Accusato ingiustamente, dopo 16 anni viene dichiarato innocente: il calvario di Marcello Carracoi
L’innocenza dimostrata gli potrà ridare la serenità che per lunghi anni gli è stata preclusa, ma non potrà curare tutte le ferite: la storia di Marcello Carracoi, di Bari Sardo
«Amo fortemente questo lavoro, ho avuto – durante la mia vita – mille porte aperte, mi sono capitate tra le mani mille occasioni diverse che a livello di stipendio sarebbero state ottime per le mie tasche. Ma ho sempre scelto questo, perché amo quello che faccio. Per me è una missione.»
Inizia così il racconto di Marcello Carracoi, 59enne di Bari Sardo che ha dovuto vivere sulle sue spalle una vicenda surreale che gli ha tolto il sonno e la serenità per sedici lunghi anni.
È il 2007 quando tutto ha inizio. Carracoi, dopo anni e anni di duro lavoro nelle carceri di massima sicurezza di mezza Penisola, si trova dal 2000 nella sua amata Isola, e più precisamente nella colonia penale di Is Arenas. Quando il suo successore – vincitore di concorso e più in alto in grado – prende il suo posto, lui viene avvicendato ma rimane responsabile. Tutto sembra andare bene.
«Nelle colonie il rapporto che si crea con i detenuti è diverso, tutti sono liberi. C’è molto rispetto.»
Insomma, nulla fa presagire quel che di lì a poco accadrà.
«Nel 2009 mi arriva una letterina: ero stato rinviato a giudizio.»
L’accusa che gli viene fatta dal suo successore? Peculato. 32 gli euro di benzina che Carracoi avrebbe rubato mentre era fuori servizio.
«Mi sono sempre dichiarato innocente, io non ero in Istituto nelle date dei presunti furti, ma non c’è stato verso.»
Esatto, perché Marcello Carracoi viene condannato a un anno e sei mesi di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici, e a 3 anni e sei mesi di sospensione del servizio.
«Non mi sono perso d’animo, ho fatto mille lavori per poter portare il pane a casa per mia moglie e mio figlio.»
Passano tanti anni, senza che mai la sua innocenza venga dimostrata. Ma avete mai sentito parlare della potenza delle coincidenze? Proprio in virtù del fatto che nelle colonie penali non si crei un clima di terrore ma di rispetto reciproco, grazie a un detenuto che ascoltò un discorso spinoso e decise poi di riferirlo all’agente, la vicenda inizia a rischiararsi.
«L’ex detenuto, con cui avevo un buonissimo rapporto, ci raccontò una cosa che ci diede la forza di rimettere mano alle carte. E facemmo una scoperta scioccante. In quelle carte c’erano degli errori enormi, nessuno di noi si era mai accorto.»
Da lì, finalmente, la vicenda diviene sempre più chiara: «Ringrazio la mia avvocata, la Romagnoli, per essersi accanita e avermi dato giustizia. E ringrazio anche l’avvocato Murano del Foro di Roma per avermi aiutato in questa vicenda e che ora si sta occupando anche della tristissima piaga dei suicidi tra le forze dell’Ordine. Alla Corte d’Appello di Roma hanno quindi accettato la revisione e, dopo due anni di udienze con professionisti che hanno confermato il fatto che su quei documenti ci fossero delle anomalie, sono stato dichiarato innocente.»
Con un ritardo di tantissimi anni, che non è cosa da poco: «Molte le sofferenze che io e la mia famiglia siamo stati costretti a subire.»
Carracoi ha un curriculum di tutto rispetto, prima del calvario nell’Isola ha gestito i dipendenti di carceri di massima sicurezza, sempre con impegno e amore per il suo lavoro. Molti gli encomi ricevuti. Eppure, questa vicenda gli lascia ancora l’amaro in bocca. Ma tutto è bene quel che finisce bene: l’innocenza dimostrata gli potrà ridare la serenità che per lungo tempo gli è stata preclusa, ma non potrà curare tutte le ferite.
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