Un sardo a Dubai, Luca Carbini delizia gli arabi con la cucina mediterranea

Un sardo a Dubai, lo chef Luca Carbini da San Gavino Monreale agli Emirati Arabi. Nelle cucine tra le più lussuose del mondo. E malloredus e seadas deliziano i palati più esigenti nella terra degli sceicchi. "La carne alla griglia o il barbecue qui mi ricordano la cucina in Sardegna".
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Dalla Sardegna agli Emirati arabi. Luca Carbini ha 36 anni e da poco più di 12 mesi è l’executive chef del Capital Club di Dubai. Una delle tante strutture di lusso nella terra degli sceicchi, tra clientela esclusiva e prezzi inaccessibili ai più. Ma la cucina mediterranea, italiana e sarda, delizia anche i palati più esigenti di questo mondo, non così lontano.
Una carriera iniziata come tante in questo settore. Per Luca, prima la formazione superiore in Sardegna, la classica “gavetta” e poi il via al suo percorso, con tanta esperienza maturata anche all’estero. Nel 2020, poi, ecco la proposta per lo chef sardo: un lavoro da responsabile nel cuore del lusso, a Dubai. “Ho raggiunto un traguardo, certo”, il commento del giovane sangavinese, “ma ho ancora tante cose da scoprire in questo settore”.
La cucina mediterranea è il suo punto di forza. Piatti italiani e sardi, con i prodotti arrivati direttamente dal marchio “Is Mellus”, nelle sfarzose sale da pranzo del Capital Club. “La nostra cucina è sicuramente ben vista qui. Carciofi, malloredus, bottarga, ad esempio. Ma ci sono anche le seadas, la burrata e i gamberi di Mazara del Vallo. Ultimamente vanno tanto i piatti col tartufo bianco”.
Il lavoro dei suoi sogni, un posto da executive chef, l’orgoglio di rappresentare la Sardegna nel suo settore. E soprattutto la consapevolezza dell’importanza della cultura culinaria mediterranea. “Mi piacerebbe magari aprire una scuola di cucina sarda e italiana da queste parti. Far così conoscere ai giovani il nostro prodotto”.
Un sardo fra le stelle di Dubai, dunque. Una capitale moderna che sa di Europa, dove anche il fattore religioso non è affatto “pressante”, come potrebbe credere erroneamente qualcuno.
Certo, come spesso succede, ambientarsi non è subito facile, ma piano piano ci si riesce. Del resto, nel paese degli sceicchi e dell’Islam Luca non si sente poi così lontano da casa. “Vista la storia, forse anche noi sardi abbiamo un po’ di Dna arabo. Anche nella cucina. La carne alla griglia fatta dagli arabi ricorda la Sardegna e il modo di cucinare dei miei nonni. L’unica differenza è che qui non si mangia il maiale”.
E chissà se il giovane di San Gavino un giorno, magari non così lontano, non torni nella sua Sardegna. “Perché no? Magari in una società, aprendo qualche attività mia, se ci fosse una buona occasione. Ma se ne riparla fra una decina d’anni”.
“Il fiume delle api”: il nuovo libro di Giuseppe Puncioni racconta un secolo di storia di Tortolì

Un viaggio nella storia di Tortolì, dall’Ottocento alla metà del Novecento, attraverso cinque racconti che intrecciano memoria, personaggi e tradizioni. Un’opera che ci ricorda quanto sia importante custodire la storia delle piccole comunità, per non smarrire le nostre radici.
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Si intitola “Il fiume delle api” ed è il nuovo libro di Giuseppe Puncioni, 47 anni, tortoliese e appassionato di storia locale. Il titolo affonda le radici nella memoria del paese: “riu de is apisi”, in sardo “il fiume delle api”, era il corso d’acqua che un tempo separava Tortolì dall’odierno quartiere di Monte Attu. Tombato e ricoperto dall’asfalto, rimase visibile fino agli anni Ottanta e ricorre spesso nei racconti popolari. Il nome, con ogni probabilità, è legato alla presenza in passato di apicoltori e arnie nei giardini della zona.
Il volume raccoglie cinque racconti, ambientati tra l’Ottocento e la metà del Novecento, che ripercorrono un secolo di storia di Tortolì. Storia e memoria si intrecciano, con vicende di famiglie conosciute raccontate attraverso nomi fittizi e personaggi storici come monsignor Carchero.
Tra i protagonisti emerge la figura di donna Francesca, figlia di un nobile locale. Donna emancipata e coraggiosa, ebbe il privilegio di studiare insieme ai seminaristi, un fatto eccezionale per l’epoca. Con il suo carattere intraprendente sfidò regole considerate intoccabili a Tortolì, diventando simbolo di libertà e di desiderio di cambiamento. «È un personaggio che amo molto – racconta l’autore – perché, pur non riuscendo a ottenere ciò che desidera, riesce a dare una grande lezione a chi di dovere».
Il libro si apre con la prefazione del vicesindaco Luigi Cardia, a testimonianza del forte legame tra l’opera e la comunità. Puncioni, inoltre, dedica un pensiero di riconoscenza ai suoi vecchi insegnanti Rossi, Aquino e Sposato, che hanno contribuito a coltivare la sua passione per la storia, e ringrazia gli scrittori che negli anni si sono occupati di Tortolì, come Pastonesi, Lepori, Scorcu e Nonnis.
Per l’autore questo volume rappresenta un esperimento narrativo, nato anche grazie al sostegno della moglie Anna Piras, sua prima lettrice e sostenitrice. Inizialmente titubante sulla pubblicazione, ha poi scelto di condividere il lavoro con il pubblico. Oggi il libro è disponibile su Amazon, mentre la presentazione ufficiale è prevista in autunno a Tortolì.
Le prime copie hanno già suscitato entusiasmo e curiosità: i lettori si sono appassionati ai racconti e hanno posto numerose domande sulla storia del paese. Non si esclude che il libro possa avere un seguito, con nuove vicende e personaggi da riscoprire.
Giuseppe Puncioni, padre di tre figli e da sempre residente a Tortolì, vive con emozione questa esperienza che unisce passione personale e memoria collettiva. La sua opera ricorda quanto sia importante il lavoro di persone come lui, che attraverso la scrittura custodiscono e tramandano la memoria storica delle piccole comunità, dando voce a radici, tradizioni e identità che rischierebbero altrimenti di andare perdute.
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