Lo sapevate? Nel 1972 un folle prese a martellate la Pietà di Michelangelo

Il 21 maggio 1972, giorno di Pentecoste, un geologo australiano trentaquattrenne di origini ungheresi di nome László Tóth, eludendo la sorveglianza, riuscì a colpire con un martello l'opera di Michelangelo per quindici volte, custodita nella basilica di San Pietro a Roma. Ecco che cosa accadde quel giorno, che cambiò per sempre i metodi di sorveglianza dei capolavori dell'arte.
Lo sapevate? Nel 1972 un folle prese a martellate la Pietà di Michelangelo.
Il 21 maggio 1972, una tranquilla domenica di Pentecoste, la Basilica di San Pietro a Roma fu teatro di un episodio che sconvolse il mondo dell’arte e segnò una svolta epocale nella protezione dei capolavori artistici. Un uomo di 34 anni, László Tóth, geologo australiano di origini ungheresi, riuscì a entrare inosservato nella maestosa chiesa, nascondendo un martello con cui avrebbe compiuto un gesto destinato a lasciare un segno indelebile nella storia.
Con movimenti rapidi e decisi, Tóth si avvicinò alla Pietà di Michelangelo, una delle opere più iconiche del Rinascimento italiano, ammirata ogni giorno da migliaia di visitatori. Senza preavviso, iniziò a colpire furiosamente la scultura marmorea, infierendo sull’armonia perfetta che il genio di Michelangelo aveva plasmato secoli prima. L’attacco durò pochi istanti, ma furono sufficienti per infliggere quindici colpi devastanti: il volto della Vergine Maria venne scheggiato, il marmo intaccato irrimediabilmente in più punti.
Il suono dei colpi riecheggiò nella basilica, lasciando i presenti attoniti. Le urla dei testimoni e l’intervento delle guardie misero fine all’assalto, ma non prima che il danno fosse fatto. Tóth fu immediatamente fermato e successivamente dichiarato infermo di mente, ma il suo gesto sollevò interrogativi che andavano ben oltre le sue motivazioni personali. Come era stato possibile che un capolavoro di tale importanza fosse così vulnerabile? Perché la sorveglianza non era stata sufficiente a prevenire un simile disastro?
Quell’atto di vandalismo sconvolse il mondo e costrinse musei, chiese e istituzioni culturali a ripensare completamente i sistemi di protezione delle opere d’arte. La Pietà, dopo un lungo e delicato processo di restauro, fu protetta da una teca di vetro antiproiettile, diventando simbolo non solo della grandezza di Michelangelo, ma anche della fragilità del patrimonio culturale.
Il gesto folle di Tóth, pur deprecabile, accese i riflettori sulla necessità di salvaguardare i tesori dell’umanità in un’epoca in cui il vandalismo e i furti stavano diventando sempre più frequenti. Quella mattina di maggio non segnò solo un attacco a un’opera d’arte, ma rappresentò anche un momento di risveglio per l’intera comunità internazionale, chiamata a riflettere sul valore inestimabile della bellezza e sulla responsabilità collettiva di preservarla per le generazioni future.

