Cocaina e rapine: arrestate 27 persone tra Nuorese e Cagliaritano
La droga, che veniva importata via mare da piazze controllate dalla 'Ndrangheta, veniva nascosta in vani segreti all’interno di auto sportive.
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Una lunga e complessa indagine ha condotto alla sconfitta di due associazioni criminali, responsabili della movimentazione di oltre 200 chili di cocaina in due anni. Queste bande, una sito a Silanus e l’altra nel Cagliaritano, erano anche coinvolte in furti e altri reati violenti.
L’operazione Primavera Fredda, così chiamata per le basse temperature dell’inverno che ha visto svilupparsi le indagini, è stata condotta dalla Squadra Mobile di Cagliari, che ha eseguito 27 ordinanze di custodia cautelare. Il sequestro di proprietà e beni – tra cui cinque appartamenti, cinque auto e una moto – è stato fondamentale per affrontare questa organizzazione criminale.
La droga, che veniva importata via mare da piazze controllate dalla ‘Ndrangheta, veniva nascosta in vani segreti all’interno di auto sportive. L’indagine è cominciata a febbraio 2021, dopo un violento furto a Poggio dei Pini, che ha visto la squadra mobile del Nuorese scoprì un giro di traffico di cocaina prevalentemente nascosto nei muretti a secco o tra la vegetazione. Successivamente, si è scoperto un gruppo coinvolto nei crimini anche a Cagliari.
Durante le indagini sono volte anche a un’altra rapina, a Barracca Manna, in cui un uomo armato ha fatto irruzione in una casa, fermato uno scambio di droga e portato via del denaro. Gli investigatori, coordinati dal dirigente Fabrizio Mustaro e da Michele Mecca, hanno lavorato arduamente per poter sconfiggere queste bande, e il loro lavoro ha portato alla luce una fitta rete di criminalità organizzata che, attraverso una vasta distribuzione geografica, ha avuto un effetto devastante sulla comunità.
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In Sardegna c’è una villa abbandonata ancora perfettamente affrescata: sapete dove?

Estesa per un quarto di ettaro, copre un intero isolato del paese con tre grandi cortili: ecco dove si trova
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Nel cuore della Marmilla, dove il vento sussurra storie di tempi lontani, si erge una villa che sembra uscita da un romanzo gotico: Casa Santa Cruz. Immensa, quasi smisurata rispetto alle altre abitazioni del paese, occupa un intero isolato — un quarto di ettaro di muri, cortili e ricordi che resistono al tempo.
Chi la osserva dall’alto, come fanno gli esploratori urbani di Sardegna Abbandonata, non può non notare la sua imponenza: una fortezza signorile in mezzo a un mare di case modeste. È la fotografia perfetta del divario sociale che un tempo segnava i confini invisibili del paese.
La villa nacque intorno al 1916, data incisa con orgoglio sulla chiave di volta del portale principale. Per mezzo secolo fu dimora di Don Terenzio Santa Cruz Gessa e di Donna Amalia Paderi Santa Cruz, nomi che già da soli evocano nobiltà e antiche storie. Poi, negli anni Sessanta, la casa si spense: finestre chiuse, stanze vuote, silenzio.
Nel 2013, l’ultimo erede, Evangelino Cau, decise di donarla al Comune, dedicandola “alla memoria di Donna Amalia Paderi Santa Cruz”. Un gesto che sembra voler restituire al paese un frammento della sua memoria.
Eppure, anche tra gli intonaci scrostati e le pareti ferite dal tempo, Casa Santa Cruz non ha perso la sua eleganza. I soffitti affrescati, i fregi nascosti, i dettagli delle cornici raccontano di una ricchezza discreta, di feste e conversazioni ormai inghiottite dal silenzio.
Il cognome Santa Cruz, comparso in Sardegna già nel Quattrocento, è un’eredità spagnola che significa “Santa Croce” — un nome che oggi suona quasi profetico, se pensiamo alla sorte di questa dimora: una croce di pietra e memoria, che continua a vegliare sul paese, sospesa tra gloria e abbandono.
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