Lo sapevate? Sindrome di Stendhal, anche Roma provocò sintomi psicosomatici allo scrittore

La maggior parte delle persone attribuiscono la descrizione della “sindrome di Stendhal” alla città di Firenze, ma lo scrittore in realtà manifestò la sensazione di disagio anche a Roma. La “sindrome di Stendhal” è un'affezione psicosomatica, di cui parla per la prima volta nel 1977 la psichiatra fiorentina Graziella Magherini. Quest’ultima descrisse casi di turisti stranieri in visita a Firenze colpiti da episodi acuti di sofferenza psichica ad insorgenza improvvisa poco tempo dopo il loro arrivo in città, che si verificarono all'interno dei musei durante l'osservazione delle opere d'arte. La condizione provocherebbe tachicardia, capogiri, vertigini, confusione ed allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza.
Lo sapevate? Sindrome di Stendhal, anche Roma provocò sintomi psicosomatici allo scrittore.
Articolo di Rita Chessa.
La maggior parte delle persone attribuiscono la descrizione della “sindrome di Stendhal” alla città di Firenze, ma lo scrittore in realtà manifestò la sensazione di disagio anche a Roma.
Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle è stato un intellettuale francese amante dell’arte, noto per i suoi romanzi.
La “sindrome di Stendhal” è un’affezione psicosomatica, di cui parla per la prima volta nel 1977 la psichiatra fiorentina Graziella Magherini. Quest’ultima descrisse casi di turisti stranieri in visita a Firenze colpiti da episodi acuti di sofferenza psichica ad insorgenza improvvisa poco tempo dopo il loro arrivo in città, che si verificarono all’interno dei musei durante l’osservazione delle opere d’arte.
La condizione provocherebbe tachicardia, capogiri, vertigini, confusione ed allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza.
Lo scrittore ne fu personalmente affetto durante il suo Grand Tour effettuato in Italia a partire dal 1817. Nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze” la descrive così:
“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”.
Ma oltre che nel capoluogo fiorentino, ne troviamo testimonianza nel testo “Passeggiate romane” frutto di diversi viaggi compiuti nella Capitale. Una guida che suggerisce itinerari interessanti per i viaggiatori dove descrisse non solo i monumenti e la storia della città, ma anche i suoi personaggi più celebri, eseguendo anche ritratti interessanti della plebe romana.
Lo scrittore consiglia di visitare la piazza di San Pietro con parsimonia ed invita a “non lasciarsi andare che per qualche istante all’ammirazione che ispira un così grande monumento, così bello, così ben tenuto, in una parola, la più bella chiesa della più bella religione del mondo per evitare un folle mal di testa”.
Se volessimo ripercorrere il diario dello scrittore dovremmo scegliere, come fece lui, di recarci insieme ad un gruppo di amici a Roma, d’estate, ed affittare una stanza a Via Gregoriana vicino Trinità de’ Monti per godere della straordinaria vista sulla città ed in particolare sulla Basilica di San Pietro. Cercheremo di farci ammettere nei salotti romani e di conoscere consuetudini sociali e costumi dei cittadini per poi visitare le rovine dell’antichità, i capolavori della pittura, architettura e scultura, senza trascurare la struttura politica e papale.
Stendhal nel libro elargisce consigli anche sulla Roma mondana, su dove recarsi per fare passeggiate, racconta (come Vistanet) curiosità ed aneddoti particolari e ad un certo punto si lascia andare ad uno slancio emotivo descrivendo il convento di Sant’Onofrio come “senza dubbio uno dei più bei luoghi al mondo per morire”.
Nel libro Stendhal descrive ad esempio fatti riguardanti il Colosseo tra sublime e grottesco, come quello di un inglese che disse “è quanto di meglio ho visto a Roma. Questo edificio mi piace, sarà magnifico una volta terminato” o la narrazione poetica di Michelangelo anziano che vi si recò una sera mentre nevicava, per poter meglio comprendere da forza e debolezze del proprio progetto della cupola di San Pietro”. “Non mi sono imbattuto in nulla di paragonabile al Colosseo” afferma già nelle primissime pagine, dove immagina le lotte tra gladiatori.
Il libro termina notabilmente con la dedica: “ai pochi felici”, dove sottolinea che la possibilità di intraprendere un viaggio a Roma è un privilegio. Perché per la lente magica di Stendhal “Roma è il mondo” in uno dei più bei libri scritti sulla città, vista come qualcosa che non si rivela mai completamente e dove è possibile “macchiarsi 100 volte del peccato di invidia”.

