Millepiedi giganti, squali e ittiosauri: il paleontologo Daniel Zoboli ci racconta della Sardegna più antica
Sapevate che in Sardegna c’erano il mammut sardo nano e il millepiedi gigante? Ma non solo: anche squali, coccodrilli, antichi perissodattili simili a tapiri, marsupiali, iene, cani selvatici, lontre e testuggini giganti. Impressionante, vero? Un salto nel mondo del paleontologo Daniel Zoboli, tra meraviglia e stupore
Laureato in Scienze della Terra e in Scienze e Tecnologie Geologiche con tesi in paleontologia, svolge al momento le sue attività presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari, dove ha conseguito anche il dottorato di ricerca in Scienze e Tecnologie della Terra e dell’Ambiente: Daniel Zoboli, 39 anni e un curriculum di tutto rispetto, è anche il creatore della pagina Facebook “Animali e piante fossili della Sardegna”.
Mission? Be’, rendere tutti partecipi del suo mondo e, soprattutto, fare informazione corretta, catapultando i lettori in quello che è un viaggio nel tempo fino alle epoche più remote e ricche di segreti.
«Per quel che riguarda la ricerca da diversi anni mi occupo di paleontologia, in particolare di vertebrati fossili e di valorizzazione del patrimonio geo-paleontologico della Sardegna» spiega lo studioso. «Esistono tanti siti di interesse geo-paleontologico nell’Isola che meriterebbero una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni locali. In alcuni casi questi siti potrebbero essere facilmente integrati nei circuiti turistici, è dunque fondamentale far conoscere queste potenzialità a chi di dovere. Ad esempio l’anno scorso io e il professor Gian Luigi Pillola abbiamo pubblicato un’idea progetto per la tutela e la valorizzazione di un importante sito nell’area di Gonnesa ma purtroppo ad oggi non si è ancora concretizzato.»
La passione per geologia e paleontologia nasce quando è bambino, tra i banchi della scuola elementare. Alla domanda su cosa volesse fare da grande, aveva una risposta chiara.
«È una cosa che accomuna molti paleontologi. La paleontologia è una disciplina affascinante e viene insegnata nei corsi di laurea in geologia e scienze naturali, è una materia che abbraccia il mondo biologico e quello geologico. Il lavoro del paleontologo richiede sicuramente buone capacità nel cogliere i dettagli, anche più minuti, di ciò che si sta osservando. Il paleontologo deve inoltre saper “leggere il territorio” e dunque saper acquisire dati anche sul contesto in cui vengono ritrovati i fossili» chiarisce. «Questo comporta avere adeguate conoscenze di geologia e un buon paleontologo non può sicuramente farne a meno.»
Nel tempo libero, appunto, si occupa di divulgazione scientifica fatta con criterio: «Nel web può capitare di imbattersi in articoli divulgativi scritti con leggerezza, con contenuti non aggiornati o addirittura erronei che possono creare disinformazione. L’utilizzo di fonti aggiornate deve essere alla base di una buona divulgazione altrimenti si rischia di fallire l’obbiettivo. Spesso la letteratura scientifica può risultare ostica per il “pubblico generalista”, ma questa è tecnicamente la fonte principale a cui tutti dobbiamo fare riferimento. Ho dunque deciso di mettere a disposizione le mie conoscenze cercando di rendere appetibili temi che molto spesso non ricevono la giusta attenzione.»
Torniamo quindi alla sua pagina social, creata tre anni fa. Nonostante il tema di nicchia, Zoboli ha un discreto numero di seguaci che accolgono ogni nuovo aggiornamento con stupore e curiosità.
«La cosa che più mi fa piacere è il crescente interesse delle persone che molto spesso non sono a conoscenza delle meraviglie dell’Isola che vanno ben oltre l’archeologia, i paesaggi o il mare. Il nome della pagina vuole essere un omaggio al titolo di un libro scritto diversi decenni fa dalla paleontologa sarda Ida Comaschi Caria. Nonostante sia un libro della “sua epoca”, dunque non aggiornato per quel che riguarda il contenuto scientifico, questo ha rivestito una fondamentale importanza nella mia formazione.»
L’età media di chi segue la pagina è sulla quarantina, con leggera prevalenza maschile – spiega l’esperto. Sardi perlopiù, ma anche francesi, inglesi, tedeschi, spagnoli e statunitensi.
«I bambini sono sicuramente una categoria di persone che viene facilmente affascinata dalla preistoria e dai dinosauri. Questo è testimoniato dai prodotti indirizzati ai più giovani, dai parchi a tema come Dinosardo o dalle attività di divulgazione che alcuni musei geo-paleontologici portano avanti con grande successo. È questo ad esempio il caso del “Jurassic Camp” nel Museo dei Paleoambienti Sulcitani – E.A. Martel di Carbonia, un’attività di scavo paleontologico simulato dedicata ai bambini che avevo preparato alcuni anni fa.»
Scrigno di tesori: ecco la definizione che Zoboli dà riguardo all’Isola. Nell’ultimo decennio, come racconta, sono state tantissime le scoperte interessanti.
