La Colonia Marina Madonna d’Ogliastra è stata dalla fine degli anni Cinquanta ad oggi un’ importante realtà ogliastrina che ha ospitato, nel tempo,  migliaia di bambini e ragazzi. Per loro, una preziosa opportunità per trascorrere una vacanza spensierata tra mare, giochi e attività di gruppo.

Nata grazie alla tenacia e all’intuito di Don Luigi Ligas, la costruzione del grande caseggiato bianco alle porte di Arbatax iniziò nel luglio del 1954. La volontà del sacerdote era quella di poter garantire anche ai bambini provenienti da famiglie in difficoltà la possibilità di passare un mese al mare, in un momento storico dove andare in villeggiatura era considerato “roba da ricchi”.

I piccoli erano inizialmente i figli di emigrati sardi che spesso vedevano la terra natia dei propri genitori e il mare per la prima volta, ed era un’ emozione grandissima. Vennero poi stipulate varie convenzioni con i comuni dell’interno della Sardegna oltre che, ovviamente, con tutti i comuni della Diocesi d’Ogliastra.

Negli anni sono passati quasi 20.000 bambini alla Colonia, un numero impressionante se si pensa anche a tutte le figure che li hanno accompagnati tra educatrici, maestre, cuoche, volontari e direttrici. Sicuramente ci si ricorda dei gruppi di ragazzi che spesso la mattina, in un’ordinata fila indiana ( o quasi), si incamminavano verso la spiaggia della Capannina o il pomeriggio diretti ad Arbatax per un gelato e una passeggiata.

La sveglia suonava alle 7.30 per la colazione, poi alle 9 si andava in spiaggia. Alle 11 era finalmente concesso il tanto agognato bagno sotto l’occhio attento delle educatrici e del bagnino. A mezzogiorno si rientrava per le docce e il pranzo. Il momento più odiato dai ragazzi era sicuramente il riposino che andava dalle ore 14 alle 16. Il pomeriggio si giocava e si facevano attività di gruppo fino le 20 quando veniva servita la cena. La sera canti, balli, teatro e alle 23 tutti a letto!

La sua funzione originaria ora è cessata adattandosi alle nuove esigenze, ben diverse da quelle di 70 anni fa, quindi ora la Colonia ospita gruppi parrocchiali e promuove un turismo religioso e sociale durante tutto l’anno con una capienza di circa 50/60 posti letto con gruppi autogestiti.

L’arte e l’abilità dei coltellinai sardi è un fatto noto in tutto il mondo. Da millenni il popolo sardo produce lame di qualità eccellente accompagnate da decorazioni artistiche di incredibile bellezza e valore artigiano.

Ne esistono vari tipi. Le più celebri sono la Pattadese (Pattada), l’Arburesa (Arbus), la Guspinesa (Guspini). Altri centri di eccellenza sono Tempio Pausania, Dorgali, Alghero, Santu Lussurgiu e Assemini. Ci sono poi due macrocategorie: la leppa e la resolza. Quest’ultima di differenzia per essere a serramanico, mentre la leppa ha il manico fisso, almeno nella tradizione.

I vari tipi di coltello sardo – Foto di Vittorio Vittori (Creative Commons, Flickr)

Abitudine diffusa e assai gradita in Sardegna, soprattutto tra gli uomini, è di ricevere in regalo uno di questi magnifici coltelli che gli artigiani realizzano i manico d’osso e lama in acciaio. Non è un regalo come gli altri, ha un significato molto profondo. Oltre a essere un gesto di grande amicizia, rispetto e riconoscimento del valore altrui (soprattutto se il coltello è di grande pregio), è un auspicio di un felice futuro: serve a tagliare tutti i “rami secchi” del passato e concentrarsi sul futuro.

Prima di farvene regalare uno da un vostro amico o da un parente, però, è bene sapere una piccola cosa. Tecnicamente il coltello non si regala. Chi lo riceve è obbligato, secondo la tradizione, a regalare una moneta (di pochissimo valore) alla persona da cui lo riceve. In questo modo il coltello non servirà mai a separare l’amicizia.

Coltelli “Arburesi” e “Guspinesi”