Filippo Chiappini, Er Poeta dell’Anima di Roma
Se pensiamo ai poeti romaneschi, tra i nomi che ci sovvengono subito alla mente sono Giuseppe Gioacchino Belli, Trilussa e Cesare Pascarella ma ne sono esistiti molti altri meno conosciuti che hanno contribuito a immortalare la bellezza e l'umanità di Roma attraverso il dialetto. Andiamo a conoscere Filippo Chiappini.
Filippo Chiappini, Er Poeta dell’Anima di Roma.
Se pensiamo ai poeti romaneschi, tra i nomi che ci sovvengono subito alla mente sono Giuseppe Gioacchino Belli, Trilussa e Cesare Pascarella ma ne sono esistiti molti altri meno conosciuti che hanno contribuito a immortalare la bellezza e l’umanità di Roma attraverso il dialetto. Andiamo a conoscere Filippo Chiappini.
Classe 1836, figlio di un barbiere che fu solito a scrivere “pasquinate” (satire in versi), non poteva che ereditare la sua ironia pungente e diventare a sua volta poeta.
Questo contemporaneamente alla laurea in medicina, che gli consentì dapprima di operare come medico e poi di insegnare scienze fisiche e matematiche, un lavoro considerato un porto sicuro parallelamente alla sua attività di scrittore.
Molto probabilmente avrebbe preferito intraprendere studi letterari e lo si evince dal rifiuto di un posto che gli fu offerto come decano all’ospedale Santo Spirito. È il biografo Gasparoni a darne la seguente motivazione: “il suo cuore sensibile non era atto a sopportare la visione delle sofferenze altrui”.
Le poesie di Filippo Chiappini non sono facili da reperire e la sua opera non è stata ampiamente pubblicata o ristampata. Tuttavia, i suoi versi sono conosciuti per la semplicità e il realismo con cui trattano la vita quotidiana della Roma ottocentesca.
Decidiamo quindi di approfondire la sua vita e scopriamo da diverse fonti, tra cui l’enciclopedia Treccani, un quotidiano semplice, fatto tra i vari aneddoti anche di partite a carte con gli amici nella farmacia Riccardi della famosa via della Scrofa (invitiamo anche a leggere un articolo di Vistanet sull’origine del nome di questa particolare via, ndr).
Chiappini era un convinto sostenitore e studioso di Giuseppe Gioacchino Belli, al quale si ispira nella sua opera, fu amico del Trilussa e collaborò con lo scrittore Luigi Morandi alla prima edizione quasi integrale dei “Sonetti belliani,” col ruolo di consulente linguistico per il romanesco.
Si distingue tuttavia per uno stile più intimista rispetto a Belli, trattando spesso temi quotidiani con una vena malinconica e riflessiva. Anche se non con lo stesso livello di sarcasmo o critica sociale esplicita, la sua poesia offre uno spaccato vivido delle vite semplici, degli amori, delle sofferenze e delle piccole gioie del popolo romano. Le sue opere riflettono una profonda empatia per la gente comune, rivelando la sua vicinanza alle esperienze ordinarie.
Per scrivere i suoi versi usava appartarsi nella camera che prese in subaffitto in via della Palombella, oppure girovaga per le strade della città alla ricerca di ispirazione e amava raccogliere aneddoti dal popolo, tra cui la biografia del burattinaio romano “Gaetanaccio” al secolo Gaetano Santangelo. Pubbicò duecento “Sonetti romaneschi” ispirati da situazioni quotidiane e le sue schede lessicali racchiuse nel “Vocabolario romanesco”, sono una guida interessante ancor oggi su modi di dire popolari.
Un’anima sensibile e solitaria, che scopriamo da una lapide della Chiesa S. Eustachio di Roma, dove fu sepolto nel 1905, vicino al drammaturgo e poeta Giovanni Giraud. A Roma esiste anche una via a lui dedicata nel quartiere Gianicolense.
Foto: Rita Chessa
© RIPRODUZIONE RISERVATA