Sorso celebra con orgoglio il trionfo di Sofia Doro, una giovanissima promessa del ballo latinoamericano che ha conquistato il titolo di campionessa mondiale a soli 14 anni. La talentuosa ballerina ha portato alto il nome dell’Italia durante i Campionati Mondiali tenutisi a Skopje, in Macedonia del Nord, regalando al suo paese e alla sua comunità un motivo di grande gioia.

La 14enne ha prevalso su 152 partecipanti nella categoria Latino americano, distinguendosi in ben 4 specialità sulle 5 previste: Samba, Rumba, Paso doble e Jive. Sofia, appartenente alla classe Junior 1, era già vice campionessa d’Italia, titolo che le ha dato diritto alla partecipazione ai Mondiali di Skopje. Qui, ha ottenuto una vittoria iridata forse inaspettata, ma certamente meritata, grazie alla sua dedizione e al suo straordinario talento.

La giovane campionessa balla dall’età di quattro anni presso la scuola di danza Royal Dance di Sorso, sotto la guida dei suoi maestri Giovanna Manunta e Nicola Moi, ai quali ha dedicato la vittoria insieme alla sua famiglia. Sofia ha ricevuto anche i complimenti ufficiali dell’Amministrazione comunale di Sorso, che si è congratulata per il prestigioso traguardo raggiunto.

La competizione, che ha riunito i migliori ballerini provenienti da tutto il mondo, ha visto Sofia brillare per tecnica, passione ed espressività. La sua performance impeccabile ha impressionato sia la giuria che il pubblico, che hanno riconosciuto in lei un talento straordinario e una maturità artistica rara per la sua età.

Con questo risultato, Sofia non solo si è laureata campionessa mondiale, ma ha anche dimostrato che il duro lavoro e la dedizione ripagano. Ora, con il titolo mondiale in mano, guarda al futuro con determinazione e sogni ancora più grandi, pronta a scrivere nuove pagine di successi nella sua carriera. Sorso e tutta l’Italia sono fieri di lei, esempio vivente di come talento e impegno possano portare a risultati straordinari.

Era il 1961, un tempo in cui la comunicazione era un gesto tangibile, fatto di viaggi, attese e rituali che oggi possono sembrare lontani anni luce. Non c’era WhatsApp, né email, né social media. Quando si voleva condividere un frammento della propria vita con un caro lontano, si ricorreva a un mezzo che oggi ha un fascino quasi poetico: la fotografia.

In quei giorni, le famiglie di Ilbono, piccolo borgo immerso nel cuore dell’Ogliastra, intraprendevano un viaggio breve ma significativo fino a Lanusei. Era lì che si trovava il fotografo, una figura fondamentale nella vita comunitaria, quasi un custode delle memorie visive.

Foto di Mariagiulia Mereu

La meta non era scelta a caso: il fotografo non era solo un tecnico, ma un artista. Il suo studio era un luogo speciale, con uno sfondo scelto con cura, una luce studiata per valorizzare i volti e una macchina fotografica che catturava più di un’immagine: immortalava emozioni, speranze e storie da raccontare.

La foto che vi mostriamo oggi, inviataci da Mariagiulia Mereu, aveva un destinatario preciso: Pietro, il padre, emigrato in Germania in cerca di un futuro migliore. Per lui, quel ritratto era molto più di una semplice immagine. Era un ponte tra due mondi, un frammento della vita lasciata indietro e una finestra su ciò che accadeva a casa. Nel bellissimo scatto c’è la piccola Mariagiulia insieme alla mamma Angelina Loi e al fratellino Franco.

Una volta scattata, la fotografia non veniva inviata con un clic. Veniva stampata, inserita con cura in una busta, accompagnata magari da qualche riga scritta a mano. Poi iniziava il suo viaggio, affidata al servizio postale, che la portava attraverso confini e distanze, fino a raggiungere il destinatario.

Immaginate l’emozione di quel padre quando, aprendo la busta, si trovava davanti il volto della sua famiglia. Un sorriso, un vestito nuovo, uno sguardo fiero: ogni dettaglio della foto raccontava una storia che le parole da sole non avrebbero potuto esprimere.

Oggi, con la velocità delle comunicazioni digitali, è facile dimenticare quanto fosse prezioso quel gesto. Ma quel maggio del 1961 ci ricorda un tempo in cui ogni immagine aveva un valore profondo, un tempo in cui la distanza non separava, ma rendeva più forti i legami.