Galeotta fu una capretta: i foghesini Stefania e Giuseppe, che lasciano il lavoro per rincorrere la loro passione

Galeotta fu una capretta: e forse, in questa coincidenza che odora di destino, c’era già scritto il percorso che i due foghesini Stefania Prasciolu, 35enne, e Giuseppe Locci, 31enne, avrebbero deciso di intraprendere insieme.
Galeotta fu una capretta: e forse, in questa coincidenza che odora di destino, c’era già scritto il percorso che i due foghesini Stefania Prasciolu, 35enne, e Giuseppe Locci, 31enne, avrebbero deciso di intraprendere insieme. Giuseppe infatti, che sin da piccolo aveva la passione per le campagne e per un animale in particolare, la capra, a un certo punto decide – dopo aver fatto altri lavori – di partire militare, ma prima acquista la capra Menduledda, mostrando nei suoi confronti un’attenzione marcata. «Chiamavo ogni giorno per sapere come stava.»
La carriera militare dura, ahimè, solo tre anni. Del resto, al cuor non si comanda. «Mi sembrava una prigione,» racconta «così presi la decisione di seguire la mia vocazione e di andare a lavorare per un pastore locale. Appresi così molte cose di questo mestiere.» In questo frangente, Giuseppe si accorge di una cosa: per chi lavora con gli animali i giorni sono solo numeri. Non c’è riposo, quando delle vite dipendono dal tuo operato. No a domeniche, feste e altre cose… ma lui è felice.
Intanto, Stefania fa la lavoratrice stagionale nel paese. Non sta mai ferma, lavorativamente parlando, ma forse anche lei sta aspettando quel qualcosa che fa battere il cuore. Fa parte del Gruppo Grotte Ogliastra di speleologia di Perdas e fa trekking nel territorio. L’aria aperta la rinfranca, la natura la libera. Ed è qui che la storia prende una piega diversa.
Quando le proteste per il prezzo del latte imperversano nell’Isola, Giuseppe decide di non accontentarsi più di fare il servo pastore. Lui quel lavoro lo vuole fare per davvero e per bene, soprattutto. È ossessionato da tutto quel latte sprecato: «Quell’oro bianco andava trasformato» si dice, continuamente.
Quando incontra Stefania, quello che era un sogno, qualcosa di chiuso in un cassetto, emerge con foga: «Le raccontai la mia passione, la mia idea. Ne rimase attratta, ma era anche impaurita da un mondo che non conosceva.» Poi, un ulteriore nodo si scioglie: «Conoscendoci, scoprimmo che il nonno di Stefania vendette le proprie capre al pastore per cui lavoravo e la mia prima capra fu quindi una delle sue. Segno del destino o casualità?»
Insomma, forse il fato ci ha messo lo zampino, ma Stefania e Giuseppe ci hanno messo del loro perché con costanza e determinazione sono riusciti poi a concretizzare un sogno: aprire il caseificio Hircus, che tratta solo latte di capra, per l’appunto.
«Restare a Perdas e trasformare il latte delle capre che vivono in un territorio affascinante ma allo stesso tempo difficile, ci dà la carica per andare avanti e, guidati dalla passione, cerchiamo di dare al territorio una risposta di resistenza e rinascita nell’allevamento della capra locale e trasformazione del latte.» Ma prima dell’apertura, per Giuseppe c’è un corso di management delle imprese e poi i corsi sulla caseificazione, puntando maggiormente sulla capra.
«Perché? Ci sono diversi motivi. La passione per questo animale, la necessità impellente che sento di smentire la leggenda che il formaggio di capra sia solo formaggio da grattugia (si presta molto ad essere consumato sia come prodotto fresco che come stagionato), il fatto che il mercato sta svoltando e i prodotti di capra stanno diventando ricercati. Merito della leggerezza del suo latte e delle qualità nutrizionali del formaggio, quali l’alta digeribilità e il basso contenuto di grassi» continua il 31enne. «Imbarcarci in questa avventura è stato molto difficile, abbiamo dovuto affrontare ostacoli quali la burocrazia e i costi, ma grazie alla determinazione e al coraggio siamo riusciti a portare a termine la nostra impresa.»

© RIPRODUZIONE RISERVATA