“Cave Canem”. Che rapporto avevano gli antichi romani con il cane?

“Cave Canem” è una frase latina che significa “attenti al cane!”, iscrizione che veniva tracciata all’ingresso delle case romane, nella parte inferiore di un mosaico raffigurante un cane ringhioso alla catena.
“Cave Canem”. Che rapporto avevano gli antichi romani con il cane?
“Cave Canem” è una frase latina che significa “attenti al cane!”, iscrizione che veniva tracciata all’ingresso delle case romane, nella parte inferiore di un mosaico raffigurante un cane ringhioso alla catena.
Il cane è presente a Roma sin dalla sua fondazione e fu probabilmente importato dalla Magna Grecia. Del resto anche la leggenda di Romolo e Remo, allattati da una lupa, rimanda ad un canide.
Seneca nel suo “De vita beata” fa una metafora su piaceri e virtù parlando di cani e caccia ed ancor prima dei romani è a molti noto l’incontro tra Ulisse ed il cane Argo, che lo riconosce nonostante il padrone fosse tornato dopo tanti anni dai suoi viaggi.
Nel periodo dell’Antica Roma, durante le guerre, erano spesso impiegati Canis Pugnax, massicci molossi antenati dell’attuale Mastino napoletano e del cane Corso, che addentavano i polpacci dei malcapitati. Si trattava di cani di notevoli dimensioni, che venivano addestrati allo scopo di attaccare il nemico ed ucciderlo.
Ma se i cani di taglia grande, simili al rottweiler, venivano utilizzati nei campi di battaglia, nella caccia all’orso e nelle arene, nella vita di tutti i giorni si preferiva allevare cani piccoli come catuli e catellae.

Vecchia foto tratta dal libro ?Obiettivo zootecnico sul Mastino Napoletano – Antonio Crepaldi – 2004 (Edizioni Crepaldi)?
Sulla destra il tipo ?Can?e?presa?, l?odierno Mastino Napoletano
Sulla sinistra il tipo ?Can Corz?, l?odierno Cane Corso
Secondo l’Enci, Ente Nazionale Canina, tra i piccoli cani preferiti troviamo gli avi del maltese, il cui nome non indica che la sua provenienza sia l’isola di Malta perché l’aggettivo “Maltese” deriva dalla parola semitica “màlat” che significa rifugio o porto. Questi piccoli cani vivevano nei porti e nelle città marittime del Mediterraneo centrale, dove cacciavano topi e ratti che pullulavano nei magazzini costieri e nelle navi. Nella sua lista di cani esistenti al tempo di Aristotele egli menziona una razza di piccoli cani alla quale attribuisce il nome latino “canes melitensis”. Quel cane era conosciuto nell’Antica Roma: cane da compagnia delle nobildonne, è stato lodato da Strabone, poeta latino del primo secolo dopo Cristo. Rappresentazioni del Maltese di numerosi pittori del Rinascimento mostrano questo piccolo cane nei saloni dell’epoca a fianco di bellissime dame del tempo.
Tra i cani di taglia media i più diffusi erano il levriero ed il segugio.
I romani riconoscevano grande valore al cane, per le sue doti di fedeltà e capaci di restituire affetto e rispetto al proprio padrone.
Altri impieghi del cane era quello di messaggero: c’è una versione che narra che venissero addestrati per far recapitare dei messaggi in capsule di rame che avevano inghiottito e che venissero uccisi per recuperarli. Tale versione, però, non convince tutti gli storici perché è noto il fatto che far ingoiare materiale metallico al cane è molto difficoltoso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA