Circo di Massenzio, dove sfrecciavano le bighe

Riproponiamo questo bell'articolo di Roma Capitale e andiamo alla scoperta degli angoli più o meno segreti della città. Nell’antica Roma una competizione sportiva infiammava gli animi. Era la corsa delle bighe che scatenava cori da stadio sugli spalti e riempiva le arene di migliaia di spettatori.
Circo di Massenzio, dove sfrecciavano le bighe.
Riproponiamo questo bell’articolo di Roma Capitale e andiamo alla scoperta degli angoli più o meno segreti della città. Nell’antica Roma una competizione sportiva infiammava gli animi. Era la corsa delle bighe che scatenava cori da stadio sugli spalti e riempiva le arene di migliaia di spettatori.
Le gare si svolgevano nei circhi e quello che ancora oggi rende meglio l’idea di come era fatta la struttura, si trova nella Villa di Massenzio sull’Appia Antica.
Recentemente il complesso archeologico nel Parco regionale dell’Appia Antica ha ripreso vita grazie anche alla nuova illuminazione artistica che l’ha resa fruibile nelle serate estive.
Nei sabato sera di agosto ed in altri giorni è possibile visitare la Villa di Massenzio grazie agli eventi promossi da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
Un’ottima occasione per immaginare le sfrenate corse dei carri ed il frastuono dei nostri antichi concittadini in una delle loro giornate di svago.
Seconda solo al Circo Massimo per dimensioni e capienza (520 metri di lunghezza per 62 di larghezza e la spina di 270 m circa) l’arena poteva ospitare fino a 10mila spettatori contro i circa 250/300mila del circo situato nel cuore di Roma.
Massenzio, che governò dal 306 al 312, la edificò nel 311 circa e non si ha certezza che la pista sia mai stata utilizzata poiché l’anno successivo l’imperatore perì nella battaglia di Ponte Milvio contro Costantino.
Con la sua morte l’intero complesso – che comprendeva anche un palazzo ed un mausoleo dedicato al figlioletto – finì in disuso. E questa è una delle ragioni per cui giunge a noi in buono stato di conservazione.
La spina centrale del circo di Massenzio – una struttura in laterizio attorno a cui giravano le bighe – era decorata con l’obelisco Agonale. Proveniente dal tempio di Iside a Campo Marzio oggi lo possiamo ammirare a piazza Navona, al centro della Fontana dei Fiumi dove il Bernini lo volle collocare a completamento del suo capolavoro.
Anche se non siamo certi che vi si sia mai tenuta una sfrenata, roboante corsa, sappiamo per certo che nel 1959 le bighe qui ci furono davvero. Proprio nel circo di Massenzio, infatti, furono girate alcune scene di Ben Hur il kolossal di William Wyler con Charlton Heston nei panni del protagonista.
Del circo di Massenzio giunge a noi ben definito il muro perimetrale che rende l’idea della forma e delle importanti dimensioni. Sono ancora oggi evidenti i carceres, le postazioni di partenza dei carri, la spina centrale che suddivideva l’arena in due corsie, la porta Triumphalis sul lato curvo e la porta Libitinensis al centro del lato lungo meridionale.
Ci vuole immaginazione per rivivere quell’quell’atmosfera infuocata con migliaia di romani che facevano un rumoroso tifo da stadio con urla e schiamazzi tanto che il poeta Giovenale si lamenta, in un suo scritto, dell’insopportabile baccano.
Le corse delle bighe appassionavano i romani che affollavano gli spalti attendendo con trepidazione di veder sventolare il panno bianco, il segnale che dava il via alla corsa. I carri trainati da due o quattro cavalli (bighe o quadrighe) partivano dai carceres compiendo 7 giri del circuito, intorno alla spina.
In piedi sul carro, gli aurighi guidavano con le redini avvolte attorno al corpo come una sorta di cintura di sicurezza.
Evitare di finire nella polvere, tra le ruote dei nemici non era facile. La competizione era crudele e senza regole. E per vincere gli aurighi ricorrevano ad ogni mezzo.
Le corse delle bighe erano un vero e proprio business. L’allestimento dei carri, l’allevamento dei cavalli e la loro cura davano vita ad un fiorente indotto fatto di allevatori, veterinari e sellai che ruotava attorno alle corse.
Per non parlare delle scommesse. Cicerone racconta che fuori dai circhi, era un proliferare di maghi ed astrologhi che – a pagamento – predicevano i nomi vincenti.
I cavalli erano i protagonisti indiscussi. Per queste competizioni i romani selezionavano le razze e allevavano cavalli da corsa.
I destrieri erano così famosi e riveriti che alcuni di loro venivano sepolti con dei cippi funerari in memoria. Le lapidi riportavano gare vinte, discendenza ed altre caratteristiche degli esemplari che si erano distinti nell’arena.
Con un po’ di fantasia, si possono udire i loro nitriti ed il tifo appassionato fin dalla via Appia, l’antica Regina Viarum recentemente riconosciuta Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura.

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