«Il diabete è una cosa seria»: la storia del lanuseino Antonio La Scala, diabetico da 36 anni
È il 4 marzo del 1987 quando Antonio La Scala inizia a star male: beve tantissima acqua, urina troppo: diabete, ecco la diagnosi. Da allora, la sua vita è cambiata in maniera inesorabile. La sua storia
«Certe persone mi dicono che il diabete non è niente, sminuendo la patologia. Non è assolutamente vero: se il diabete non è controllato può portare a diverse complicazioni a reni, occhi, piedi. Se controllato però si può vivere a lungo: con il diabete, se si seguono le regole, si può convivere.»
Antonio La Scala, lanuseino, racconta così il suo rapporto con questa patologia – con cui convive da 36 anni –, sì conosciuta ma in maniera non del tutto completa. In certi casi, si pensa addirittura che venga “per aver mangiato troppi dolci”, come ha raccontato una ragazza ogliastrina che ne soffre, o anche “per aver mangiato molto sale”.
Il diabete, come Antonio ha precisato, è qualcosa di serio e ci si può convivere solo stando attenti a tante cose.
Ma facciamo un passo indietro.
«Era il 4 marzo del 1987, andavo all’asilo delle suore» racconta Antonio. «Era il giorno di Carnevale, dopo la sfilata. Mia madre doveva fare la notte in ospedale, io sono quindi rimasto solo con mio padre e le mie sorelle.»
Ma qualcosa non va come dovrebbe andare: Antonio beve tanta acqua, troppa, va spesso in bagno a urinare. Appena sembra che passi, inizia nuovamente. Il padre, com’è prevedibile, si preoccupa davvero tanto.
«Chiamò mia madre e lei gli disse che il timore era che io avessi il diabete.»
Da lì, l’andata all’ospedale e l’amara scoperta.
«Iniziai con l’insulina, mattina e sera. Quando uscii dall’ospedale, volevo tornare all’asilo ma le suore non mi accettarono: c’era stato un altro caso di diabete e loro non ne volevano sapere nulla.»
Antonio si rassegna, deve stare a casa ma non è l’unica delusione: deve gestirsi da solo anche quando gli apparecchi che si hanno oggi per tenere “a bada” la patologia, per controllare i valori, non c’erano.
«Quando andavo in ipoglicemia, me ne accorgevo tramite i battiti cardiaci: avevo la tachicardia in quei casi.»
Il papà di Antonio, Salvatore, dopo la diagnosi fece aprire – insieme ai padrini di Cagliari – all’Ospedale di Lanusei il Centro Diabetologico, servizio del quale l’Ogliastra al tempo era sprovvista.
«I pazienti, prima dell’apertura del Centro,» spiega La Scala «venivano mandati a Nuoro o a Cagliari.»
Ma Salvatore, sempre in prima linea per il figlio, fa di più: «Mio papà era il Presidente dell’ADIG (Associazione Diabete Infantile Giovani e Adulto), sezione ogliastrina.»
«Anche se non c’è più, scomparso il primo maggio del 2020,» conclude Antonio La Scala «devo dire grazie a lui per tutto quello che ha fatto per me.»
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