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Lo sapevate? A Piazza di Spagna, oltre alla famosa Scalinata, c’è la casa di John Keats

Non tutti sanno che a Roma, nella centralissima piazza di Spagna, oltre alla famosa Scalinata di Trinità dei Monti, c’è un posto degno di nota. Al civico numero ventisei, adiacente alla scalinata, troviamo la casa di John Keats, il poeta britannico tra i più significativi del Romanticismo letterario. Qui trascorse a Roma gli ultimi mesi della sua esistenza. Una targa di marmo riporta la seguente scritta: “L’inglese poeta Giovanni Keats, mente meravigliosa quanto precoce, morì in questa casa il 24 febbraio 1821, ventesimosesto dell’età sua”.
Lo sapevate? A Piazza di Spagna, oltre alla famosa Scalinata, c’è la casa di John Keats.
Articolo di Rita Chessa.
Non tutti sanno che a Roma, nella centralissima piazza di Spagna, oltre alla famosa Scalinata di Trinità dei Monti, c’è un posto degno di nota. Al civico numero ventisei, adiacente alla scalinata, troviamo la casa di John Keats, il poeta britannico tra i più significativi del Romanticismo letterario. Qui trascorse a Roma gli ultimi mesi della sua esistenza. Una targa di marmo riporta la seguente scritta: “L’inglese poeta Giovanni Keats, mente meravigliosa quanto precoce, morì in questa casa il 24 febbraio 1821, ventesimosesto dell’età sua”.
Nella casa vi è ora il museo “Keats-Shelley Memorial House” dedicato sia a lui che agli altri due poeti Percy Bysshe Shelley e Lord Byron. In questo luogo vi sono conservati inoltre alcuni oggetti estremamente particolari come una ciocca di capelli di John Milton e di Elizabeth Barrett Browning.
Lo immaginiamo passeggiare per via Condotti, scendere la scala barocca e recarsi alla Trattoria della lepre dove amava andare a pranzare e leggere Shakespeare, John Milton, Edmund Spenser, ma anche Torquato Tasso che come lui visse gli ultimi anni della sua vita a Roma. A lume di candela scrisse lunghe lettere con chi intrecciò profonda amicizia e versi.
Nato il 31 ottobre 1795, a differenza di altri letterati che potevano contare su una famiglia abbiente che potesse sostenere anno sabbatico e abnegazione esclusiva alla ricerca letteraria, Keats era invece di umili origini: il padre infatti lavorava come garzone di scuderia e non potette frequentare università prestigiose. Scelse quindi di laurearsi in medicina, ma la sua passione rimase la letteratura a cui si dedicò come autodidatta.
Oltre che per motivazioni culturali, il poeta, affetto da condizioni di salute precarie a causa probabilmente della sifilide e della tubercolosi, scelse di trasferirsi a Roma col suo amico Joseph Severn per il clima solare.
Arrivare a Roma e separarsi di conseguenza dalla sua amante Fanny Brawne fu per Keats fonte di dolore, ma era d’obbligo, pur avendo diverse riserve che esprime in alcuni passaggi dei suoi scritti: “Sento che è quasi impossibile andare in Italia […] Non credo che la mia salute migliorerà di molto se starò lontano da te”.
Una volta giunto In italia, prende la difficile decisione di non scriverle più per non continuare a soffrire. Fanny intanto continua a inviargli lettere a piazza di Spagna, ma lui si rifiuta di aprirle e richiede ad amici e conoscenti di distruggerle non appena morto. Purtroppo la sua volontà è stata rispettata e non potremo mai conoscere i contenuti di quel romantico scambio epistolare. E soprattutto, come conseguenza del fatto che non volle più continuare la comunicazione con l’amata, non potremo leggere ulteriori versi che ipotizziamo coerenti con uno dei suoi passaggi letterari più famosi “La bellezza è verità! La verità è bellezza! Questo è tutto ciò che voi sapete in terra e tutto ciò che vi occorre sapere”.
Fu molto amato da Oscar Wilde, che lo considerò il più grande poeta del secolo. La sua devozione fu talmente grande che quando si recò a Roma, volle recarsi dinanzi alla sua tomba che si trova nel cimitero acattolico della Capitale e vi si inginocchiò con immenso rispetto. Sull’epitaffio si legge: “Here lies one whose name was writ in water” ossia “qui riposa colui il cui nome fu scritto nell’acqua”.

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