László Tóth
La Pietà subì dei danni molto seri, soprattutto sulla Vergine: i colpi di martello avevano staccato una cinquantina di frammenti, spaccando il braccio sinistro e frantumando il gomito, mentre sul volto il naso era stato quasi distrutto, come anche le palpebre. Il restauro venne avviato quasi subito, dopo una fase di studio, e fu effettuato riutilizzando per quanto possibile i frammenti originali, oltre che un impasto a base di colla e polvere di marmo. L’autore dello sfregio fu riconosciuto infermo di mente. Da allora la Pietà è protetta da una speciale parete di cristallo antiproiettile.
Il 22 luglio 1971 Tóth giunse in Italia, a Roma, dove trovò dapprima alloggio all’Ostello della gioventù nel Foro Italico e poi nel quartiere Gianicolense, presso il dormitorio delle suore spagnole. Durante l’estate 1971 si presentò a San Pietro, nella Città del Vaticano, chiedendo insistentemente di vedere l’allora Papa Paolo VI, affermando di essere Gesù Cristo in persona: in seguito a tale comportamento fu bloccato dalle autorità vaticane e rimpatriato in Australia, venendo schedato quale “persona indesiderabile”. Secondo l’articolo pubblicato da L’Unità, invece, Tóth rimase in Italia per 10 mesi prima di compiere il vandalismo.
László entrò nella Basilica di San Pietro nella mattinata del 21 maggio 1972 e, verso le ore 11.30, scavalcò d’un tratto la balaustra che separava la folla di visitatori dalla scultura della Pietà. Era vestito con una pesante giacca blu, tipo impermeabile, e una camicia rossa; alto e slanciato, portava i capelli lunghi e aveva una corta barbetta bionda. Toltosi la giacca per esser più libero nei movimenti, con un martello da geologo colpì dapprima il capo della Madonna e poi, più volte, il volto e le braccia, lasciando però integra la figura del Cristo. Nel far questo, gridò, in lingua italiana: “Cristo è risorto! Io sono il Cristo!”.

La Pietà colpita
Tóth venne poi fermato da un vigile, Marco Ottaggio, con l’ausilio di altri sorveglianti, e portato via, sottratto all’iraconda folla che intendeva percuoterlo. Interrogato in seguito, benché durante il vandalismo avesse proclamato frasi in italiano, dichiarò di non comprendere le domande che gli venivano rivolte, sostenendo di saper parlare solo l’inglese. Secondo altre fonti, invece, ripeté frasi sconnesse per tutti gli interrogatori, permanendo nella sua convinzione di essere il Cristo: giunse anche a dire “Che ci sta a fare questa statua qui? Cristo sono io e sono vivo, sono il Cristo reincarnato, distruggete tutti i suoi simulacri”. Nonostante l’atto, non fu incriminato, ma fu internato in manicomio per due anni. Successivamente venne rimpatriato in Australia. La Pietà fu restaurata a cura dei Gabinetti Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani.
La Pietà di San Pietro (o Vaticana), realizzata da Michelangelo Buonarroti quando aveva 20 anni, si trova oggi nella basilica di San Pietro in Vaticano, e fu scolpita tra il 1497 e il 1499. Si tratta di uno dei grandi capolavori dell’arte mondiale. La Pietà si trova oggi nella basilica di San Pietro in Vaticano, protetta da una speciale parete di cristallo antiproiettile. Si tratta dell’unica opera d’arte che riporta la firma dell’autore.

La Pietà
Durante il primo soggiorno romano di Michelangelo, dal 1496 al 1501, l’artista strinse un rapporto di amicizia e collaborazione col banchiere Jacopo Galli, che fece da intermediario e garante in diverse commissioni legate a un gruppo di cardinali. Una delle più prestigiose fu quella per la Pietà marmorea per il cardinale francese Jean de Bilhères, ambasciatore di Carlo VIII in Vaticano.
Nel 1497 Michelangelo ricevette un terzo dei cinquecento ducati pattuiti come anticipo per iniziare i lavori. Partì a Carrara per scegliere un pezzo di marmo di eccellente qualità. La statua fu pronta nel 1499 e destinata alla cappella di Santa Petronilla. L’opera destò subito grande ammirazione e Michelangelo la firmò solo in un secondo momento, quando sentì due uomini lodare la statua ma attribuirla allo scultore lombardo Cristoforo Solari.
Poco prima del 1517 l’opera venne trasferita nella sagrestia della basilica di San Pietro in Vaticano. La collocazione attuale, nella prima cappella a destra della navata della basilica, risale al 1749. Nel 1964 la Pietà venne prestata dalla Santa Sede alla New York World’s Fair 1964 (l’Esposizione universale di New York). Fu l’unica volta che venne spostata dalla basilica di San Pietro.

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