Quiz per romani doc: dove si trova questo palazzo dove si incontrano passato e presente?

Un indizio: la piazza nel corso del tempo è stata soprannominata in diversi modi, anche “del duca”
Siamo a Piazza Farnese, nel rione Regola di Roma. Un luogo antico, sorto in pieno Rinascimento,
voluto dal cardinale Alessandro Farnese che vi comprò diversi edifici per demolirli allo scopo di costruire uno spazio adeguato per il Palazzo che aveva fatto progettare da Antonio da Sangallo Il Giovane e poi far continuare nel 1546 da Michelangelo Buonarroti.
Ebbene sì, il grande artista curò tre piani del Palazzo Farnese che domina la piazza, il cornicione ed il meraviglioso balcone.
Vi misero mano anche Jacopo Barozzi da Vignola e Giacomo Della Porta.
Dal 2021, davanti alla facciata del Palazzo, ora sede dell’Ambasciata francese, c’è un’opera di 600 mq dell’artista contemporaneo JR, denominata ‘’Punto di fuga’’. L’installazione, in alluminio stampato, cerca di limitare l’impatto visivo delle impalcature edili, infatti l’edificio ora è in ristrutturazione. I lavori dovrebbero durare altri due anni per un costo complessivo di circa 5,6 milioni di euro.
JR ha creato opere di arte urbana in tutto il mondo ed attraverso questo progetto entra in dialogo diretto con Michelangelo, l’area della piazza, le persone che vi passano accanto.
Una piazza che nel corso del tempo è stata soprannominata in diversi modi: detta anche “del duca” in quanto Pier Luigi Farnese era anche Duca di Parma, titolo nobiliare che nella gerarchia araldica segue quello di principe.
Viene quindi in mente un’affermazione dell’attore e drammaturgo Carmelo Bene, fautore di un concetto provocatorio che non trova in questo contesto fondamento:
“Ci sono cose che devono restare inedite per le masse anche se editate. Pound o Kafka diffusi su Internet non diventano più accessibili, al contrario. Quando l’arte era ancora un fenomeno estetico, la sua destinazione era per i privati. Un Velazquez, solo un principe poteva ammirarlo. Da quando è per le plebi, l’arte è diventata decorativa, consolatoria. L’abuso d’informazione dilata l’ignoranza con l’illusione di azzerarla”.
L’arte in realtà, seppur commissionata da personaggi privilegiati, è sempre stata rivolta al popolo: la Cappella Sistina raccontava la Bibbia a chi non sapeva leggere o scrivere; sculture, pitture, architetture imponenti erano anche mezzo per glorificare la magnificenza dei suoi mecenati che attraverso esse comunicavano ostentazione e grandezza; i ritratti nascono per conservare la memoria e tramandarla alle persone, le facciate dei palazzi creano un ponte tra chi vi viveva dentro con tutti i suoi privilegi ed il popolo fuori. A conferma di questo, piazza Farnese nel 1545 fu pavimentata con l’ammattonato, come per ricreare una sorta di pertinenza del palazzo e rendere possibile un continuum tra l’esterno e l’interno dell’edificio, tra popolo e nobili.
Non è un caso che un’esposizione venga detta anche “mostra”, dal latino “monstrare”, ossia “far vedere, presentare ad altri perché veda, esamini”.
Del resto anche l’espressione “di facciata” rimanda a qualcosa che di fatto è apparente, superficiale, proprio perché “mostrato agli altri”.
Decidiamo di prendere un drink da Camponeschi, un Wine bar vicino, luogo frequentato da artisti ed intellettuali soprattutto nel periodo in cui era attivo l’evento EAC – Electronic Art Cafè di Umberto Scrocca e Achille Bonito Oliva, curatori e critici d’arte di riferimento della scena romana ed internazionale.
“Si respira arte storica e contemporanea in questa piazza” è uno dei pensieri che sovviene, mentre sorseggio da bere ed osservo immaginando la piazza durante il Rinascimento, mentre alcuni turisti indicano incuriositi l’installazione di JR che sembra disegnare uno squarcio nello spazio e nel tempo.

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Lo sapevate? Che cosa è il vomitorium romano?

Il termine “vomitorium” evoca immagini pittoresche e spesso fuorvianti rispetto al reale significato associato alla vita nell'antica Roma.
Lo sapevate? Che cosa è il vomitorium romano?
Il termine “vomitorium” evoca immagini pittoresche e spesso fuorvianti rispetto al reale significato associato alla vita nell’antica Roma.
Esiste una leggenda inesatta he identifica il “vomitorium” come una sala dedicata appositamente ai banchetti imperiali dove i patrizi si ritiravano per rigettare il cibo e poter continuare a mangiare. Questa interpretazione è un falso storico, frutto di un equivoco linguistico e di una certa fascinazione moderna per gli eccessi decadenti di Roma.
In realtà si trattava di elementi architettonici dei grandi edifici pubblici, come anfiteatri e teatri. Il termine deriva dal verbo latino vomere, che significa “vomitare” o “emettere con forza”, ma in senso figurato. I vomitoria erano infatti passaggi o corridoi progettati per permettere il rapido afflusso e deflusso degli spettatori.
Erano concepiti in modo ingegnoso per evitare ingorghi e facilitare l’accesso alle gradinate. Fu un sistema tanto efficace che ispirò la progettazione moderna degli stadi.
Uno degli esempi più noti si trova nel Colosseo, dove decine di passaggi radiali consentivano a migliaia di spettatori di entrare e uscire in pochi minuti. Questo dimostra l’altissimo livello di conoscenza ingegneristica raggiunto dai Romani in ambito urbanistico e architettonico.
Il fraintendimento sul significato del termine si diffuse soprattutto in epoca moderna, quando alcuni scrittori e storici del XIX secolo, forse suggestionati da racconti esagerati sull’opulenza romana, attribuirono ai vomitoria una funzione legata all’eccesso alimentare. Anche se i Romani praticavano il “vomitus” in certi contesti medici o rituali, non esistono fonti certe che attestino l’esistenza di stanze dedicate a questo scopo durante i banchetti.
Molti stadi e arene contemporanei, specialmente negli Stati Uniti e in Europa, adottano sistemi di accesso e uscita ispirati direttamente a questo modello romano. Il termine viene persino usato in ambito architettonico moderno per indicare corridoi di distribuzione rapida del pubblico. Ancora una volta, la Roma antica dimostra di essere stata non solo una civiltà spettacolare, ma anche sorprendentemente funzionale.
Questa capacità dei Romani di coniugare funzionalità ed estetica ha influenzato non solo lo sport e l’intrattenimento, ma anche l’urbanistica civile. I vomitoria sono diventati modelli di efficienza anche per grandi spazi come aeroporti, centri congressi e metropolitane, dove il flusso delle persone va gestito con precisione.
Inoltre, il termine continua ad affascinare scrittori, registi e studiosi, che spesso lo utilizzano per evocare il contrasto tra apparenza e realtà nella narrazione storica.
Studiare questi dettagli architettonici non è quindi solo una questione tecnica, ma anche un modo per capire come si costruiscono e si decostruiscono, i miti storici.
I Romani, del resto, non smettono mai di insegnare, anche attraverso un corridoio.

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