Lo sapevate? Alcuni degli obelischi romani presentano geroglifici che non hanno senso

Roma è la città che ha il maggior numero di obelischi al mondo. Questi monumenti, in gran parte di origine egizia, furono trasportati nella capitale dell'Impero romano a partire dall'epoca di Augusto (in quel periodo l’Egitto cadde sotto il controllo romano), altri furono ricreati a Roma ad imitazione di quelli egiziani. Alcuni di questi presentano dei geroglifici che in realtà non hanno nessun significato. Scopriamo insieme perché.
Lo sapevate? Alcuni degli obelischi romani presentano geroglifici che non hanno senso.
Roma detiene il primato mondiale per il numero di obelischi presenti sul suo territorio, un record che affonda le radici nella lunga e complessa relazione tra l’Impero Romano e l’antica civiltà egizia. Questi imponenti monoliti, simboli di potere e grandiosità, giunsero nella capitale a partire dall’epoca di Augusto, periodo in cui l’Egitto divenne una provincia romana dopo la sconfitta di Cleopatra e Marco Antonio ad Azio. L’ossessione dei Romani per gli obelischi non si limitò al semplice trasporto di quelli originali dalle terre del Nilo, ma si estese anche alla loro riproduzione diretta, con la creazione di copie realizzate localmente per adornare piazze, templi e circhi. Il fascino per questi monumenti risiedeva nel loro significato mistico e solenne, un’eredità dell’antica religione egizia che i Romani reinterpretarono a proprio uso e consumo. Un aspetto curioso riguarda la presenza di geroglifici incisi su alcuni obelischi: in alcuni casi, infatti, si tratta di segni privi di significato, scolpiti più per ragioni estetiche che per volontà di trasmettere un messaggio. Questo accadde soprattutto con le riproduzioni romane, dove artigiani e scalpellini, non conoscendo il reale significato dei caratteri egizi, si limitarono a copiare le forme senza comprendere il contenuto. Il risultato? Un’arte decorativa che, pur evocando il fascino dell’antico Egitto, nasconde una particolarità inaspettata: simboli enigmatici che in realtà non raccontano nulla.
Durante il periodo dei faraoni, in Egitto gli obelischi erano considerati simboli solari, e venivano collocati davanti alle entrate dei templi. A Roma, le gigantesche steli di basalto o di granito acquistano un significato simbolico: sono bottino di guerra, testimonianza della forza imperiale, e poi papale.
Portati via dall’Egitto, come nuove sedi si scelsero punti strategici della città, spesso allestiti in nuovi assetti urbanistici.
Roma possedeva anche un obelisco axumita, non egizio, l’obelisco di Axum, che è stato restituito all’Etiopia nel 2005. In Egitto furono realizzati anche obelischi in epoca romana: il monolite restava privo di iscrizioni, oppure vi venivano copiati, con errori e fraintendimenti, i geroglifici dai modelli dell’epoca faraonica. Gli obelischi egiziani utilizzati in epoca imperiale furono nuovamente rialzati nella Roma papale, a partire da papa Sisto V.
Sisto V utilizzò programmaticamente il riposizionamento di obelischi antichi come segnale di potenza della Chiesa e del suo papato. Al suo architetto Domenico Fontana fu affidato anche la risistemazione di tutti gli obelischi.
L’Obelisco Agonale (piazza Navona) fa parte della Fontana dei Quattro Fiumi ed è alto 16,53 metri. Realizzato all’epoca dell’imperatore Domiziano imitando i modelli egiziani e copiandone (spesso a sproposito i geroglifici), fu collocato ad Albano; nel 311 Massenzio lo fece spostare nel circo della villa omonima sulla via Appia antica. Nel 1651 papa Innocenzo X lo fece recuperare e l’architetto Gian Lorenzo Bernini lo innalzò al centro di piazza Navona.
L’Obelisco Sallustiano (piazza Trinità dei Monti) è alto 13,91 metri, fu realizzato in epoca romana, copiando geroglifici dei faraoni Seti I e Ramesse II; decorava gli Horti Sallustiani. Donato nel 1783 al papa Clemente XII dai Ludovisi, fu poi eretto davanti alla chiesa della Trinità dei Monti, in cima alla scalinata che sale da piazza di Spagna (1789).

Obelisco a Roma

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