Gramsci sull’importanza della lingua sarda: “È bene che i bambini imparino il sardo”
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Una lezione, quella di Gramsci, valida ancora oggi, epoca in cui l'apprendimento della limba da parte delle nuove generazioni è costantemente in crisi.
Come disse il celebre storico Eric Hobsbawm in una lettera all’Unione Sarda dedicata ad Antonio Gramsci “Tu Nino sei stato molto più che un sardo, ma senza la Sardegna è impossibile capirti”. Già perché la grandezza del filosofo nato ad Ales non può essere circoscritta alla sua cultura nativa – per ovvi motivi – ma la fierezza delle sue origini non è mai stata tenuta nascosta.
Piuttosto è stata troppo spesso sminuita e confinata alla sua dimensione privata, quando in realtà, soprattutto in alcune lettere dal carcere, espresse concetti e pensieri che ancora oggi sono di grandissima profondità intellettuale.
Come per esempio nella celebre lettera inviata il 26 marzo 1927 alla sorella Teresina. Ecco il contenuto:
“Carissima Teresina,
Devi scrivermi a lungo intorno ai tuoi bambini, se hai tempo, o almeno farmi scrivere da Carlo o da Grazietta. Franco mi pare molto vispo e intelligente: penso che parli già correntemente. In che lingua parla? Spero che lo lascerete parlare in sardo, e non gli darete dei dispiaceri a questo proposito. E’ stato un errore, per me, non aver lasciato che Edmea, da bambinetta, parlasse liberamente in sardo. Ciò ha nociuto alla sua formazione intellettuale e ha messo una camicia di forza alla sua fantasia. Non devi fare questo errore coi tuoi bambini. Intanto il sardo non è un dialetto, ma una lingua a sé, quantunque non abbia una grande letteratura, ed è bene che i bambini imparino più lingue, se possibile. Poi l’italiano, che voi gli insegnerete, sarà una lingua povera, monca, fatta solo di quelle poche frasi e parole delle vostre conversazioni con lui, puramente infantile; egli non avrà contatto con l’ambiente generale e finirà per apprendere due gerghi e nessuna lingua: un gergo italiano per la conversazione ufficiale con voi e un gergo sardo, appreso a pezzi e bocconi per parlare con gli altri bambini e con la gente che incontra per la strada o in piazza. Ti raccomando, proprio di cuore, di non commettere un tale errore e di lasciare che i tuoi bambini succhino tutto il sardismo che vogliono e si sviluppino spontaneamente nell’ambiente naturale in cui sono nati: ciò non sarà un impaccio per il loro avvenire, tutt’altro. Abbraccio Paolo affettuosamente: tanti baci a te e ai tuoi bambini. Nino”.
Una lezione, quella di Gramsci, valida ancora oggi, epoca in cui l’apprendimento della limba da parte delle nuove generazioni è costantemente in crisi.
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