conto di diversi criteri di valutazione previsti dal regolamento. Il primo riconoscimento è stato attribuito per la cura del verde dando importanza alle varie specie floreali e arboree presenti, della creatività nell’accostamento degli elementi, della cura e del mantenimento del verde e del modo con cui esso viene utilizzato per la valorizzazione del contesto.

Gli jerzesi, come ha sottolineato uno dei membri del comitato di valutazione, hanno una grande passione per il verde e ciò è ammirevole considerando gli spazi ridotti come le antiche vie del centro storico o i sensi unici. Vivere in piccoli spazi come quelli del centro storico non è facile, ha sottolineato una delle vincitrici del concorso, ed è quindi meritorio attribuire un riconoscimento a chi dimostra volontà nel voler migliorare sia il proprio contesto che tutto il paese.

Il secondo riconoscimento è stato attribuito per la cura della facciata: sono stati mostrati edifici nuovi e ristrutturati curati con armonia e stile e con dovizia di particolari. Infine, il terzo riconoscimento è spettato allo scorcio più bello: agli antichi portici,  alle vecchie case storiche, pur ridotte a ruderi ma abbellite dai primi nuclei nascenti dei comitati di quartiere.  A tal proposito sono intervenuti il sindaco Carlo Lai e l’assessore alla cultura Fabrizio Contu. Il sindaco ha parlato del Piano particolareggiato, frutto di anni di intenso lavoro, e ha sottolineato quanto l’amministrazione comunale sia sensibile a questi temi incoraggiando nel contempo iniziative meritorie come quella del Comitato di rivalutazione del centro storico di Jerzu. Il sindaco ha anche sottolineato anche che è fondamentale entrare nell’ottica del rispetto delle regole per una collaborazione reciproca tra cittadini e Comune.

Infine, come previsto in campagna elettorale, Fabrizio Contu ha parlato della nomina dei rappresentanti di quartiere che avverrà mercoledì. Sono stati individuati 12 rioni che avranno rispettivamente un rappresentante ciascuno, eletto tramite candidatura spontanea. Egli dovrà collaborare con il comune e incentivare la comunità per le feste paesane e per gli eventi estivi.

Racconta una popolare leggenda gallurese che i sorsensi siano tutti matti. O meglio, nell’Isola si dice che “Sossù, Calangianus e Lodè sono macchi tutti e tre“. E, secondo un mito dal retrogusto obelixiano, a causare la pazzia sarebbe stata l’acqua della celeberrima fontana della Billellera.

Ma facciamo un passo indietro. Ancora oggi, nella cittadina sorsense, è possibile vedere l’oramai simbolica fontana, fatta costruire nel Seicento dal barone Deliperi a imitazione di quella del Rosello di Sassari. Due sono in realtà le versioni del mito, parzialmente discordanti ma entrambe convergenti sugli effetti fantastici dell’acqua della Billellera.

La prima racconta che gli abitanti di Sorso, invidiosi per la bellezza dell’omologa fontana realizzata nella vicina città di Sassari, avrebbero tentato la folle impresa di trascinarla nella propria cittadina legandola con alcune robuste corde. Sarebbero stati i sassaresi, per questo motivo, ad additarli come maccus, adducendo la loro pazzia all’acqua della Billellera. La seconda versione legherebbe invece il proverbiale motto alla esagerata sontuosità della fontana sorsense, ritenuta follemente elegante per un paese tanto modesto. Il giudizio si sarebbe così diffuso fra le comunità vicine, diventando oggi noto in tutta l’Isola.

Come spesso accade anche le vicende che ruotano attorno alla leggendaria fontana avrebbero un fondo di verità storica. Come racconta Enrico Costa, infatti, alla base dell’intera questione sarebbe stato un accordo economico andato a male fra la città di Sorso e la vicina Sassari. Le due avrebbero infatti avuto, inizialmente, un’intesa in merito all’uso condiviso della fontana del Rosello, infranta in un secondo momento dai sassaresi, che avrebbero accampato pretese di esclusività sulla stessa.

A seguito di lunghe lotte, combattute dalle due comunità senza esclusione di colpi, i sorsinchi si sarebbero rassegnati alla necessità di costruire una seconda fontana. Sarebbe nata così la fontana della Billellera, dalla quale – secondo il racconto fantastico diffuso dai sorsensi per ripicca – non sarebbe sgorgata acqua bensì ottimo vino. Una storia peraltro decisamente credibile, e certamente collegabile al vino notoriamente eccellente prodotto nella cittadina turritana.