Perché l’acquavite in Sardegna viene anche chiamata fil’e ferru?

Il perché di questo nome si nasconde in una storia fatta di ingegno e clandestinità. Oggi vi raccontiamo tutto!
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Lo sapevate che in Sardegna l’acquavite non è soltanto acquavite, ma porta un nome che sembra uscito da una leggenda? Si chiama fil’e ferru, letteralmente “filo di ferro”.
Il perché di questo nome si nasconde in una storia fatta di ingegno e clandestinità. Per secoli, infatti, l’acquavite sarda è stata prodotta di nascosto, lontano dagli occhi dei controllori. Gli alambicchi e i contenitori col distillato venivano sotterrati, e per non perderne le tracce i produttori lasciavano spuntare dal terreno un sottile filo di ferro. Bastava ritrovarlo, e la preziosa bevanda riaffiorava. Così nacque il nome che ancora oggi la accompagna.
Il fil’e ferru è un distillato forte, deciso, tanto che in alcune zone viene chiamato abbardente, cioè “acqua che arde”. Nasce dalle vinacce sarde, soprattutto quelle della Vernaccia, capaci di dare un’acquavite elegante e potente, spesso ben oltre i 40 gradi. Talvolta viene impreziosita con aromi di finocchietto selvatico, miele, mirto o melagrana, proprio come accade per certe grappe, anche se non bisogna confondere le due cose.
Curioso è anche il nome “acquavite”. Non ha nulla a che vedere con acqua e vite, come si potrebbe pensare, ma deriva dal latino aqua vitae: “acqua della vita”, un’espressione nata negli ambienti alchemici, che custodiva l’idea di un elisir capace di allungare l’esistenza.
Ed è affascinante notare come ogni terra abbia la sua “acqua di vita”: in Francia il cognac, in Italia la grappa, nei Balcani lo slivovitz, in Scozia e Irlanda il whisky, nei Caraibi il rum. In Sardegna, invece, il segreto passa da un filo sottile: quello del fil’e ferru.

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