Credenze popolari sarde. Perché si dice porti male rovesciare olio e sale?
In Sardegna ( ma non solo) per tanto tempo si è creduto che rovesciare olio e sale portasse sfortuna. Oggi vi spieghiamo quali sono le ragioni – molto antiche – alla base di questa credenza popolare.
In Sardegna ( ma non solo) per tanto tempo si è creduto che rovesciare olio e sale portasse sfortuna. Oggi vi spieghiamo quali sono le ragioni – molto antiche – alla base di questa credenza popolare.
Ci sono molte credenze popolari che si tramandano da generazioni in cucina, ma le più famose e conosciute sono quelle relative all’utilizzo di sale e olio.
Il sale, da sempre considerato un bene pregiato, era utilizzato già dagli antichi Romani come strumento di commercio e di pagamento ( da qui il termine “salario”). Rovesciare accidentalmente sale sulla tavola è considerato quindi un presagio di sfortuna e in particolare un segno che denota una futura perdita di denaro.
Inoltre, è molto diffusa la credenza che il sale “non debba passare di mano in mano”, perché in un passaggio della Bibbia si dice che Giuda avesse sparso del sale poco prima di tradire Gesù nell’ultima cena.
Simile è il caso dell’olio. L’olio, tanto apprezzato da essere conosciuto come “oro liquido”, è sempre stato considerato un alimento prezioso e ricco sin da tempi antichi. Involontariamente sciupare dell’olio, versandolo sulla tavola o a terra, è ritenuto un simbolo di spreco e di una sorta di maledizione: un annuncio di sventura e povertà.
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Nei primi decenni del ‘900 fu trovato un antico tesoro punico in Ogliastra
Dalla classificazione fatta in seguito da Giovanni Spano su queste monete sardo-puniche, per la maggior parte vengono fatte risalire al II secolo a.c. .
Nei primi decenni del secolo scorso nelle campagne di Perdasdefogu, fu scoperto un vero e proprio tesoro punico.
Infatti in un nascondiglio, vennero alla luce quasi 800 monete cartaginesi che il dottor Toselli – medico condotto del paese all’epoca – vendette al Museo di Cagliari, come scrisse in un resoconto l’archeologo Taramelli.
Nello documento dell’accademico viene sottolineato che quasi la totalità delle monete erano state coniate in Sardegna, mentre la restante parte a Cartagine e in Sicilia. Inoltre insieme al denaro punico, vi erano anche 15 sestanti romani – monete di bronzo risalente al periodo repubblicano -.
Dalla classificazione fatta in seguito da Giovanni Spano su queste monete sardo-puniche, quelle coniate nell’Isola vengono fatte risalire al II secolo a.c.
Tra le monete ritrovate, una è molto importante, in quanto riporta il monogramma di Cornelio Mammula, pretore e propretore della Sardegna – tra il 217 e 216 a.c – ai tempi dell’invasione di Annibale in Italia e la vittoria del condottiero cartaginese a Canne.
Infatti Mammula, vista l’impossibilità del senato romano di inviare aiuti a causa delle gravi difficoltà nella guerra, coniò sestanti romani sopra monete puniche.
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