Lo sapevate? Cosa significa “stai a fa’ er provola” il detto romano sui corteggiatori insistenti

Origine e significato della frase idiomatica romanesca che prende in giro i cascamorti pretendenti.
Lo sapevate? Cosa significa “stai a fa’ er provola” il detto romano sui corteggiatori insistenti.
Origine e significato della frase idiomatica romanesca che prende in giro i cascamorti pretendenti.
I pretendenti un po’ goffi ed insistenti sono soprannominati a Roma come “provole”. Una espressione del dialetto romanesco che trae origine dalla storpiatura del verbo “provare”. Non è un caso che quando un ammiratore “tenta” un approccio, infatti venga intimato con l’interrogativo, anch’esso tipicamente romano (e non solo) “ma che ce stai a provà?”.
Ma la motivazione trae origine anche dallo sfottò basato sul paragone del dongiovanni disperato con il formaggio, in quanto tendente alla stagionatura (in riferimento ai lunghi periodi di astinenza sessuale).
Non dimentichiamo inoltre che l’etimologia della parola “prova” vuol dire “assaggio”, tentativo maldestro di conquistare le donne.
La “prova” del formaggio consiste in piccoli campioni di cagliata che venivano prelevati per controllarne la filatura (la pasta della provola è totalmente filata). Spontanea quindi l’associazione con “fare il filo” quindi, anche se qui probabilmente ci si riferisce al baco da seta o del ragno che preparano il loro filo per il bozzolo o la tela.
C’è inoltre nel parlato romano la tendenza a declinare al femminile, a storpiare e a troncare alcune parole se usate come soprannome. Ricordiamo ad esempio che tra i ragazzi romani Pier Paolo Pasolini era soprannominato come “Er Pasola”, ad esempio.
Un atteggiamento “provolone” viene percepito generalmente come sgradevole e al limite del molesto. È il caso ad esempio del “cat calling”, oggetto di dibattiti sul fronte femminista che ha acceso la luce su un modo di fare che viene “subito”, in quanto invadente, travalicante il confine del complimento verso la molestia. Il commento è qualcosa di non richiesto, che mette sul fatto compiuto.
Chi fa “er provola” rientra nella categoria di colui che ha rotto gli equilibri del buongusto, che sia tramite un fischio, un apprezzamento di troppo o un approccio maldestro.
Del resto, secondo un esperimento condotto da Artin Arshamian, neuroscienziato dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, in Svezia, e da Asifa Majid, professoressa di Scienze cognitive ed esperta di linguaggi, comunicazione e processi culturali dell’Università di Oxford, nel Regno Unito, uno degli odori più sgradevoli invece è l’acido isovalerico, tipico della “puzza di formaggio”.
“Er provola”ha perso il suo fascino insomma, nella presa di coscienza da parte delle donne che l’insistenza è solo un atteggiamento maschilista e machista.
Insomma: i fischi di approvazione solo a teatro e la provola meglio solo a tavola.

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