Lo sapevate? Gli antichi Romani facevano i bisogni in pubblico e riutilizzavano la propria urina e le feci.

Strano ma vero, per i bisogni fisiologici gli antichi Romani utilizzavano le latrine pubbliche (ce n’erano circa 150 a Roma) ed espletavano davanti ad altre persone, senza bisogno di privacy. C’è di più: feci e urine venivano raccolte e costantemente riutilizzate, per più ragioni. Scoprite quali.

Le latrine erano vasti ambienti funzionali e organizzati. La latrina era di forma rettangolare, presentava lungo due lati una serie di sedili forati disposti (i water di oggi) sopra un canale dove scorreva l’acqua. Gli escrementi cadevano dentro il canale e venivano portati via dalla corrente fino alla cloaca più vicina.

Al centro della latrina c’era una canaletta con acqua pulita in cui si poteva intingere una spugna montata su un bastoncino: finita l’abluzione, la spugna era gettata in un apposito recipiente dove veniva recuperata dai servi, lavata e preparata per essere riutilizzata.

In casa, i bisogni si facevano dentro recipienti che poi venivano svuotati in altri recipienti più grandi, orcioni, nei condomini che erano periodicamente svuotati dagli addetti alla lavorazione e al commercio dei concimi. Sì, perché
allora feci e urine adoperate per la pulizia, la conciatura delle pelli, come concime e persino come cura per alcune malattie.
L’urina veniva portata nelle fullonicae (tintorie), dove era utilizzata per lavare e sbiancare i panni. C’era anche chi buttava rifiuti e liquami in strada: una pratica che veniva, in flagranza di reato, duramente punita.

L’urina rappresenta un fertilizzante naturale estremamente pulito in quanto non contiene normalmente carica batterica e ha una bassa concentrazione di metalli pesanti.

L’urea presente nell’urina in ammoniaca: il poeta romano Catullo (54 a.C.) conosceva senz’altro il potere sbiancante dell’urina che utilizzava sui denti, prassi di cui parla espressamente in uno dei suoi Carmina.

L’ammoniaca nelle urine veniva usata anche per sbiancare le toghe.

L’urina contiene inoltre azoto e fosforo, entrambi utili alla coltivazione di piante. E Columella, scrittore romano esperto di agricoltura (4 – 70 d.C.), come riporta un articolo di Focus, racconta come la pipì fosse particolarmente utile alla coltivazione dei melograni, fino a renderli più succosi e saporiti.

Sempre Columella consigliava l’uso di urina umana anche come terapia veterinaria: cura per le pecore con problemi biliari e polmonari, ma anche per le api malate.

Al tempo dei romani l’urina era così preziosa da essere raccolta dagli orinatoi pubblici e poi venduta. Anche come accennato per lavorare le pelli: un lungo ammollo nelle urine pare che aiutasse a rimuovere i peli dalle pelle, che poi veniva passata in feci di animale in modo che i batteri la ammorbidissero, rendendola più pregiata.

Le feci invece venivano utilizzate dai Romani per nutrire il terreno dei loro giardini.

Centinaia di incendi nel territorio di Roma: “Sembra il ritorno di Nerone”.

Più di 100 roghi nella capitale e incendi che hanno richiesto l’intervento di rinforzi da diverse regioni d’Italia. Tra le cause temperature altissime e forti venti. Ed i vigili del fuoco sono allo stremo. Cielo bianco e fumo nella Capitale.

Oltre 100 roghi a Roma e in provincia nella giornata del 27 gennaio 2022. Il telefono del comando dei vigili del fuoco non smette di squillare.

Centinaia gli interventi dei vigili del fuoco per le fiamme che divampano su tutta la città.

“Sembra il ritorno di Nerone” afferma Francesco P, residente vicino la zona Aurelia interessata dall’incendio più grande. “Neanche una settimana fa Roma era stata torturata dalle fiamme di Malagrotta”. Ribadisce.

Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha postato su Twitter: “Oggi è una giornata molto difficile e critica per Roma: purtroppo si sono verificati diversi incendi le cui cause sono in via di accertamento. L’eccezionale ondata di calore e le folate di vento caldo hanno alimentato roghi in varie zone della città”.

Per quanto riguarda Roma Ovest, le fiamme sembrano essere partite da alcune sterpaglie di via Bosco Marengo, vicino il campo rom non autorizzato di via della Monachina per poi diffondersi poi per diversi ettari, fino a raggiungere dei capannoni industriali con l’esplosione di decine di bombole gpl. Coinvolte alcune ville. Diverse palazzine, una scuola materna ed un centro estivo sono stati evacuati, 35 persone sono state visitate dal personale di soccorso, una donna con un bambino sono finite in ospedale e quindici persone, tra cui quattro poliziotti, sono rimaste intossicate dal fumo. In campo la polizia, la protezione civile, i vigili del fuoco con utilizzo di Aps, autobotte, elicotteri Eli/145.

Altro importante incendio a Parco de’ Medici nell’area del grande raccordo anulare che ha costretto la temporanea chiusura della carreggiata esterna del Gra al chilometro 59.

I diversi focolai hanno provocato una situazione critica che si è diffusa in tutte le zone della capitale e Roma brucia ovunque: roghi in zona Torrino Mezzocammino, Trullo, Magliana, Muratella, Torrino e Decima sono accerchiati dalle fiamme.

Interessata anche Ostiense, Trastevere, Monteverde e la Provincia, con i Castelli.

“Io lavoro dalle parti del Vaticano ed il cielo oggi è diventato bianco”. Afferma invece Marco R, che ci fornisce un suo scatto.

“La siccità non aiuta la situazione e i vigili del fuoco lamentano poco personale.

Dei 1700 vigili del fuoco previsti, ce ne sono solo 1280, per non parlare del problema acqua. Come si prevede di dominare i grossi incendi se c’è poca acqua?” Oggi la temperatura poi è arrivata a 40 gradi, c’è un forte vento e tutto questo è stato un mix esplosivo” continua Francesco.

Infatti, a supporto, sono giunti rinforzi anche da Campania, Umbria, Abruzzo e Toscana.