Lo sapevate? Che cosa vuol dire in sardo la parola “Drollimini”?
Sei drollo (drollu), quante volte vi è stato detto da vostra madre? Ma cosa vuol dire veramente “drollo” e che cosa è su “drollimini”?
Lo sapevate? In sardo, la parola “drollimini” non è certo un complimento, anzi, è un autentico biglietto di sola andata per il club dei pasticcioni, dei distratti, dei campioni di scarsa voglia e approssimazione. Ma cosa significa esattamente? Andiamo con ordine. Quante volte vi siete sentiti dire da vostra madre, con quel tono che non lascia scampo: “Sei drollo!”? (O peggio, “drollu!”, giusto per sottolineare il carico di disapprovazione). Ebbene, “drollo” non è esattamente un termine che fa curriculum, e nemmeno un titolo onorifico. È un modo sardo per dirti che, in soldoni, sei sciatto, trascurato, tonto, scombinato. Insomma, un po’ come cercare di infilare un elefante in una Smart.
E su “drollimini”? Qui le cose si fanno ancora più pittoresche. “Drollimini” indica l’essenza stessa dello sciatto, dello sconcio, del disadattato cronico. È il trionfo della trascuratezza in ogni sua forma, dal look stile “mi sono vestito al buio” all’abilità nel trasformare un compito semplice in un’impresa epica di caos e disastri. È quella parola che tua nonna tira fuori quando rompi il terzo piatto di fila mentre sparecchi. E non c’è scampo: se ti appioppano un “Esti drollimini!”, puoi solo fare un inchino e accettare il verdetto.
Il bello di “drollimini” è che non si limita a descrivere, ma dipinge scenari. Sei quella persona che, se prende in mano qualcosa, è matematico che gli cada. Sei quello che, se c’è una strada per complicare le cose, la percorre fino in fondo, magari inciampandoci pure. E non si tratta solo di distrazione o stupidità (che in sardo viene subito accoppiata, con simpatica cattiveria, a “tontesa”), ma proprio di uno stile di vita. Essere “drolli” è un po’ un’arte. Maldestra, certo, ma pur sempre arte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA