Lo sapevate? Le lotte tra gladiatori furono abolite nel 404 d.C. dopo l’uccisione di un monaco
L’attività gladiatoria venne abolita nel 404 da Onorio I. Gia l’imperatore Costantino fece il possibile per porre fine alle barbarie del Colosseo, tuttavia fu solo nel 404 che gli spettacoli terminarono del tutto. Le battaglie furono abolite a seguito di un incidente in cui rimase ucciso il monaco greco Almacchio (o Telemaco), sceso nell’Arena per protestare contro tali abominevoli supplizi. Ma chi erano realmente i gladiatori, che cosa accadeva realmente nel Colosseo a Roma e negli altri anfiteatri dell'Impero romano e perché si arrivò all'abolizione di questi spettacoli dopo tante morti?
Lo sapevate? Le lotte tra gladiatori furono abolite nel 404 d.C. dopo l’uccisione di un monaco.
L’attività gladiatoria venne abolita nel 404 da Onorio I. Gia l’imperatore Costantino fece il possibile per porre fine alle barbarie del Colosseo, tuttavia fu solo nel 404 che gli spettacoli terminarono del tutto. Le battaglie furono abolite a seguito di un incidente in cui rimase ucciso il monaco greco Almacchio (o Telemaco), sceso nell’Arena per protestare contro tali abominevoli supplizi.
Ma chi erano realmente i gladiatori, che cosa accadeva realmente nel Colosseo a Roma e negli altri anfiteatri dell’Impero romano e perché si arrivò all’abolizione di questi spettacoli dopo tante morti?
Narra Teodoreto (Storia Eccl., V, 26) che un certo monaco Telemaco sarebbe venuto dall’Oriente a Roma per far cessare la crudeltà dei combattimenti dei gladiatori. Un giorno durante uno spettacolo scese in mezzo all’arena fra i combattenti, cercando di far cessare la strage, ma gli spettatori indignati lo lapidarono. L’imperatore Onorio, informato di ciò, annoverò Telemaco nel numero dei gloriosi martiri, e vietò quegli spettacoli.
In alcuni codici del Martirologio Geronimiano è ricordato al 1° gennaio un martire Almachio, il quale, avendo detto: «Oggi è l’ottava del Signore: cessate dalle superstizioni degli idoli e dai sacrifici immondi», fu fatto uccidere dai gladiatori per ordine di Alipio, prefetto della città. Nonostante le diversità del nome e di alcune particolarità, tuttavia facilmente superabili, non c’è dubbio che si tratti dello stesso personaggio, la cui storia sarebbe così riferita da due fonti indipendenti. Teodoreto riporta forse la tradizione popolare orientale, mentre il Geronimiano ha usato una passio oggi perduta.
Dall’accenno al prefetto Alipio, contenuto in questa, sembrerebbe che il martirio di Almachio sia avvenuto nel 391: ma ciò non concorda con la notizia di Teodoreto che parla dell’imperatore Onorio. Qualcuno perciò ha pensato di spiegare il contrasto supponendo che Alipio fosse stato una seconda volta prefetto sotto Onorio o che l’imperatore, ricordando il sacrificio di Almachio, si fosse deciso a sopprimere i giochi dei gladiatori. Questi, infatti, erano ancora in uso nel 403, poiché Prudenzio supplicava l’imperatore di sopprimerli (Contra Symmachum, II, 1414-1429), e soltanto dopo il 410 i giochi cessarono del tutto. Anche la diversità del nome nelle due fonti ha fatto dubitare dell’esistenza storica del martire, ma le obiezioni addotte non sembrano perentorie; non mancano buone ragioni per ritenere con il Martirologio Geronimiano che il vero nome del santo fosse Almachio.
Il nome “gladiatori” deriva da gladio, la spada del legionario romano passata che usavano anche i lottatori. La pratica dei duelli tra gladiatori proviene dagli Etruschi e, come molti altri aspetti della cultura etrusca, anche questa fu adottata dai Romani.
I gladiatori avevano in media tra i 20 e i 35 anni (in maggioranza, però, 30), in linea con le aspettative di vita del tempo. E anche l’altezza era in linea con l’epoca: 168 cm.
Il primo spettacolo con gladiatori si svolse probabilmente nel 264 a.C. Nel 105 a.C. i giochi divennero pubblici.
I combattenti potevano essere dei veri professionisti, nuovi gladiatori inesperti, condannati, criminali, schiavi, galeotti, prigionieri di guerra, cristiani, o degli uomini liberi, senza distinzioni di razza, né di sesso (i combattimenti di gladiatrici, estremamente rari, erano comunque sempre quelli più richiesti).
I gladiatori venivano addestrati in apposite scuole. La più prestigiosa era la Ludus Magnus.
