Ogliastra, il punto nascita chiuso da quasi quattro anni: il comitato “Giulemanidallogliastra” chiede risposte concrete

Quasi quattro anni di sospensione per il punto nascita dell’Ogliastra. Il comitato “Giulemanidallogliastra” torna a denunciare la situazione con una lettera aperta alla politica: nascere nel proprio territorio è un diritto, non un favore. Il Comitato chiede certezze concrete: una data di riapertura, personale qualificato, protocolli chiari per le emergenze materno-infantili e un cronoprogramma pubblico con responsabili e tappe. Oppure la chiarezza sul fatto che la struttura non riaprirà, assumendosi la responsabilità davanti agli ogliastrini.
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Quasi quattro anni. Tanto dura ormai la sospensione temporanea del punto nascita dell’Ogliastra. Un tempo sufficiente a trasformare la vita quotidiana in una lunga marcia tra ambulanze, trasferimenti e incertezze, mentre intere famiglie valutano se restare o partire.
A sollevare di nuovo la questione è il coordinamento “Giulemanidallogliastra”. In una lettera aperta alla politica, il Comitato non chiede favori: ricorda un diritto fondamentale, quello di nascere nel proprio territorio, e denuncia le conseguenze di servizi essenziali assenti. Spopolamento, villaggi che si svuotano, case che diventano silenziosi testimoni di un presente senza futuro.
Il Comitato non si limita alle parole: chiede certezze concrete. Una data di riapertura, personale qualificato, protocolli chiari per le emergenze materno-infantili, mezzi adeguati. E un cronoprogramma pubblico, con nomi e responsabilità. Oppure, sostiene, la politica dovrebbe avere il coraggio di dire chiaramente che la struttura non riaprirà, assumendosi la responsabilità di fronte alla comunità.
In fondo, la questione va oltre la polemica: è una scelta sul destino dell’Ogliastra. Continuare a negare i servizi essenziali significa accettare che un territorio scompaia lentamente, pezzo dopo pezzo, nascita dopo nascita. Dare priorità ai diritti fondamentali non è solo giustizia sociale: è investire sul futuro di un’intera comunità.

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Perchè in passato era proibito giocare a Sa Murra in pubblico?

Il gioco è un vero spettacolo, bellissimo anche da osservare. Oggi ci sono veri e propri campionati per gli appassionati ma un tempo non si poteva giocare a murra in pubbblico: sapete perchè?
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“Sa Murra”, gioco antichissimo, si lega nell’immaginario comune subito alla Sardegna ma affonda le radici nell’Antico Egitto e nell’epoca romana (allora si chiamava Micatio). Anche Manzoni ne parla ne I Promessi Sposi.
Proibito nei luoghi pubblici dal 1931 perché considerato gioco d’azzardo, oggi è tollerato e persino organizzato in tornei da appassionati.
Il gioco è un vero spettacolo: due (o due coppie) indovinano simultaneamente la somma delle dita mostrate, gridando “Murra!” se la somma è dieci. Il ritmo è frenetico, quasi musicale, e spesso serve un arbitro per decidere le contestazioni. Vince chi arriva prima a sedici, ma la rivincita è quasi obbligatoria.
Velocità, strategia e qualche discussione accesa: sa Murra è semplice da imparare, impossibile da ignorare.

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