Giro di vite sui Rave Party. Cosa si rischia e perché il testo potrebbe essere un precedente pericoloso

La nuova norma comporta il rischio di incappare in pene durissime, con possibile reclusione da 3 a 6 anni ed una multa da 1.000 a 10.000 euro. Ma il pericolo è una possibile restrizione della libertà di dissenso e di manifestazione.
Giro di vite sui Rave Party. Cosa si rischia e perché il testo potrebbe essere un precedente pericoloso.
La nuova norma comporta il rischio di incappare in pene durissime, con possibile reclusione da 3 a 6 anni ed una multa da 1.000 a 10.000 euro. Ma il pericolo è una possibile restrizione della libertà di dissenso e di manifestazione.
È diventato un vero e proprio reato, disciplinato dall’articolo 434-bis del Codice penale organizzare e prendere parte ai rave party. Per chi non li conoscesse, la Treccani li definisce come “un grande raduno di giovani, notturno, per lo più clandestino e di carattere trasgressivo, la cui ubicazione viene generalmente resa nota solo poche ore prima dell’inizio della festa, per evitare possibili interventi delle forze dell’ordine”. Si svolge all’aperto o in locali adatti ad accogliere migliaia di persone, che ballano e ascoltano musica elettronica, house o techno ad altissimo volume”. La durata potrebbe variare da una notte fino a più di una settimana.
Secondo il testo il rischio è di incappare in pene durissime, con possibile reclusione da 3 a 6 anni e una multa da 1.000 a 10.000 euro.
È stato addirittura scomodato il Codice antimafia con applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per gli indiziati, sequestro dei mezzi come nel caso del rave di Modena dove è stato sequestrato un sistema audio che potrebbe superare i 150.000 euro. Non si risparmieranno intercettazioni telefoniche, possibile scandagliamento di messaggi WhatsApp e videocall.
Sembra paradossale che la questione delle feste autorganizzate senza permesso sia una priorità del neonato governo, in particolare dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
L’articolo 434 bis riguarda “L’invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita. È sempre ordinata la confisca ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione. 2. All’articolo 4, comma 1, del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo la lettera i-ter), è aggiunta la seguente: “i-quater) ai soggetti indiziati del delitto di cui all’articolo 434-bis del codice penale”.
Questo viene inserito dopo l’articolo 434 riguardante il crollo di costruzioni e altri disastri dolosi.
Sono numerose le perplessità dei partiti di opposizione, del movimento studentesco, della rete degli antagonisti ed addirittura di Amnesty Italia: una norma tanto vaga potrebbe colpire anche manifestazioni come cortei sindacali dei lavoratori o le mobilitazioni studentesche, rischia di mettere in discussione la libertà dei cittadini, potrebbe essere applicata a qualsiasi mobilitazione e la pena è così elevata da consentire il ricorso alle intercettazioni mettendo in pericolo il diritto al dissenso e alla protesta pacifica.
Massimo Canevacci, antropologo dell’Università La Sapienza di Roma, ha studiato a lungo il fenomeno dei Rave di cui avevamo parlato già in un articolo dedicato al film “The Last Rave” di Alessandro Ruggeri e ne fa un ritratto accurato analizzando stili musicali e corporali, individuando negli eventi invenzioni estetiche e la complicità della cultura digitale, dove tra gli interstizi metropolitani, i luoghi di lavoro come aree ex-industriali ed i capannoni sono trasformati in isole per le feste che già per il fatto che fossero nate spontaneamente erano definite da sempre illegali, dove sono trasformate le relazioni spazio-temporali, sessuali, divenendo quindi politiche. L’uso di sostanze alteranti e la danza a ritmo ripetuto, incalzante e cadenzato della techno li rende paragonabili ai rituali tribali.
Mark Angelo Harrison, artista visivo e cofondatore di “Spiral Tribe”, sta scrivendo un libro sulla scena rave britannica negli anni ’90 che uscirà a settembre 2023 che descrive come “una testimonianza di come i governi imperialisti cerchino volontariamente di criminalizzare le culture creative per reprimere la coscienza critica. Vivevamo in una Londra privatizzata, dominata da politiche corrotte ed avevamo bisogno di spazi liberi. Il movimento dei free party ebbe un elevato stato di consapevolezza, fatto di doni alla comunità, è un luogo dove avviene la vera esplorazione in cui le persone non sono solo libere, possono liberamente venire ed andare, ma c’è questa grande energia creativa liberatrice per cui si è liberi di avere idee e scambiare idee e sperimentare con la musica”.
Parliamo fondamentalmente di un evento musicale autogestito e gratuito che prende piede negli anni Ottanta, dall’accesso completamente libero e gratuito per chiunque. Oltre alla musica è possibile assistere a performance di artisti, anche estreme, giocolieri e giochi di luce.
Tutto questo rende i rave una delle ultime espressioni artistiche del ‘900. La criminalizzazione di questo fenomeno potrebbe divenire il cavallo di Troia per nuovi codici di oppressione verso scioperi, cortei, manifestazioni, assemblee universitarie, anche perché questi eventi non necessariamente si svolgono in spazi occupati illegalmente o luoghi privati come aree industriali abbandonati, ma anche in grandi spazi aperti, come campi, cave, boschi e foreste e nella norma non c’è in alcun passaggio scritta la parola “rave” che significa “parlare con entusiasmo” in riferimento alla parola inglese raven, ossia il corvo imperiale in grado di parlare come i pappagalli e si rifà agli antichi corvi delle Torre di Londra della corona inglese e adorati durante festeggiamenti corrispettivi al carnevale. L’origine è di tipo pagano e durante le pestilenze durante le feste veniva usata la maschera dei medici per gli appestati che ricorda la testa di un corvo.
Di fatto certa politica ha smesso di parlare da un pezzo con entusiasmo, utilizzando spesso un linguaggio aggressivo che individua puntualmente un capro espiatorio (o specchio per le allodole?).

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