Lo sapevate? Un tempo a Castiadas c’era uno dei carceri agricoli più grandi d’Italia

Il carcere era dotato di una falegnameria, un’officina meccanica, una farmacia, una stazione postale, una officina dei fabbri e una stazione telefonica. Intorno, ettari di coltivazioni
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La storia del carcere di Castiadas ebbe inizio, per volere di Eugenio Cicognani, nel 1875 in un periodo dell’anno che somigliava all’inferno. Ma i condannati ai lavori forzati, in fila con i loro carcerieri, sbarcarono lo stesso sulla spiaggia di Cala Sinzias. La loro fatica sarebbe stata enorme: doveva sorgere il carcere agricolo più grande della Sardegna e dell’intera Italia e non c’era tempo da perdere.
Mano a mano che il tempo passava, altri detenuti furono trasferiti a Castiadas per contribuire ai lavori. Il carcere era dotato di una falegnameria, un’officina meccanica, una farmacia, una stazione postale, una officina dei fabbri e una stazione telefonica. L’area intorno al carcere venne bonificata e avviata alla coltivazione di ogni sorta di colture agricole come cereali, legumi, frutta e verdura, servite non solo a sostentamento dei reclusi e del personale, ma anche a fini commerciali. Inoltre, il carcere di Castiadas divenne famoso per la produzione di carbone. Il compenso dei detenuti era determinato dal tipo di lavoro svolto.
Il carcere resistette fino al 1952, ma non fu certo un posto lieto: molte persone decisero di porre fine alla loro vita piuttosto che sopportare le dure condizioni del carcere.
Oggi, però, il vecchio carcere è stato recuperato e trasformato in una meta turistica, soprattutto in primavera quando la zona non è ancora presa d’assalto dai turisti e la temperatura è mite. Nel 2015, l’opera di recupero ha riguardato la casa del direttore, le scuderie e un’intera ala del carcere.

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(TRAILER) “Come i fiori”: il delicato documentario di Luca Schirru sulla salute mentale il 31 luglio a Bari Sardo

"Raccontarsi non è un atto di coraggio, è un atto d'amore". Con grande delicatezza, "Come i fiori" dà voce a chi ha vissuto in prima persona - o accanto a persone care - momenti di fragilità psicologica. Non un’indagine clinica, ma una serie di conversazioni intime, autentiche, spesso toccanti, che rivelano quanto il peso dell’invisibile possa essere condiviso, compreso e, soprattutto, accolto. GUARDA IL TRAILER
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Un titolo semplice e poetico, “Come i fiori”, per raccontare un tema complesso, urgente e spesso taciuto: la salute mentale. Il nuovo documentario del giornalista Luca Schirru, realizzato in collaborazione con Daniele Lai (che ha curato le riprese), sarà presentato in anteprima il 31 luglio a Bari Sardo, in piazza della Chiesa, in un evento pubblico che vedrà anche la partecipazione del Youssef Quintet con musiche dal vivo.
Il docufilm nasce in maniera istintiva, quasi necessaria, dopo un lutto personale che ha segnato profondamente Schirru. “Il lavoro è nato in modo molto semplice,” racconta l’autore, “è un tema che mi tocca molto, l’ho conosciuto in famiglia e fuori. Riguarda tutti, veramente, perché la vita ti mette alla prova e ognuno di noi reagisce in modo diverso”.
Con grande delicatezza, “Come i fiori” dà voce a chi ha vissuto in prima persona – o accanto a delle persone care – momenti di fragilità psicologica. Non un’indagine clinica, ma una serie di conversazioni intime, autentiche, spesso toccanti, che rivelano quanto il peso dell’invisibile possa essere condiviso, compreso e, soprattutto, accolto. “Mi sono chiesto se ci fosse qualcosa che potessi fare,” dice Schirru. “E la risposta è stata questo lavoro. Una serie di chiacchierate per dire che si può essere fragili senza vergogna. Questa società ci chiede troppo, ci vorrebbe perfetti, ma nessuno di noi lo è.”
Il documentario è anche un omaggio personale alla madre dell’autore, scomparsa da poco. “L’ho fatto per lei. Prima che andasse via parlavamo ancora di più e mi diceva che le cose non contavano niente, e che era felice perché sentiva l’amore delle persone”
Dopo l’uscita del trailer, molte persone hanno fermato Schirru per raccontargli le proprie storie, confermando che un lavoro come questo può davvero avere un impatto. “Questo mi fa pensare che, allora, questi lavori nel nostro piccolo mondo possano essere utili.”
“Come i fiori” offre uno sguardo rispettoso e profondo su un argomento tanto delicato quanto essenziale. La visione può aiutare a comprendere meglio le sfide e le complessità legate alla salute mentale, promuovendo maggiore consapevolezza, empatia e inclusione. Ci siamo mai chiesti davvero cosa accade nella nostra mente e in quella degli altri? Questo documentario prova a rispondere, con sincerità e rispetto.
Un invito a guardarsi dentro e a non temere la vulnerabilità. A riconoscere che fragilità e forza convivono, e che non serve essere perfetti per essere degni d’amore. Una narrazione necessaria, soprattutto oggi.
L’appuntamento è il 31 luglio, in piazza della Chiesa a Bari Sardo: una serata di immagini, parole e musica dal vivo per aprire spazi nuovi al dialogo e all’ascolto.
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