Roma, il Ponte di Ferro: un monumento d’acciaio tra memoria e rinascita

È impossibile parlare di Roma senza evocare i suoi ponti, ma ce n’è uno che più di altri ha saputo intrecciare storia e attualità, passato e presente, tragedia e rinascita. È il Ponte dell’Industria, che per tutti i romani è semplicemente e affettuosamente “il Ponte di Ferro”. Uno dei più iconici attraversamenti del Tevere, non solo per l’eleganza della sua architettura in ghisa e ferro, ma per ciò che rappresenta: un simbolo della trasformazione urbana, industriale e culturale della Capitale.
Roma, il Ponte di Ferro: un monumento d’acciaio tra memoria e rinascita.
È impossibile parlare di Roma senza evocare i suoi ponti, ma ce n’è uno che più di altri ha saputo intrecciare storia e attualità, passato e presente, tragedia e rinascita. È il Ponte dell’Industria, che per tutti i romani è semplicemente e affettuosamente “il Ponte di Ferro”. Uno dei più iconici attraversamenti del Tevere, non solo per l’eleganza della sua architettura in ghisa e ferro, ma per ciò che rappresenta: un simbolo della trasformazione urbana, industriale e culturale della Capitale.
Dalla notte tra il 2 e il 3 ottobre 2021, quando un violento incendio ne ha compromesso la stabilità, il Ponte di Ferro ha vissuto mesi di silenzio forzato, diventando pericolante e impraticabile. Ma prima di quell’evento drammatico, era parte integrante del tessuto urbano, collegando da decenni i quartieri Ostiense, Marconi e Portuense, attraversato ogni giorno da auto, pedoni, ciclisti, e anche da cineprese. Sì, perché il Ponte di Ferro ha fatto da scenografia a film che sono rimasti nella memoria collettiva del Paese: nel 1956 ospitò “La banda degli onesti” e “Il ferroviere”, opere intramontabili che lo hanno consacrato come set naturale del cinema italiano.
Ma la sua storia comincia molto prima. Correva l’anno 1863 quando, su volontà di Papa Pio IX — Giovanni Maria Mastai Ferretti — venne inaugurato per collegare la linea ferroviaria Civitavecchia-Roma con la nuova stazione Termini. Un ponte ferroviario all’avanguardia, figlio di un’epoca che guardava con decisione alla modernità. Due anni prima, nel 1861, era stato proclamato a Torino il Regno d’Italia e, mentre il potere temporale della Chiesa si avviava al tramonto, Roma si preparava a entrare in una nuova stagione storica. La costruzione fu affidata a una ditta belga, ma i suoi componenti vennero realizzati in Inghilterra, smontati in blocchi, spediti e poi rimontati a Roma: una tecnica che, incredibilmente, è tornata utile anche nei recenti restauri.
Il ponte venne progettato con arcate in ghisa e ferro appoggiate su piloni costituiti da tubi riempiti di calcestruzzo. Aveva anche un binario centrale basculante, che si sollevava per consentire il passaggio dei piroscafi e dei bastimenti diretti al porto fluviale di Ripa Grande. Un’opera ingegneristica di assoluta avanguardia per l’epoca, che però con l’inizio del Novecento andò incontro a modifiche. La crescente intensità del traffico ferroviario indusse a pensare prima a un ampliamento e poi a una sostituzione delle arcate. Nel 1911, con l’apertura della nuova stazione di Trastevere, la funzione ferroviaria fu trasferita al ponte San Paolo, in muratura, costruito poco più a monte. Da allora, il Ponte di Ferro divenne esclusivamente carrabile e pedonale, con i suoi 131 metri di lunghezza e appena 7 di larghezza.
Sotto lo sguardo severo del Gazometro, ha osservato il passare del tempo, il mutare del paesaggio urbano, l’espandersi dei quartieri, l’arrivo dell’industria e poi del post-industriale. Ha visto Roma cambiare pelle, ed è diventato parte della sua identità. Ed è proprio questo stretto legame con la città a rendere il restauro, avviato nel luglio 2023, qualcosa di più di un semplice intervento strutturale. Anas, società del gruppo FS Italiane, ha portato avanti un lavoro imponente, con l’obiettivo di restituire il ponte alla città, migliorandone la percorribilità, ma rispettandone l’anima architettonica.
Per farlo, si è tornati alla tecnica originaria: lo smontaggio in blocchi. L’intervento è stato coadiuvato da una gru da 600 tonnellate e dalla moderna tecnica del “jet grouting”, una speciale iniezione di materiale consolidante dal basso verso l’alto che ha permesso di rinforzare il terreno senza alterare l’equilibrio del fiume. Le travi storiche, dopo essere state posizionate sulle banchine, sono state restaurate con cura artigianale. I due arconi metallici laterali, simbolo visivo del ponte, verranno ripristinati nei prossimi mesi: non avranno più una funzione strutturale, ma resteranno a testimonianza della sua storica silhouette.
L’intervento, un’opera giubilare finanziata con 18 milioni di euro (13 dai fondi giubilari e 5 da Roma Capitale), ha reso possibile l’ampliamento delle corsie, oggi finalmente in grado di supportare un carico di 26 tonnellate, rispetto alle precedenti 3,5. Questo significa che ora possono transitare anche gli autobus: i primi a rientrare sono stati quelli delle linee 96 da Corviale e 780 dall’Eur. Inoltre, sono state introdotte due passerelle pedonali, una per lato, che garantiscono un passaggio sicuro anche ai ciclisti. Un ponte, quindi, che torna a essere non solo crocevia funzionale, ma anche luogo vissuto, attraversato, ammirato.
Il restauro ha anche evitato la chiusura definitiva prevista per il 2026, dovuta alla mancanza di adeguamenti antisismici e di sicurezza. Oggi, il Ponte dell’Industria è nuovamente al servizio della città. Ma non è più lo stesso: è rinato, rigenerato, pronto ad affrontare il futuro senza rinunciare alla memoria. Quando, entro l’anno, verranno reinstallate le celebri arcate restaurate, quel profilo tanto amato tornerà a farsi riconoscere in lontananza, fedele al disegno originale. E i romani, guardandolo, sapranno di poterlo ancora chiamare con il suo nome di sempre: Ponte di Ferro.

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