I poeti del trullo: da una scritta sul muro, la Roma degli inguaribili romantici

Sono in 7, come i giorni della settimana, i peccati capitali, i sacramenti, i sette colli di Roma e i suoi Re. Sono i nuovi poeti urbani delle scritte sui muri della città.
Passeggio per Trastevere ed inciampo in una scritta sul muro: “mai vergognasse de esprime un sentimento”. Sono i versi dei poeti del Trullo. Loro sono in sette, come i giorni della settimana, i peccati capitali, i sacramenti, i sette colli di Roma e i suoi Re. Non hanno nomi d’arte ma soprannomi pasoliniani che li mantengono anonimi per policy creativa, quasi etica: sono Inumi laconico, Er Bestia, Er Quercia, Marta der terzo lotto, Sara G, Er Farco.
E penso tra me e me che quella proposta di matrimonio, non andava proprio fatta. Eppure mi ero ispirata alla goliardia capitolina prima di scrivergli su messenger.
“io te sposerei quanno te pare. Pè fatte sta’ sicuro separazione de’ beni, ma stesso accordo de’ Jlo: almeno 4 vorte a settimana e non me devi gnente se voi divorzià. Quer giorno a Testaccio avrei voluto non te ne fossi mai annato via, te sei portato via er core mio. Te prometto che num m’accollo, che cucino da dio e… quante me ne devo inventà pe’ ditte in tutte le lingue der monno che te amo non lo so”.
Mi chiedo se ai poeti del trullo sarebbero piaciuti questi versi. L
Dal loro sito leggo: “Ci siamo tutti. Siamo un coro. Uniamo e alterniamo le nostre voci con lo scopo di comunicare, spaziare, espanderci .Decidiamo di essere anonimi perché liberi di svelarci davvero, svincolati dall’immagine e dai nomi propri.”
E mentre continuo a dannarmi pensando di non aver fatto bene a dichiararmi, la risposta mi arriva leggendo dal loro sito una loro poesia:
“Si vòi corpi’ davero ‘na persona
Si ce tieni e ce pensi pe’ davero
Nun te fa’ problemi né domanda arcuna
Cerca de nun vede’ mai tutto nero
Essi gentile, bòno, puro ‘n po’ sfacciato
Nun vergognatte de esse come sei
Daje fiori, rose e cioccolato
Faje sembra’ che esista solo lei
Falla ride, scherza e pijala ‘n giro
Ogni tanto faje pure ‘na scafetta
Vestite giusto, nun te mette ‘n tiro
Fai le cose carmo e senza fretta
Si vai a rilento, però, e ce pensi troppo
Se perde tanto tempo, è questo er brutto
E quanno che te capita ‘n intoppo
Tiri er freno a mano e molli tutto
Nun ce dormi’, dà retta ar còre
La devi fa senti’ importante!
Daje ‘n bacio, ‘na carezza e ‘n fiore
Lei è lei, nun è una delle tante
Pensa soprattutto ar bene suo
Damme retta: svejate! Essi scartro!
Che quello che ‘n giorno pare tuo
Er giorno dopo è già de quarcun artro.”
I poeti del Trullo un movimento poetico che parte dal basso, dal quartiere, dalle persone. Si
ispirano al Romanticismo, sposando l’esaltazione dei sentimenti. Seguitissimi su web, la loro è una diffusione capillare che parte dal tessuto urbano per poi approdare sulla rete.
Prendo coraggio e mi collego su Facebook per andare a leggere la risposta alla mia proposta di matrimonio un po’ bislacca:
“Ahahah mo non posso risponde che sto a lavorà ma ritengo che questo messaggio sia influenzato dall’alcool”.
E niente, a Roma si dice che “quando dici la verità non te crede nessuno”.

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