I gladiatori alloggiavano in celle disposte secondo una gerarchia interna della scuola. Insieme ad un magister, i combattenti venivano giudicati per abilità e prestanza fisica e assegnati a diverse categorie.
Si sottoponevano ad allenamenti quotidiani rigorosi e a una dieta basata soprattutto su vegetali, legumi, miele e latticini. Prima di entrare nell’arena mangiavano una focaccia al miele per avere più energia.
I giochi nell’arena iniziavano sempre con una sfilata. Il primo a entrare era il finanziatore insieme a inservienti con cartelli col programma della giornata. Gli schiavi portavano le armi dei combattenti. Quindi era il turno dei gladiatori e dei condannati a morte. Dopo aver salutato l’imperatore i combattenti andavano a prendere le armi.
Le principali categorie di Gladiatori erano: il Mirmillone: con armatura pesante costituita da elmo e scudo integrale. II Trace: gladiatore che possedeva una spada ricurva, con scudo piccolo e leggero. Il Secutor: detto inseguitore. Era dotato di armatura pesante, con elmo imbottito. Era chiamato cosi perché inseguiva l’avversario. Il reziario: utilizzava una rete con pesi, un pugnale e un tridente. Tra i gladiatori era la classe più bassa perché combatteva soltanto con la tunica. Tra il popolo invece era molto amato perché la gente poteva vedergli il volto.
Il gladiatore che aveva battuto il suo avversario si rivolgeva al pubblico dell’anfiteatro per domandare la sua sorte e la folla, con un segno della mano decideva per la morte o per la vita: il pollice rivolto verso l’alto, “mitte” (salvo) significava che doveva vivere e il pollice rivolto verso il basso, “jugula” (morte) significava che doveva morire. Alla fine, però, era l’imperatore o chi organizzava lo spettacolo in questione che con il suo pollice determinava la sorte del gladiatore sconfitto.
Ogni gladiatore ucciso costava una cifra molto alta a colui che organizzava lo spettacolo e, chiaramente, non chiedevano facilmente la loro morte.
I combattimenti dei gladiatori prendevano ispirazione da episodi mitologici; si mettevano in scena anche situazioni grottesche che divertissero ed eccitassero al tempo stesso la folla.
C’erano poi le venationes, che erano le lotte tra gladiatori e animali.
Il gladiatore aveva una vita difficile e molto rischiosa. Lottava per la vita, per la libertà e per la gloria e il popolo romano apprezzava e rimaneva affascinato dalla forza e dal coraggio del gladiatore vincente che diventava un personaggio famoso.
I galeotti e i prigionieri di guerra, particolarmente agguerriti per essere sopravvissuti ad anni di lotte e di sofferenze, erano molto ricercati per la lotta. Molto spesso erano originari di terre lontane (per esempio Numidia, Tracia, Germania), e si proponevano volentieri, in modo da poter progredire in questa carriera.
La maggior parte dei gladiatori erano infatti schiavi o ex schiavi, ma anche come detto individui nati liberi che combattevano sotto contratto con un “manager”. Erano spesso considerati alla stregua delle prostitute, degli attori e dei protettori, e generalmente dei reietti. Spesso li accompagnava la definizione di “infames” (persone di cattiva reputazione).
Un articolo di Focus riporta che sulla base di uno studio, l’analisi delle ferite trovate sugli scheletri sembra confermare ciò che gli storici vanno affermando da tempo: i combattimenti tra gladiatori non erano semplici scontri al massacro, fatti di violenza cieca e mutilazioni, ma erano veri incontri di lotta, con regole precise la cui applicazione era garantita dalla presenza di arbitri.
Nonostante i lottatori utilizzassero robusti elmi, sui resti di 10 crani sono state rinvenute ferite la cui causa è riconducibile a un colpo inferto con un martello. Secondo i ricercatori questi resti appartengono a combattenti che, dopo aver perso l’incontro, sono stati messi a morte dal pubblico o dai notabili, come era usanza dell’epoca. Dalla ricostruzione sembra che questi gladiatori siano stati portati fuori dall’arena ancora vivi e siano stati uccisi dietro le quinte con un colpo di martello inferto da un boia. Una fine davvero ingloriosa.
Il numero degli spettacoli gladiatorii aumentò enormemente durante l’Impero.
La dinastia Flavia, iniziata con l’imperatore Vespasiano, fece costruire il più grande e più famoso anfiteatro del mondo, l’anfiteatro Flavio, poi conosciuto dal Medioevo con il nome di Colosseo. Nel IV secolo, l’imperatore Costantino I, dopo aver abbracciato la fede cristiana, li proibì.
La cattiva fama giovava comunque ai gladiatori, veri e propri sex symbol del loro tempo. Amati anche dalle donne della nobiltà, che per l’amore di un gladiatore erano disposte a tutto. Come Eppia, moglie di un senatore, che abbandonò il marito per fuggire con un eroe dell’arena.
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