Intervista, la Coatta Vegana. Sui social una romana doc dell’etica antispecista

Dai modi veraci e spesso provocatori, “la Coatta Vegana” divulga su Instagram e TikTok il veganismo, informando in modo alternativo e dirompente il numeroso pubblico che la segue.
Intervista, la Coatta Vegana. Sui social una romana doc dell’etica antispecista.
Dai modi veraci e spesso provocatori, “la Coatta Vegana” divulga su Instagram e TikTok il veganismo, informando in modo alternativo e dirompente il numeroso pubblico che la segue.
“Saresti piaciuta sicuramente a Pasolini” le dico entusiasta alla fine del confronto: infatti nella sua personalità convergono caratteristiche che rompono i clichè. Un occhio poco attento non si aspetterebbe infatti che, da alcuni suoi video dallo spiccato accento romano e dalle interiezioni colorite, che è anche un’intellettuale, laureata in lettere ed insegnante di italiano.
“È il mio modo di comunicare rivendicando anche la mia provenienza dalle periferie”, ci confida.
Ho appreso grazie a te il concetto di ideologia “carnista”, puoi spiegarlo anche ai nostri lettori?
“Carnismo” è un termine che è stato coniato dalla psicologa e attivista Melanie Joy ed indica e un sistema dominante di valori, una vera e propria ideologia che normalizza la pratica del consumo di carne. Ormai la maggior parte delle persone ha profondamente radicata la convinzione che mangiare carne sia normale, giusto e necessario, quando in realtà esistono alternative non crudeli, non è vero che dobbiamo mangiarla per forza, noi possiamo vivere in salute e mangiare in maniera godereccia anche senza carne e derivati. Non dimentichiamo che gli animali sono esseri senzienti a tutti gli effetti e che gli allevamenti intensivi (dai quali proviene il 90% della carne che viene consumata), sono, tra l’altro, una delle cause principali di inquinamento del nostro pianeta. Perché continuare a pensare che tutto ciò sia normale e necessario?
(Non possiamo quindi non pensare alla dichiarazione anacronistica del ministro all’Agricoltura Lollobrigida, che ha recentemente definito l’uomo come “unico essere senziente” per continuare a promuovere una politica che si basa sullo sfruttamento indiscriminato dell’ambiente e degli animali).
Da quanto tempo sei vegana e come hai iniziato a prendere consapevolezza dell’importanza etica di una alimentazione alternativa a quella onnivora che prevede l’uccisione degli animali?
“Mi sono innamorata in passato di una ragazza vegetariana. Frequentare una persona che poteva vivere senza carne mi ha motivata ad intraprendere questa strada per poi fare il salto successivo, quello del veganismo. I vegetariani non mangiano carne e pesce. I vegani oltre a questo rifiutano di nutrirsi tutti i prodotti di derivazione e sfruttamento animale, quindi anche latte e uova”.
Puoi consigliare a chi si approccia per la prima volta al veganismo quali possono essere le tappe per iniziare?
“Consiglio a tutti e non solo a chi ha già deciso di approcciarsi al veganismo, di vedere il documentario “Food for Profit” che mostra il filo che lega l’industria della carne, le lobby e il potere politico. Chi vuole iniziare può cominciare a seguire profili sui social di chi ha già fatto questa scelta e consiglio la lettura del libro “Propaganda Vegan” di Ed Winters.”
Sui social sei molto amata, ma l’esposizione pubblica ha anche dei risvolti difficili da gestire come gli haters. Tu comunque riesci a utilizzare i commenti con una chiave positiva, rovesciando la comunicazione in modo diretto e smascherando contraddizioni, limiti e posizioni assurde degli omofobi e di quei carnivori e specisti che non accettano la scelta di altri di non mangiare carne. Hai dovuto gestire sui social situazioni particolarmente difficili?
“Diciamo che gli haters hanno tantissimi motivi per odiarmi, non solo per l’alimentazione non conforme alla norma, anche per il mio modo di essere donna. Io ricevo tantissimo odio quando parlo del mio corpo, ad esempio quando mostro i miei peli, in quanto da diversi anni ho scelto di smettere di depilarmi. Una decisione che è percepita male anche da alcune donne che hanno introiettato lo sguardo oppressivo di una società che giudica costantemente il corpo femminile. Maturare la consapevolezza che alcune scelte ci sono state di fatto imposte e che di fatto le abbiamo subite è il primo passo per riappropriarci della nostra autodeterminazione.”
I tuoi video su internet diventano quindi anche un modo per lottare contro l’omofobia. Sei attiva anche presso circuiti che lottano per i diritti LGBTQIA+?
“Preferisco al momento non essere parte di collettivi, anche se li ho frequentati in passato”.
Definirti “coatta vegana” (e pure “lella”) ti associa alla città di Roma. Puoi spiegare a chi non è romano cosa significa, secondo te, essere “coatta”?
“Il “coatto” è un tipo diretto, rozzo, volgare. Rivendico tramite il mio linguaggio l’appartenenza alle borgate, al popolo. Troppe volte si è parlato di veganismo nei termini sbagliati, come se si trattasse di un capriccio borghese”.
C’è un luogo di Roma che ami particolarmente?
“Ho vissuto a piazza Vittorio per due anni ed ho amato il suo essere multiculturale, inoltre ci sono molti ristoranti cinesi e indiani che adoro, perché amo la loro cucina. E poi amo Ostia, la coatta Vegana è nata a Ostia.”
Profilo Instagram: https://www.instagram.com/coatta.vegana/

© RIPRODUZIONE RISERVATA