Russia, in tanti non vogliono la guerra. Incontro con un giovane russo che invita a deporre le armi

Il pensiero di un ragazzo russo che vive a Roma. Dopo esserci recati presso la comunità ucraina, cercheremo di conoscere un pezzo di realtà russa a Roma, attraverso gli occhi di G.V, un ragazzo di San Pietroburgo che vive in Italia da oltre 20 anni e che ha deciso di rimanere anonimo.
Russia, in tanti non vogliono la guerra. Incontro con un giovane russo che invita a deporre le armi.
Articolo di Rita Chessa.
Dopo esserci recati presso la comunità ucraina, cercheremo di conoscere un pezzo di realtà russa a Roma, attraverso gli occhi di G.V, un ragazzo di San Pietroburgo che vive in Italia da oltre 20 anni e che ha deciso di rimanere anonimo.
“Sono le persone che subiscono la guerra, non hanno deciso loro dove nascere” ci confida mentre ci rechiamo nei pressi del colle Gianicolo, vicino Porta San Pancrazio.
“Ultimamente accadono cose molto tristi. Alla Bicocca hanno cancellato e poi rimesso nel programma universitario un corso su Dostoevskij ed hanno escluso gli atleti russi dalle paralimpiadi” continua. “Quando invece cultura e sport dovrebbero unire i popoli e non dividerli”.
Ricordiamo quindi il principe Miškin, che nell’Idiota di Dostoevskij afferma: ”La bellezza salverà il mondo”, una citazione che viene ripetuta infinite volte, anche da chi non ha mai aperto un testo del grande scrittore. Il libro ripercorre, attraverso lo stesso personaggio, l’orrore che provò l’autore quando fu condannato alla pena capitale (poi revocata) per posizioni anti-zariste. Coerentemente col suo pensiero, si sarebbe opposto la guerra.
“Ma da sola la bellezza non basta, perché è innanzitutto il mondo che deve desiderare di essere salvato”. Risponde G.V.
Ci troviamo vicino Villa Abamelek, sede diplomatica dell’ambasciatore russo. Dentro si trova anche la Chiesa ortodossa di Santa Caterina Martire, ma le forze di sicurezza sono state innalzate in tutti gli obiettivi considerati potenzialmente sensibili e G.V. preferisce proseguire.
“Alla Biennale di Venezia curatori ed artisti russi hanno deciso di non prendere parte alla manifestazione, in questo caso non per censura, ma per non riuscire a pensare all’arte in un momento tanto difficile. Sarebbe bello se ucraini e russi invece facessero un progetto insieme. Sarebbe un messaggio di pace” dichiara G.V, che in un’inaspettata contraddizione ci fa sapere con sincerità di aver pensato inizialmente più volte di arruolarsi.
“Questa guerra è iniziata nel 2014, in seguito un colpo di stato in Ucraina sostenuto dagli Usa. L’Ucraina è un paese spaccato in due: ad ovest sono ucraini, nazionalisti e vicini all’Europa, ad est ed in Crimea sono russi. La Russia si è ripresa la Crimea con un referendum, mentre nelle altre province sono state fatte persecuzioni con multe e sparatorie a chi parlava e pregava in lingua russa. Il 2014 è l’anno della strage di Odessa. Alcuni ucraini diedero fuoco ad un sindacato che era pieno di anziani, donne con bambini, quelli che scamparono all’incendio furono uccisi a colpi di fucile. Il genocidio nel Donbas causò circa 14.000 morti. Ci sono diversi gasdotti in Ucraina, fanno gola a tutti. Il presidente statunitense Biden ha chiesto l’ingresso nella Nato dell’Ucraina, inaccettabile per la Russia. perché i missili sarebbero puntati a 300 km da Mosca e verso la Cina, che ha sostenuto la Russia stipulando contratti sul gas dalle cifre stratosferiche”. Dichiara senza quasi prendere fiato. “Il pensiero di andare a combattere mi ha sfiorato, ma sarei la pedina di un gioco economico. Quando sono lucido penso che il nostro popolo e gli ucraini dovrebbero smettere di massacrarsi. Nato e Putin devono deporre le armi” Conclude.
Se il punto di partenza della letteratura russa viene considerato l’XI secolo, con il componimento di Ilarione di Kiev “Discorso sulla Legge e sulla Grazia”, allora la risposta è ancora una volta nella cultura, che come ci ha detto G.V. “unisce i popoli, non li divide”.
Comunità ucraina a Roma, Basilica di Santa Sofia: la commovente raccolta di materiali per le vittime della guerra in un gioiello neobizantino

Comunità ucraina a Roma, Basilica di Santa Sofia: la commovente raccolta di materiali per le vittime della guerra in un gioiello neobizantino.
Articolo di Rita Chessa.
Ci siamo recati presso la Basilica di Santa Sofia a Roma, riferimento per la comunità ucraina della capitale. In questi giorni nella chiesa si sta organizzando la raccolta di utili da inviare a chi sta soffrendo. Centinaia di persone sono impegnate senza sosta ad impacchettare tutto ciò che generosamente viene donato da chi vuole contribuire in qualche modo all’emergenza.
Abbiamo incontrato Don Marco, uno dei responsabili del centro, ed abbiamo chiesto di cosa c’è carenza: “Manca di tutto e c’è bisogno soprattutto di materiali sanitari, chirurgici, medicine. Questo è l’elenco di ciò che serve”. Don Marco pronuncia queste parole e ci consegna una lista, che pubblichiamo, dei beni che possono essere offerti.
Entriamo in questo gioiello che fu progettato negli anni ’60 dall’architetto italiano Lucio Di Stefano sulla base dei piani originali per la costruzione della cattedrale di Santa Sofia a Kiev in stile neobizantino. Splendono i mosaici dorati dall’altare dell’artista ucraino Svyatoslav Hordynsky e spicca violenta questa contrapposizione tra bellezza dell’arte, l’orrore della guerra, l’altruismo delle persone che non vogliono il conflitto e che hanno risposto all’appello di aiuto: nel seminterrato della basilica, la sala parrocchiale per i fedeli ora è colma di pacchi e buste. Fuori è un continuo “viavai” di macchine e gente.
Nella piazza vi sono quattro gradini di marmo che conducono alla basilica. Essi rappresentano le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, temperanza e fortezza, che nel contesto attuale assume un’impetuosa carica simbolica.
“Vorremmo che chiudessero lo spazio aereo ai bombardamenti” afferma Olha, una donna ucraina che lavora come volontaria nel posto. “Ho amici che ora sono sottoterra, ma dare la mia parte qui mi sta aiutando molto”. Ha gli occhi lucidi, arrossati e mentre pronuncia queste frasi ci investe un senso di impotenza e sgomento.
Nel frattempo che scriviamo i militari russi affermano di aver conquistato la città strategica di Kherson e secondo quanto riportato dalla Bbc, sono almeno 136 i civili uccisi finora, di cui 13 bambini, dall’invasione russa in Ucraina cominciata giovedì scorso. I morti reali potrebbero essere molti di più.
L’Italia ha approvato lunedì il decreto per l’invio delle armi a Kiev e questa è una decisione “senza precedenti” nella storia europea e fa impressione leggere alcuni versi medioevali de “Il canto di Igor”, un poema epico anonimo della letteratura ucraina e russa in antico slavo orientale: “O figli di Jaroslav e voi tutti nipoti di Vseslav! Tempo è di abbassare le insegne e di riporre nel fodero le logore spade. (…) Per le lotte intestine si scatenò la violenza dalla terra cumana!”
Scritto circa 1100 anni fa. Abbiamo, nel frattempo, imparato molto poco.

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