«Tra le più sorprendenti vi è sicuramente la scoperta nell’area di Alghero di un grosso vertebrato risalente al periodo Permiano. Altre sono la scoperta delle impronte impresse dal mammuth nano sardo individuate nell’area di Gonnesa o ancora il frammento del carapace del millepiedi gigante del Carbonifero di Iglesias. Purtroppo, nonostante il ricco patrimonio paleontologico dell’Isola, al momento non sono ancora stati ritrovati fossili di dinosauri. Secondo me è solo questione di tempo, prima o poi verrà trovato qualcosa!» dice con entusiasmo. «Gli unici fossili di grandi rettili mesozoici di cui si ha notizia nella letteratura scientifica sono alcuni denti di ittiosauro raccolti da un geologo tedesco presso Jerzu negli anni ‘30. Sfortunatamente questi fossili sono andati distrutti durante un bombardamento alleato che ha colpito il museo della città tedesca nel quale erano conservati. Mettendo da parte i “dino-latitanti”, l’Isola ha comunque ospitato molte specie fossili (in molti casi endemiche) dall’indubbio fascino. Abbiamo avuto due specie di primati, parenti delle moderne giraffe, mammuth nani, tante specie di squali, coccodrilli, antichi perissodattili simili a tapiri, marsupiali, iene, cani selvatici, lontre e testuggini giganti.»
In Sardegna, sono presenti inoltre rocce appartenenti a tutti i periodi geologici del Fanerozoico: «Ad esempio abbiamo i resti degli organismi più antichi d’Italia, risalenti al Cambriano inferiore, dunque vecchi di oltre mezzo miliardo di anni. Questo si traduce in una grande varietà di reperti fossili appartenenti a epoche anche molto distanti tra loro. Ogni area della Sardegna ha comunque le sue peculiarità anche in campo paleontologico. Sicuramente il Sud-Ovest dell’Isola è uno dei territori con una più ampia varietà di rocce (in termini di età) e dunque di fossili. Altre aree sono invece relativamente povere di fossili, come ad esempio il Nord-Est dell’Isola nel quale affiorano principalmente i graniti, rocce ignee prive di contenuto paleontologico.»
Molti i musei geo-paleontologi importanti, alcuni nati per conservare e divulgare le ricchezze del territorio. «Tra questi, il più importante, anche dal punto storico, è però senza dubbio il Museo Sardo di Geologia e Paleontologia “Domenico Lovisato” dell’Università di Cagliari. Questo ha il pregio di conservare importanti reperti che testimoniano la lunga (e per certi versi travagliata) storia delle ricerche in Sardegna.»
E sulla necessità o meno del lavoro sul campo, l’esperto è categorico: «La paleontologia non può farne a meno.»
Sì, le nuove tecnologie possono dare una mano “ad esempio per ristudiare attraverso nuove metodologie reperti conservati da anni nei musei”, tuttavia: «Non si può (e non si deve) fare a meno dei nuovi dati acquisiti sul terreno. Ci sono poi filoni di ricerca dal sapore fantascientifico, ad esempio c’è chi spera un giorno di ridare vita a specie estinte. Sarebbe certamente bello poter vedere un tirannosauro vivo e vegeto ma con le conoscenze ad oggi disponibili è tecnicamente impossibile. Forse tra centinaia o migliaia di anni (se nel frattempo non ci saremo sterminati con le nostre mani) avremo le tecnologie per “giocare” col DNA e si riuscirà a ridare vita a un dinosauro mesozoico. Penso sia più probabile che un giorno si riuscirà a clonare un mammuth, chi vivrà vedrà! In ogni caso i dinosauri sono sempre attorno a noi sotto forma di migliaia di specie di uccelli, al momento dobbiamo “accontentarci” di questi!»
Nelle ultime settimane, Zoboli si è però imbarcato in un progetto particolare, dispendioso in termini di tempi di realizzazione ma incredibile: «Voglio creare un modello in scala reale del gigantesco millepiedi Arthropleura armata, il più grande artropode terrestre ad oggi noto che poteva raggiungere e superare i 2 metri di lunghezza. I fossili di questo “mostro” sono noti in diversi paesi europei e lo scorso anno abbiamo descritto il primo fossile di questo animale ritrovato in Sardegna. Ho iniziato a realizzarlo per il corso di museologia ma per portarlo a termine serviranno molte ore di lavoro che vanno ben oltre quelle a disposizione per il corso. Spero che un giorno questo modello possa essere terminato ed esposto al pubblico.»
Ma non solo: «In questo periodo sto anche preparando alcune lezioni di geologia e paleontologia per l’università della terza età, questo è molto appagante soprattutto perché sottolinea come questi temi siano di interesse per una variegata platea di persone. Attualmente io e il collega naturalista Giorgio Lai stiamo portando avanti l’idea di produrre brevi documentari “home made” incentrati sulla paleontologia sarda, ci auguriamo possa nascere qualcosa di appetibile per il pubblico.»
«Credo che la divulgazione in ambito paleontologico sia molto importante per avvicinare le nuove generazioni così come successo a me tanti anni fa.»
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