Lo sapevate? L’antica bambolina di Crepereia Tryphaena aveva un anello con una piccola chiave appesa. A che cosa serviva?

Lo sapevate? L’antica bambolina di Crepereia Tryphaena aveva un anello con una piccola chiave appesa. A che cosa serviva? Ieri abbiamo visto la prima puntata dedicata al ritrovamento a Roma, nel 1889, dei resti di una fanciulla, morta in tenera
Lo sapevate? L’antica bambolina di Crepereia Tryphaena aveva un anello con una piccola chiave appesa. A che cosa serviva?
Ieri abbiamo visto la prima puntata dedicata al ritrovamento a Roma, nel 1889, dei resti di una fanciulla, morta in tenera età quasi duemila anni prima. Accanto, nel sarcofago, aveva la sua amica fedele, una magnifica bambolina snodabile che nascondeva un piccolo anellino. Furono ritrovate mentre si lavorava alla costruzione del Palazzo di Giustizia. A che cosa serviva quell’anellino? (SECONDA PUNTATA).
Durante i lavori di scavo per le fondazioni del Palazzo di Giustizia nel rione Prati fu ritrovata la tomba di una fanciulla, Crepereia Tryphaena. Nel sarcofago, accanto aveva una bellissima bambolina d’avorio con le articolazioni snodabili e un prezioso corredo funerario. Andiamo a descrivere il tutto.
Il corredo funebre, presente solo nel sarcofago di Tryphaena, appariva molto ricco di ornamenti d’oro e deposta accanto al suo scheletro c’era una bambola d’avorio, inizialmente creduta di legno di quercia, di pregevole fattura e snodabile in alcune articolazioni. La bambola fu trasferita inizialmente nell’Antiquarium comunale e ora è conservata nei caveaux dei Musei Capitolini di Roma. Dal 1 giugno 2016 all’8 gennaio 2017 è stata esposta nella Centrale Montemartini.
Fin dal ritrovamento la bambola apparve non come un comune giocattolo ma come un’opera d’arte dal viso finemente scolpito, quasi fosse un ritratto, con un’acconciatura tipica della moda romana dei tempi di Marco Aurelio e Faustina minore. Inoltre risaltava l’abilità tecnica dell’artigiano che l’aveva creata nel corpo snodabile con gambe e braccia collegate al tronco con piccoli perni. Al pollice della mano destra la bambolina aveva un anellino con una minuscola chiave che serviva ad aprire il piccolo scrigno dove erano custoditi gli altri gioielli. Dai fori nei lobi si intuisce che portasse anche degli orecchini con perline, cadute dentro al sarcofago e anellini di pasta vitrea e oro. Probabilmente doveva avere anche dei braccialetti tenuti assieme da un piccolo cerchietto in oro che funzionava da fermaglio. Il cofanetto nel quale dovevano essere riposti i ricchi e piccoli gioielli era in legno ricoperto da lastrine di avorio, alcune tinte in verde che, al tempo, doveva essere ricoperto di stoffa o pelle. Oltre ai preziosi, il cofanetto conteneva il necessario per la sua toilette: due pettinini in avorio con una spina centrale e denti da entrambe le parti e due piccoli specchi in argento.
Tryphaena fu identificata come una fanciulla vissuta nella metà del II secolo d.C. che si presentò agli occhi dei Romani accorsi, alla notizia dell’eccezionale ritrovamento, la mattina del 12 gennaio 1889 presso il ponte Umberto I, come una divinità fluviale. All’apertura del sarcofago infatti, la giovane donna, sommersa nell’acqua proveniente dal vicino fiume Tevere, appariva come una ninfa.
Tra gioielli di Tryphaena fu ritrovato al dito della giovanetta un anello con incisa la parola “Filetus” che fece immaginare a Giovanni Pascoli che fosse il nome del suo promesso sposo mancato poiché la presenza della bambola nel corredo funebre faceva pensare che fosse morta alla vigilia delle nozze non avendo fatto in tempo a donare i suoi giocattoli agli dei per la cerimonia di “addio all’infanzia”.
Per l’occasione Pascoli compose una poesia in latino.

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