Roma alternativa. Dalla scena underground i cool hunter romani cacciatori di tendenze
Frequentano centri sociali, feste sadomaso, serate estreme, locali di scambisti per trarre idee da proporre alle grandi case di moda e agli stilisti. Normale processo di diffusione creativa o riappropriazione subculturale? Abbiamo incontrato uno di loro per un interessante confronto.
Roma alternativa. Dalla scena underground i cool hunter romani cacciatori di tendenze.
Frequentano centri sociali, feste sadomaso, serate estreme, locali di scambisti per trarre idee da proporre alle grandi case di moda e agli stilisti. Normale processo di diffusione creativa o riappropriazione subculturale? Abbiamo incontrato uno di loro per un interessante confronto.
È dalle espressioni di nicchia che partono nuove mode e tendenze. I “cool hunter” sono una figura professionale del reparto creativo delle aziende a caccia di modelli alternativi da diffondere in ambito mainstream. L’abbiamo visto con il punk e Vivienne Westwood, con i pantaloni hip-hop larghi di diverse misure rubati dagli stilisti ai ragazzi poveri neri del Bronx che recuperavano le vesti usate e quindi spesso di taglie differenti dalla propria, con il tatuaggio ed i piercing un tempo territorio di appartenenza delle persone ai margini della società, poi ambito del movimento delle body modification, dei primitivi moderni, per poi essere sdoganati praticamente da chiunque al punto da trovare difficilmente persone senza nemmeno un segno.
“Io mi rifiuto di forare gente che non ha capito che il piercing è vicino alle pratiche rituali, è far entrare la luce attraverso un pertugio che ha bisogno di tempo per guarire, ma ormai è come portare un anello come un altro” afferma Petra, ex piercer che ha deciso di chiudere il suo piercing e tattoo shop.
Le grandi firme sguinzagliano i cool hunter nella scena underground delle metropoli e Roma non ne è esente. Abbiamo incontrato una di loro, per capire come avviene questo processo.
“Tendenzialmente vorrei rimanere anonimo, perché il mio lavoro rischia di essere interpretato come un vero e proprio scippo alle subculture” ci confida Michele, nell’organico di una nota maison.
“Fotografiamo tutto ciò che ci piace e che pensiamo possa diffondersi a macchia d’olio, a volte si tratta anche di ondate espressive che già in passato hanno avuto la loro affermazione ma con il passar del tempo ha subito cambiamenti espressivi formali, come nel caso della fluidità. Basti pensare alla musica: già David Bowie, Iggy Pop, Freddie Mercury giocavano sull’identità di genere, per non parlare di Genesis P- Orrige, dove nel Pandrogeny Project, ideato con la seconda moglie Jacqueline Breyer, si sottoposero insieme ad una serie di operazioni chirurgiche con il fine di assomigliarsi tra di loro, fino a “fondersi” in un unico essere pandrogino chiamato Breyer P-Orridge. Quando quindi sento parlare dai frangenti tradizionalisti di ‘ideologia gender’ come potrai capire, mi viene quindi da ridere, in quanto il superamento degli schemi è qualcosa che parte da lontano e non è prerogativa di questi anni. E per fortuna, aggiungerei” afferma.
“A me piace frequentare centri sociali, feste sadomaso, serate estreme, locali di scambisti. È da questi eventi, dove hai modo di conoscere gente autentica, che traggo spunti per le mie idee. È divertente vedere indossare, a distanza di tempo, un orpello da una dirigente di banca e magari fino a poco prima era portato solo da un certo tipo di persona proveniente da ambienti completamente diversi, come è stato il caso degli stivaloni sopra il ginocchio con plateau, considerati per lungo tempo volgari, spesso indossati da prostitute” Continua.
“La Roma delle periferie offre ancora tanti stimoli, le idee migliori sono comunque partite traendo ispirazione da Berlino e Londra” puntualizza Michele.
“Non amo ciò che accade con queste riappropriazioni modaiole” risponde Petra. “Sono a favore delle contaminazioni culturali, ma non se queste diventino merce, vengano snaturate del loro significato originario per dinamiche commerciali. Quindi, io dico no”.
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