Lo sapevate? Nel convento di Santa Sabina c’è un arancio che piantò San Domenico in persona

Lo sapevate? Nel convento di Santa Sabina c’è un arancio che piantò San Domenico in persona. La chiesa romana di Santa Sabina, costruita nel V secolo sulla tomba della Santa, sull’Aventino, è una delle chiese paleocristiane meglio conservate della
Lo sapevate? Nel convento di Santa Sabina c’è un arancio che piantò San Domenico in persona.
La chiesa romana di Santa Sabina, costruita nel V secolo sulla tomba della Santa, sull’Aventino, è una delle chiese paleocristiane meglio conservate della città. Santa Sabina era una nobile romana martirizzata dopo la conversione al Cristianesimo.
Nel convento della basilica vive un albero molto speciale. Un monumento vivente, un albero antico considerato miracoloso che da più di 800 anni fiorisce e offre i suoi frutti in uno dei siti più belli di Roma. Fu piantato da San Domenico in persona nel lontanissimo 1220. Scopriamo insieme questa storia così particolare.
Si tratta del primo arancio piantato in Italia ed è tuttora il più vecchio d’Europa.
L’arancio lo portò infatti San Domenico dalla Spagna (suo paese d’origine, era nativo di Careluega, 1170) e qui fu trapiantato nel lontano 1220 (fino al XIII secolo la pianta d’arancio era sconosciuta in Europa).
Domenico di Guzman, fondatore nel 1215 a Tolosa dell’Ordine dei Predicatori (meglio conosciuti come “Domenicani”) qui visse e operò.
A Santa Sabina Domenico da Guzmán costruì il chiostro e ingrandì il convento.
L’albero piantato da San Domenico nell’orto del convento di Santa Sabina è considerato miracoloso (grazie anche alla condotta di Domenico e ai tanti miracoli attribuitigli) ma questo arancio è considerato miracoloso anche perché nel corso di otto secoli si è rinnovato su se stesso producendo ancora bellissime arance. Molti fedeli nei secoli sono qui accorsi al convento per prenderne qualche foglia e chiedere l’intercessione del Santo per la guarigione da qualche malattia.
L’arancio miracoloso di San Domenico è sopravvissuto fino ai giorni nostri.
Anni fa c’è stata a Roma una forte nevicata che lo ha lasciato malridotto e con poche speranze di sopravvivere, ma i frati dell’Ordine dei Predicatori, fondato da San Domenico, dopo una notte di preghiera hanno visto sbocciare nuovi fiori sui rami secchi.
L’arancio si è ripreso in modo inaspettato, rigenerandosi e oggi è ancora possibile ammirarlo attraverso un foro nel muro che dà sull’orto del convento, su un lato della basilica (si trova sulla sinistra dell’ingresso principale della chiesa).
Gli aranci provengono dall’estremo Oriente e producono frutti in pieno inverno.
I monaci utilizzavano i frutti senza sprecare nulla. La buccia candita si usava per rinforzare il cibo scarso nei giorni e nei periodi previsti dalla regola monastica.
Si dice che provenissero da quest’albero le cinque arance candite che Santa Caterina offrì nel 1379 a Papa Urbano VI (1378-1389), conosciuto per il suo carattere difficile, per chiedergli di agire con moderazione nei confronti dell’antipapa Clemente VII, mostrandogli che anche un frutto aspro poteva potenzialmente diventare dolce.
La chiesa e il convento conservano altri segreti di grande fascino.
Santa Sabina è la più famosa delle chiese situate sull’Aventino, fu edificata utilizzando le 24 colonne bianche di marmo appartenenti al “Tempio di Giunone Regina” che sorgeva nelle vicinanze.
Questa chiesa è dedicata ad una nobile romana decapitata durante le persecuzioni dell’imperatore Adriano nel II secolo. Sabina subì il martirio intorno all’anno 120 d.C. Sotto l’altare maggiore si conservano ancora le reliquie della nobile martire.
Immersa nella splendida cornice del Colle Aventino, tra ville e gli aranci dell’omonimo giardino, viene scelta come luogo per il matrimonio di molte coppie, incantate dal fascino e dalla raffinatezza dell’edificio.
Una particolarità della basilica, che si trova in piazza Pietro d’Illiria, è quella di non avere una facciata, che è inglobata nell’atrio e vi si accede attraverso un portale preceduto da un portico con tre arcate. L’interno si presenta con tre navate divise da 24 colonne antiche dominate da 34 finestre e con abside semicircolare in corrispondenza della navata maggiore, quest’ultima dotata di un moderno soffitto a cassettoni, mentre in origine era rivestita da mosaici.
Nel lato sinistro della Basilica è posizionata una piccola colonna tortile biancastra. Sopra questa antica colonna c’è una pietra nera a forma di ovale che somiglia a una di quelle strane “pentole” che vengono utilizzate nel curling, lo sport invernale più particolare che si conosca. La pietra presenta buchi e incisioni e viene chiamata “lapis diaboli”, pietra del Diavolo. Si narra che fu usata dal Demonio.
Si tratta di una struttura religiosa molto importante sotto l’aspetto storico e artistico, dalle eccezionali caratteristiche architettoniche e decorative e i visitatori (tantissimi, prima della pandemia) rimangono estasiati davanti a tanta bellezza ma raramente sono attratti da questa curiosa pietra poggiata sulla colonna. La pietra grazie allo sfregamento dei fedeli appare lucidissima.
Ma perché questa pietra dovrebbe essere appartenuta al Diavolo?
Secondo la leggenda il Diavolo in persona tentò più volte San Domenico che pregava, in estasi, all’ingresso della chiesa di Santa Sabina. Nonostante tutti gli sforzi non riuscì a farlo peccare e allora arrabbiatissimo gli lanciò contro un pesantissimo blocco di basalto nero che fortunatamente non colpì San Domenico e finì su una lastra, che risulta tuttora spaccata.
Sulla pietra sono ancora visibili i segni lasciati dalle dita incandescenti del demonio.
La storia andò così: nel 1220 San Domenico e il suo seguito di frati, che occupavano il complesso di Santa Sabina, si imbatterono più volte nel Demonio. Una sera, mentre Domenico pregava inginocchiato per terra, il Diavolo decise di passare ai fatti. Ma la pietra, come detto, sfiorò solamente il Santo e il Diavolo fu costretto ad andarsene frustrato. Pare comunque che, di tanto in tanto, torni in questo luogo per trattenersi sulla porta della basilica prima di andarsene sconsolato. Un’altra curiosità riguarda sempre San Domenico, che ha impiantato proprio nel cortile della Basilica la prima pianta di arance arrivata in Italia.
A noi le leggende piacciono tanto e questa è la storia che per secoli ha affascinato i fedeli, ma la realtà ci dice che la pietra non è altro che il peso di una bilancia romana trovato nei sotterranei e la lastra fu rotta nel 1527 dall’architetto Domenico Fontana durante un restauro.

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