Il racconto del barone che volle gettare l’imperatore nel foro del Pantheon
Un fatto avvenuto dopo il devastante “Sacco di Roma” da parte delle truppe di Carlo V. Si può raccontare Roma a partire da piccoli aneddoti, legati a vicende grandiose, che hanno segnato la Storia della città e dei suoi abitanti.
Il racconto del barone che volle gettare l’imperatore nel foro del Pantheon.
Un fatto avvenuto dopo il devastante “Sacco di Roma” da parte delle truppe di Carlo V.
Si può raccontare Roma a partire da piccoli aneddoti, legati a vicende grandiose, che hanno segnato la Storia della città e dei suoi abitanti.
Ogni pietra, ogni vicolo, ogni monumento racconta vicende millenarie che catturano l’immaginazione di chiunque abbia il privilegio di passeggiare per le sue strade.
Un testo del 1802, scritto dallo storico Francesco Girolamo Cancellieri, dal titolo “Storia de’ solenni possessi de’ Sommi pontefici, detti anticamente processi o processioni dopo la loro coronazione dalla Basilica Vaticana alla Lateranense” è dedicato a Papa Pio VII.
Un passaggio particolare descritto in questo libro è citato dal pubblicista Costantino Maes nelle sue “Curiosità romane” del 1885. Racconta di un fatto avvenuto nel 1535, 8 anni dopo il devastante “Sacco di Roma” del 1527 da parte delle truppe di Carlo V, guidate da Carlo III di Borbone. Il saccheggio fu un evento terribile, al punto da essere paragonato agli orrori di Attila e di Genserico. Del resto non vi fu chiesa, convento o monastero, palazzo e casa che fu risparmiato dalla barbarie dei soldati affamati che non ricevevano la paga da mesi. Per la maggior parte erano lanzichenecchi protestanti tedeschi, animati da fervore antipapale, ma tra loro vi erano anche numerosi spagnoli ed italiani del nord.
La depredazione, durata ben 9 mesi, fu facilitata dal fatto che la città era praticamente priva di difensori, in quanto papa Clemente VII aveva licenziato le truppe per motivi economici ed inoltre si era schierato con il Regno di Francia contro l’imperatore.
Il Papa era convinto di poter trattare con Carlo V, ma le truppe assalirono Roma, uccidendo migliaia di persone e distruggendo parte del patrimonio artistico della città. Clemente VII si rifugiò a Castel Sant’Angelo e per liberarsi pagò ben 400000 ducati.
Nel 1535 Carlo V si recò nuovamente a Roma e fu accolto nonostante tutto con onori e festeggiamenti, forse per strategia diplomatica visto che si temeva un nuovo sacco e comunque con il cuore ancora sanguinante per la terribile ferita subita. Secondo il racconto descritto da Cancellieri e ripreso da Maes, l’imperatore visitò i monumenti della città accompagnato dal giovane barone Romano Crescenzi. Tra le varie tappe vi era il Pantheon e l’imperatore decise di affacciarsi dalla cupola per osservare dal famoso oculo l’interno della maestosa struttura.
Il barone confessò al padre di avere avuto in quell’istante la tentazione di gettare l’Imperatore nel foro e vendicare Rome dei tanti danni ed oltraggi subiti.
Il padre rispose battendogli la spalla e gli disse: “Figliuol mio, queste cose si fanno e non si dicono.”
Credit:
– il foro della cupola del Pantheon, Architas, Wikipedia
– ritratto a Carlo V, Rubens
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