Giornata della Memoria. Lo struggente incontro con Sami Modiano, bambino ebreo sopravvissuto all’Olocausto

Commovente fino alle lacrime l’appuntamento con Sami Modiano, superstite della Shoah, organizzato in streaming dal Museo Ebraico di Roma il 26 gennaio in vista della Giornata della Memoria. Nato nell’isola di Rodi (che allora era italiana, mentre oggi fa parte della Grecia) nel 1930, appena tredicenne ha conosciuto gli orrori della persecuzione nazista.
Giornata della Memoria. Lo struggente incontro con Sami Modiano, bambino ebreo sopravvissuto all’Olocausto.
Articolo di Rita Chessa.
Commovente fino alle lacrime l’appuntamento con Sami Modiano, superstite della Shoah, organizzato in streaming dal Museo Ebraico di Roma il 26 gennaio in vista della Giornata della Memoria.
Nato nell’isola di Rodi (che allora era italiana, mentre oggi fa parte della Grecia) nel 1930, appena tredicenne ha conosciuto gli orrori della persecuzione nazista.
“Mi piaceva andare a scuola e volevo dare soddisfazioni alla mia famiglia” Inizia così il racconto di Sami e già da queste poche parole si evince il dramma di un’infanzia spezzata, strappata alle molteplici possibilità della vita. “Avevo un papà adorabile che si chiamava Giacobbe, una mamma, Diana, che mi riempiva di coccole ed una sorella, Lucia, più grande di me, bellissima e molto intelligente”. Continua Sami a narrare con la dolcezza dei suoi 90 anni. La madre morirà per problemi cardiaci senza, per fortuna, riuscire a vedere cosa sarebbe accaduto da lì a poco.
“Un giorno a scuola l’insegnante mi invitò a presentarmi davanti alla cattedra. Ed io pensavo che volesse interrogarmi. Ero felice perché ero preparato e credevo che avrei preso un buon voto. Quando mi sono avvicinato, però, mi accorsi che il volto del maestro aveva un’espressione molto dispiaciuta e mi disse ‘Modiano sei espulso dalla scuola’”
È in questo modo crudele che a Sami, 8 anni, viene comunicato che non potrà più studiare a causa delle leggi razziali. Il cielo gli piombò sulla testa ed iniziò a piangere implorante: “Che cosa ho fatto?”
Quando tornò a casa fece presente al padre che non poteva accettare il fatto di essere considerato diverso solo perché appartenente ad un’altra religione. Il papà gli rispose: “quando sarai grande capirai”. E lui, guardandoci, sembra volergli rispondere ora: “no, non ho mai compreso perché sono stato espulso dalla scuola. Io sono un essere umano come tutti gli altri e non ho potuto accedere all’istruzione con mio immenso dolore”.
Il 23 luglio 1944 i tedeschi decidono la deportazione degli ebrei dall’Isola e Sami ha 14 anni. Insieme ad altri circa 2000 ebrei viene caricato insieme ai parenti nelle stive di navi da trasporto animali sporche di escrementi. “Fu lì che capimmo che per i nazisti non eravamo persone ma bestie da macello” incalza Modiano con ferma dignità. Nelle stive c’era un caldo infernale e pochissima acqua. “Mio papà Giacobbe rinunciò alla sua porzione per darla ad una vecchietta, fu lì che capii che grande uomo fosse”. Purtroppo la povera anziana è deceduta nella notte. “E pensai di essere contento del fatto che mia mamma fosse morta prima”.
Dopo il viaggio in mare furono accatastati nei treni in vagoni dove si poteva a malapena respirare. “Erano l’anticipo delle camere a gas”.
Tra i deportati scattano gesti di fratellanza, le pochissime risorse vengono distribuite in modo da dare priorità a bambini, donne ed anziani. Quando il treno si fermava per stazionare le persone da fuori lanciavano frutta che veniva destinata ai più piccoli. “Durante il viaggio molti morivano e venivano gettati come sacchi di patate. Un viaggio lunghissimo di tanti giorni fino ad Auschwitz- Birkenau”. Sami si scioglie tra dolore e rabbia e stringe il cuore.
Arrivati al campo vengono fatti scendere tra latrati di cani pastori, violenza e manganellate. Le donne e gli uomini vengono separati. “Fu lì che ci fu una prima reazione. Nessuno di noi voleva essere diviso dai propri cari. Hanno massacrato il mio caro papà di botte, quando fu separato dalla figlia che aveva cresciuto con tanto amore potevi leggere il suo dolore nel suo sguardo che parlava senza proferire parola”. A questo punto Sami piange a dirotto ed è impossibile non seguirlo in questo strazio.
Nella fabbrica della morte di Birkenau arrivavano esseri umani da ogni parte d’Europa.
L’80% dei circa 2000 ebrei dell’Isola di Rodi morì quasi subito nelle camere a gas, Sami rientrò nel restante 20%. Appena arrivati furono portati nelle saune, spogliati, disinfettati, rasati, vestiti con un pigiama a righe e tatuati con un codice identificativo. Hanno iniziato a tempestare di domande gli altri prigionieri che risposero in modo crudo ma sincero: “In quel fumo ci sono le anime dei vostri cari”.
“La sera del 16 agosto la nostra comunità non c’era più”. Continua Sami “In quell’80% c’erano bambini, i miei amici, parenti, compagni di classe, persone che conoscevo bene, c’erano donne incinte. C’erano, c’erano…non c’erano più. Molti si andavano a suicidare lanciandosi sui fili spinati”.
Ogni sera questo bambino a cui è stata negata la vita, dopo aver ricevuto la sua razione di cibo, si avviava alla baracca del suo caro papà che lo invitava a non preoccuparsi per lui con la consapevolezza che non sarebbe uscito vivo facilmente da quell’inferno.
Un giorno decide quindi di recarsi nell’area dove fu portata Lucia per capire come stesse. “Da lontano vedevo spesso una donna magrissima, rasata, salutarmi con la mano. Non la riconoscevo. Ci siamo abbracciati da lontano solo con i gesti. Le lanciai una fetta di pane. Lei la raccolse e mi rilanciò un altro fagotto con due fette: la mia che le avevo tirato prima e la sua. Era mia sorella”.
Per approfondire la storia di Sami Modiano possiamo leggere il suo libro “Per questo ho vissuto”.
Ringraziamo il Museo ebraico di Roma per aver ospitato l’incontro in streaming sulla sua pagina.

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